Enrico Rossi sottoscrive la Carta di Avviso Pubblico. L’intervista al Presidente della Regione Toscana

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Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana, ha sottoscritto la Carta di Avviso Pubblico, il codice etico – comportamentale redatto dalla nostra associazione, che indica come un buon amministratore può declinare nella quotidianità i principi di trasparenza, imparzialità, disciplina e onore previsti dagli articoli 54 e 97 della Costituzione.

Abbiamo intervistato il Presidente Rossi per capire le ragioni di questa sua scelta e il suo punto di vista relativi all’azione di prevenzione e contrasto a mafie e corruzione che gli amministratori locali possono condurre quotidianamente.

Quando e perché ha deciso di sottoscrivere la Carta di Avviso Pubblico?
La Regione Toscana ha seguito con attenzione la realizzazione della Carta, l’adesione dell’intera Giunta è stata una delle prime azioni dell’attuale legislatura. Riteniamo che qualsiasi iniziativa che miri alla responsabilizzazione della pubblica amministrazione vada percorsa, specialmente in un Paese come il nostro dove spesso viene trascurato il fine fondamentale delle istituzioni e della pubblica amministrazione: agire per il perseguimento dell’interesse generale. La Carta di Avviso Pubblico è un ottimo strumento per sviluppare responsabilità, trasparenza, evitare conflitti di interesse e degenerazioni corruttive.

Recenti inchieste hanno messo in luce che anche in Toscana sono presenti episodi di corruzione e attività di tipo mafioso. Quali progetti sta attuando la Regione per prevenire e contrastare tali fenomeni?
I dati presentati dalla magistratura confermano che, pur non esistendo prove di un radicamento delle organizzazioni criminali mafiose, come accade in altre zone del Centro-Nord, sono frequenti le dimostrazioni della loro presenza. Soprattutto grazie ai legami e agli affari che personaggi con un passato mafioso, ormai residenti sul nostro territorio, svolgono con continuità e relazionandosi con persone del luogo. Bisogna inoltre considerare la forza di attrazione esercitata dal punto di vista economico da un territorio come la Toscana, nei confronti di organizzazioni e personaggi dotati di grande disponibilità monetaria, in settori come l’immobiliare, l’edilizia, gli appalti pubblici, le attività turistico-alberghiere e la ristorazione.
La politica regionale svolge soprattutto il ruolo di promozione della cultura della legalità, favorendo la massima informazione sulle tematiche relative, promuovendo e finanziando progetti di studio sulle organizzazioni mafiose e, più in generale, sulle tematiche riguardanti la legalità, fra i giovani, nelle scuole e nei confronti della cittadinanza. Abbiamo previsto la realizzazione di ulteriori azioni finalizzate ad una migliore conoscenza e consapevolezza dei fenomeni, spesso connessi, della corruzione e delle infiltrazione mafiose, attraverso la realizzazione di specifiche attività di raccolta dati e di studio finalizzate alla pubblicazione di un rapporto periodico su tali temi, grazie alla collaborazione con istituzioni e soggetti qualificati.

Ritiene che gli Enti Locali abbiano a disposizione tutti gli strumenti possibili per contrastare le forme più organizzate di illegalità e criminalità? Se così non fosse, cosa chiederebbe al legislatore?
Gli strumenti specifici di contrasto sono prerogativa dell’amministrazione centrale e mi pare che questa tendenza accentratrice si stia intensificando col progredire del tempo. Su un tema importante come quello del riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata ritengo che le Regioni potrebbero fare molto, ma la legislazione antimafia non contiene nessun riferimento che ci permetta di intervenire. Potremmo avere un ruolo importante soprattutto nel favorire la destinazione ed il riutilizzo dei beni confiscati e nel raccordo fra lo Stato le amministrazioni locali, contribuendo ad alleggerire l’immenso lavoro che è attualmente tenuta a svolgere l’Agenzia Nazionale, oggi portato avanti con notevole difficoltà.

La Regione Toscana ha recentemente istituito un tavolo di lavoro sul tema dei beni confiscati. Ci può spiegare le ragioni di questa scelta e quali obiettivi si pone il progetto?
Il tavolo nasce come conseguenza della creazione dell’Osservatorio sui beni confiscati, realizzato nel 2014 in collaborazione con Libera, per georeferenziare i beni e fornire tutte le informazioni necessarie alla loro identificazione. L’iniziativa si è resa necessaria perché l’informazione sulle confische sul nostro territorio era scarsa e molto confusa. L’Osservatorio, oltre a riportare i dati identificativi, ha rilevato la situazione dei beni consegnati ai vari Comuni. Il passo successivo è stato proprio la convocazione di una conferenza di tutti i soggetti interessati al tema, a cominciare dalle amministrazioni comunali, per raccogliere proposte e per coordinare un’azione comune.

