Si è svolto venerdì 2 dicembre 2021, il primo incontro del progetto “Donne e Antimafia, tra storia e attualità” promosso dal Dipartimento pari opportunità della Regione Lazio e da Avviso Pubblico.
Ad aprire l’incontro, dal titolo “Il ruolo delle donne nella lotta alle mafie: dalla storia all’attualità”, è stato l’intervento dell’Assessora alle Pari Opportunità della Regione Lazio Enrica Onorati, la quale ha voluto sottolineare l’importanza della presenza delle donne nelle attività antimafia e nella promozione della cultura della legalità.
“Dopo pochi giorni dalla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è importante stimolare la forza delle donne e dimostrare che il loro rifiuto alla violenza può salvare non solo le loro famiglie, ma anche garantire a tutti noi un futuro più libero dalle associazioni mafiose”, ha dichiarato l’Assessora Onorati. “È grazie al loro coraggio, alla loro fiducia nelle istituzioni e nello Stato, grazie alle loro scelte se in questi anni ci sono state rotture all’interno di diversi clan mafiosi. Noi, le Istituzioni, lo Stato abbiamo il compito di non farle sentire sole, di sostenerle ed incoraggiarle”.
A seguire Gianpiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio Legalità e Sicurezza della Regione Lazio, ha ricordato la grande forza delle donne che nella storia hanno lavorato nell’antimafia, ricordando la nascita della prima Associazione di donne contro la mafia nel 1980, grazie alla quale ci fu la prima manifestazione nazionale delle donne contro le mafie e la violenza, o ancora, il comitato dei lenzuoli bianchi e lo sciopero della fame delle donne dopo la strage di via d’Amelio.
“Ma oggi dobbiamo prestare molta attenzione ai nuovi spazi di gerarchia che si sono aperti per le donne all’interno delle organizzazioni criminali del Lazio – ha concluso il presidente Cioffredi – donne che sono anche riuscite ad avere un vero e proprio ruolo di leader all’interno dei clan romani come per esempio Gelsomina di Silvio del clan di Casamonica oppure Azzurra Fasciani. Oltre a figure femminili come loro però ci sono anche tante donne che si stanno ribellando ai clan, ad esempio, Tamara Ianni o Debora Cerreoni, e in generale mamme che stanno combattendo per far allontanare i loro figli da clan mafiosi importanti attraverso il progetto Liberi di scegliere”.
Argomento ripreso anche dall’On. Celeste Costantino, Coordinatrice Osservatorio Parità di genere per il Ministero della cultura, la quale ha sottolineato la distinzione tra le diverse figure di donne dell’antimafia inserendole in due principali macro-aree: “Ci sono donne che si sono impegnate nell’antimafia ma che hanno alle spalle un forte legame famigliare con le mafie, come per esempio le collaboratrici di giustizia, Giuseppina Pesce e Maria Concetta Cacciola. Donne che vivevano una situazione di forte disagio e schiavitù all’interno delle proprie famiglie e che quando decisero di parlare lo fecero, più che per un senso di giustizia, per riuscire a tirarsi fuori dalla loro situazione personale che le faceva soffrire. E poi ci sono donne, promotrici di diversi movimenti che hanno cambiato il modo di concepire il concetto di antimafia nel nostro Paese, donne senza le quali non ci sarebbe stato questo cambio di visione, come la madre di Cesare Casella o Deborah Cartisano che, dopo il sequestro del padre, decise di scendere in piazza chiedendo di avere sue notizie ma poi fu ritrovato morto a Pietra Cappa, dove ogni anno viene eseguita una marcia per ricordare la sua storia”.
A seguire l’On. Rosy Bindi, già presidente della Commissione parlamentare antimafia ha fatto un’importante riflessione sul rapporto che c’è tra la condizione femminile e le organizzazioni mafiose, condizione che con il passare del tempo ha permesso a diverse donne di liberarsi dalle mafie fino ad arrivare a combatterle. Donne che la maggior parte delle volte decidono di ribellarsi per amore dei propri figli.
L’On. Bindi ha concluso il suo intervento ricordando l’assessora alla cultura del Comune di Nardò, Renata Fonte, uccisa il 31 marzo 1984 per aver difeso la citta dalla speculazione edilizia del parco di Porto Selvaggio e sottolineando l’importanza di alcune amministratrici locali che in questi anni si sono battute per difendere la legalità e i diritti di tutti, anche in territori particolarmente difficili.
A chiudere l’incontro è stata la fortissima testimonianza di Roxana Roman, proprietaria del Roxy bar e Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, che ha avuto il coraggio di ribellarsi, di denunciare, mandando dietro le sbarre due persone appartenenti al clan dei Casamonica, il clan reggente nel quartiere della Romanina, nella zona est della Capitale.
Roxana nel raccontare la sua scelta ha ribadito quanto sia importante avere fiducia nelle Istituzioni: “La mia non è stata una scelta ma è stato un dovere per difendere la mia dignità e poter guardare in faccia i miei figli. Onestamente non mi sento un’eroina, non ho fatto nulla di particolare ma solo il mio dovere. Credo comunque che la cosa più importante sia stata sentire la presenza dello Stato, non sentirmi sola in questa battaglia. Oggi quello che serve è far percepire alle persone che non sono isolate, abbandonate nelle loro decisioni, ma che le Istituzioni sono vicine e pronte ad aiutarle”.