Premessa. La Corte di Cassazione (sez. I penale, sentenza n. 37558 del 2018) si è pronunciata -su ricorso dell’Agenzia per i beni sequestrati alla criminalità organizzata -sul caso di un istituto di credito che iscrive un’ipoteca su un bene di un mafioso poi oggetto di confisca c.d. allargata, ai sensi del codice antimafia (art. 12-sexies d.lgs. n. 306/1992), e che pretende la liquidazione del credito garantito. La Cassazione enuncia alcuni principi importanti in materia, di seguito sintetizzati.
Il caso. Su una unità immobiliare, oggetto di confisca assieme ad altri riferibili a Gennaro Rosario, condannato per il delitto di usura, era stata iscritta in precedenza un’ipoteca volontaria in virtù del contratto di finanziamento fondiario di euro centomila concesso dal un istituto bancario. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa aveva ammetteva la Banca al pagamento del credito ipotecario sottolineando la formale incensuratezza del soggetto alla data della richiesta di finanziamento fondiario ed il rispetto delle procedure operative standardizzate per la concessione dei mutui ipotecari.
Le motivazioni della Cassazione. La Cassazione, richiamando la consolidata giurisprudenza in materia, anche della Corte costituzionale (vedi in particolare le sentenze nn. 229 del 1974, 259 del 1976 e 487 del 1995) ribadisce che la confisca di un bene – non solo per le confische preventive ma anche per le confische penali, emesse a seguito di condanna o sentenza di patteggiamento -non comporta l’automatica estinzione dei diritti dei terzi gravanti sull’oggetto, a condizione che il terzo, pur se creditore garantito da ipoteca, dimostri in concreto la sua posizione di ‘buona fede’ e di ‘affidamento incolpevole’. Il comportamento del terzo può classificarsi colpevole non solo in caso di dolo ma anche in caso di imprudenza, negligenza ed imperizia: a tal fine deve pertanto presentare elementi idonei a rappresentare non solo la sua estraneità all’illecito pregresso ma anche l’affidamento incolpevole inteso come applicazione, in sede contrattuale, di un livello di media diligenza teso ad escludere la colpa.
In particolare, ad un istituto di credito è richiesto uno specifico dovere di diligenza circa l’affidabilità dei soggetti finanziati; l’istruttoria della banca deve servire ad assumere le necessarie informazioni sulla compatibilità dell’impegno finanziario assunto con il mutuo richiesto. Nel caso concreto, invece, se il credito aveva data certa anteriore al provvedimento di sequestro, è mancato invece l’accertamento in ordine alla inadeguatezza dei redditi leciti dichiarati dal soggetto richiedente (e dai suoi familiari) in rapporto alla sopportazione del mutuo e all’obbligo della sua restituzione; in sostanza, non è stato svolto alcun reale controllo delle condizioni patrimoniali del richiedente e della famiglia e sulla sua affidabilità e solvibilità.
Per queste ragioni la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia e rinviato gli atti al Tribunale di Siracusa per una nuova pronuncia.
La legge n. 228 del 2012. Si ricorda che l’art. 1, comma 190, della legge n. 228 del 2012 ha definitivamente esteso ad ogni ipotesi di confisca, sia amministrativa/preventiva che penale, le garanzie per il terzo creditore previste dall’art. 52 d.lgs. n. 159/2011, così come modificato dalla legge n. 161 del 2017.