Nell’ultimo rapporto “Amministratori sotto tiro” di Avviso Pubblico sono stati registrati 11 episodi di minacce e di intimidazioni nei confronti di amministratori locali toscani. Come spiega questo fenomeno? Come bisogna reagire di fronte a tali situazioni?
Il controllo del territorio e delle attività economiche che vi si svolgono è da sempre l’obiettivo principale di tutte le mafie: diventa evidente che per raggiungere quest’obiettivo abbiano bisogno di una presenza rarefatta dei poteri pubblici, meglio ancora se i poteri pubblici sono conniventi o quanto meno ciechi e sordi rispetto alle loro attività. I poteri pubblici più vicini al territorio sono gli amministratori di Comuni e Regioni, per questo quando essi interpretano correttamente il loro ruolo di tutori e promotori dell’interesse pubblico e generale, diventano una minaccia mortale per le mafie. Come reagire? Gli amministratori locali hanno dalla loro parte la forza impetuosa e tranquilla della democrazia, la possibilità di rappresentare l’intero corpo sociale. Credo che occorra una mobilitazione della società civile in quei territori e in tutto il Paese a sostegno di questi amministratori locali, affinché essi non siano lasciati soli. In troppi sono rimasti vittime della violenza delle mafie, ma saranno vittime due volte se il loro sacrificio non produrrà uno scatto d’orgoglio e un aumento di partecipazione. Credo che sia necessario anche far comprendere agli amministratori di altre parti d’Italia che non è solo un problema di questo o quel Comune.

Spesso sentiamo invocare l’inasprimento delle pene per debellare mafie e corruzione e il loro rapporto con la politica. Lei non pensa che, prima di questo, dovrebbero essere i partiti a selezionare con maggiore attenzione i loro candidati? E i cittadini a prestare maggiore attenzione nell’esercizio del diritto di voto?
L’inasprimento delle pene può essere uno strumento utile per combattere mafie e corruzione, solo e soltanto se parallelamente cambia la cultura politica del Paese. Esiste sicuramente un problema di selezione della classe politica. Quando erano presenti partiti politici strutturati e organizzati, questi svolgevano il ruolo costituzionale di cinghia di trasmissione della partecipazione dei cittadini alla formazione dell’indirizzo politico del paese. Il problema veniva affrontato attraverso questa filiera democratica. Ma essa non era sufficiente ad evitare le infiltrazioni mafiose e la corruzione. Soprattutto alla fine della Prima Repubblica è stato proprio attraverso il sistema dei partiti che la corruzione è diventata metodo di governo e che i poteri criminali ed eversivi si sono infiltrati fin dentro i gangli dello Stato. Vi è dunque un nuovo problema di malfunzionamento della democrazia alla base di questi problemi. Problema che si è aggravato quando quei partiti strutturati, organizzati sul territorio, si sono disciolti. Si sono creati aggregati di ceto politico con scarsa rappresentanza sociale reale, si sono interrotti i canali di rapporti fra gruppi dirigenti e cittadini, si creano leadership individuali fondate su poteri mediatici. Neppure strumenti pur importanti per la selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature, come le primarie, sono esenti da fenomeni degenerativi di infiltrazioni mafiose o comunque di condizionamenti da parte di interessi particolari e non sempre legittimi.

Cosa si dovrebbe fare secondo Lei per cambiare l’attuale situazione?
Dobbiamo ricostruire rappresentanze politiche e partiti politici con forti legami con il territorio, con la società civile e produttiva sana che si esprime su esso. Questo richiede anche una maggiore responsabilizzazione da parte dei cittadini: il voto è una delega importante, votare qualcuno vuol dire fidarsi di lui, ma come posso fidarmi di una persona che non conosco? Come posso delegargli l’amministrazione della cosa pubblica se non so a quali interessi è legato?
Va ribadita l’importanza di una normativa davvero efficace e pervasiva sui conflitti d’interesse, sulla trasparenza e che limiti la commistione fra interessi privati legittimi e quelli pubblici, cui l’amministratore pubblico pro tempore deve essere in modo esclusivo preposto. In molti paesi, soprattutto anglosassoni, vi sono normative importanti di questo tipo, vi sono forme di autoregolamentazione dei partiti, talvolta normate anche da leggi generali, che aiutano a scegliere i propri candidati in base a criteri di trasparenza, onestà e disinteresse cui i partiti e i candidati aderiscono volontariamente, come si fa con la Carta di Avviso Pubblico, e a cui si attengono scrupolosamente. Ecco, ritengo che questi siano strumenti utili anche per la situazione italiana.

 

Breve biografia Enrico Rossi, Presidente Regione Toscana

rossi - 2015Enrico Rossi nasce a Bientina, da una famiglia operaia, il 25 agosto 1958. Dopo la maturità classica, si iscrive all’Università di Pisa, dove si laurea in filosofia, con una tesi su Agnes Heller. E’ stato vice-sindaco e sindaco di Pontedera. Dal 2000 al 2010 è assessore regionale al diritto alla salute. Alle elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010 viene eletto Presidente della Regione Toscana. Durante il suo primo mandato vara numerose azioni, tra cui il progetto “Giovani Si”, pensato per favorire l’autonomia dei giovani, il piano “Toscana Solidale”, la spending review regionale, la battaglia a favore dei pendolari, il piano rifiuti e il piano paesaggistico. Nel 2014, secondo un sondaggio di Datamedia, è il governatore di Regione più amato con una percentuale di gradimento da parte dei suoi cittadini pari al 56,5 per cento. Ricandidatosi per un secondo mandato, il 31 maggio 2015 viene confermato alla Presidenza della Regione. Attualmente è Vice Presidente della CRPM (Conferenza delle Regioni Periferiche e Marittime Europee) e membro del Comitato delle Regioni Europeo.

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