Premessa. La Commissione Antimafia ha approvato il 7 febbraio 2018 la relazione conclusiva, che fornisce un quadro dettagliato sulle politiche di contrasto delle diverse organizzazioni criminali. In questa scheda si riassumono le posizioni della Commissione con riguardo all’evoluzione delle strategie mafiose e alle infiltrazioni nell’economia (in particolare i capitoli 2, 4.3 e 4.4), proseguendo così il lavoro avviato con riferimento al tema “Mafie e politica locale” (dedicato alle problematiche relative alle infiltrazioni mafiose negli enti locali e alla trasparenza delle liste elettorali).

L’evoluzione delle mafie. La relazione svolge un’analisi approfondita delle caratteristiche delle nuove mafie, che si evolvono sempre più in base a queste linee di sviluppo:

  1. a) allargamento del raggio d’azione al Centro e Nord Italia ed anche all’estero, testimoniato dalle numerose inchieste giudiziarie, fermo restando il radicamento nei territori di origine dove viene ancora praticata la tradizionale attività di estorsione-protezione (anche nella forma della imposizione di servizi – come quello di guardiania – l’acquisto di merci, l’assunzione di personale e manodopera) ed è possibile condizionare più facilmente le scelte delle amministrazioni locali;
  2. b) profili organizzativi più flessibili volti alla mimetizzazione e “inabissamento” nella società, in cui la violenza quotidiana viene ad essere in larga parte sostituita dalla ricerca di legami con il mondo politico e imprenditoriale;
  3. c) massiccio ingresso nell’economia legale, nei diversi settori produttivi, sia quelli “tradizionali” (edilizia, appalti, commercio, sanità pubblica e privata, trasporti e infrastrutture, contraffazione, contrabbando) sia “nuovi” (rifiuti, energie rinnovabili, turismo, giochi e scommesse, servizi sociali, accoglienza dei migranti, investimenti finanziari, comparto immobiliare etc).

La forza di espansione delle organizzazioni criminali. Pur in presenza di una forte riduzione del consenso sociale (anche nelle aree di tradizionale radicamento mafioso) e di rilevantissimi colpi inferti da forze di polizia e magistratura (si pensi alla cattura dei vertici di alcune organizzazioni criminali), le mafie dimostrano tuttora una forza enorme sul piano politico-economico, acquisendo nuovi consensi all’interno delle élite imprenditoriali di diversi settori economici. Gli ingentissimi profitti ricavati dalle attività illecite (ed in particolare dal traffico di droga, dove la criminalità è capace attraverso la forza e “l’esercizio della violenza organizzata… di dominare gli scambi, non di rado subordinando progressivamente i produttori e i distributori”) sono reinvestiti nell’economia legale, dando luogo ad intrecci sempre più stretti tra criminalità mafiosa, corruzione, criminalità economica e dei colletti bianchi: “Le mafie sono diventate, nonostante la repressione, protagoniste di una parte dell’economia italiana e internazionale”.

Il “metodo mafioso” e l’alleanza con l’”area grigia”. In questo contesto di profonde trasformazioni della criminalità organizzata, si registra anche un’evoluzione del “metodo mafioso”: c’è un minore ricorso alla violenza, esercitata o minacciata (ad eccezione della camorra napoletana) per favorire invece relazioni di scambio e collusioni nei mercati legali, utilizzando “la disponibilità degli imprenditori ad entrare in relazioni con i mafiosi pur sapendo con chi hanno a che fare, sulla base di semplici valutazioni di convenienza” e di competitività delle loro aziende. “Emblematico in tal senso è il reinvestimento dei proventi illeciti nell’economia pubblica, dove le mafie prediligono il ricorso sistematico alla corruzione per facilitare l’infiltrazione negli appalti e nei sub-appaltI”.

Le organizzazioni dedicano perciò una particolare attenzione alla “promozione di relazioni di collusione e complicità con attori della cosiddetta “area grigia” (imprenditori, professionisti, politici, pubblici funzionari e altri)”, definita anche come “borghesia mafiosa, composta da personaggi insospettabili i quali, sebbene non inseriti nella struttura criminale, avvalendosi di specifiche competenze professionali avvantaggiano l’associazione mafiosa fiancheggiandola e favorendola, non solo nella protezione dei propri membri, nell’allargamento delle conoscenze e dei contatti con altri membri influenti della società civile, ma anche nel rafforzamento del potere economico”.

Il radicamento nell’economia legale: i mercati privati. Le imprese controllate dalle organizzazioni criminali (“molteplici sono le modalità e gli strumenti attraverso cui il capitale mafioso incontra, si mescola e si occulta in quello legale”) riciclano i capitali illecitamente conseguiti realizzando nuovi profitti grazie anche al mancato rispetto delle norme su contratti di lavoro, imposte e contributi previdenziali ed ad altre forme di illegalità: “in tal modo continuano ad operare sul mercato illegale stabilmente anche se si sono stabilmente affermate sul mercato legale”. Inoltre le mafie forniscono “servizi” di diversa natura (protezione, contenimento dei conflitti sindacali, credito, assistenza per il riciclaggio dei proventi in nero , e l’adozione di forme di contabilità opache etc) rivolgendosi in particolare a piccole imprese, caratterizzate da basso sviluppo tecnologico, lavoro non qualificato e basso livello di sindacalizzazione, che ricerca contatti con le cosche allo scopo di fare affari e ricavarne vantaggi (spesso solo momentanei). Si realizza un sistema di scambi reciprocamente vantaggiosi: le aziende puntano a “incrementare i profitti, abbattere i costi, recuperare crediti o risolvere problemi di liquidità con l’iniezione di nuovo capitale. Le mafie diventano così delle vere e proprie agenzie di servizi illegali per le imprese, pronte come sono a mettere a disposizione dell’economia all’occorrenza il proprio capitale di relazione con i poteri, la riserva di violenza e non ultimo il capitale di ricchezze illecitamente accumulate”.  E ad assumere progressivamente il controllo totale delle imprese coinvolte “con estromissione sostanziale dei precedenti titolari, grazie anche all’omertà delle vittime determinata non solo da paura ma anche dai pregressi rapporti con i componenti del sodalizio”, garantendosi così anche la disponibilità di posti di lavoro da assegnare per creare consenso sociale al sodalizio mafioso.

Segue: i mercati pubblici. Qui le mafie ricercano un “accesso privilegiato alle risorse pubbliche tramite pressioni e accordi con le pubbliche amministrazioni, facendo largamente ricorso alla corruzione per facilitare l’infiltrazione negli appalti e nei sub-appalti od offrendosi a un tempo come garanti delle transazioni che prendono forma nei circuiti di “corruzione sistemica”: in quest’ottica assume un rilievo essenziale la capacità di condizionare gli indirizzi degli enti locali. E se prima del 1992 corruzione e mafie si intrecciano da sempre al Sud, da quella data aumentano progressivamente anche al centro-nord i casi di coinvolgimento delle mafie o di violenti nella rete corruttiva, fino a diventare prassi abituale. Tali reati risultano di difficile individuazione in ragione del meccanismo stesso della corruzione, dove entrambi i soggetti coinvolti hanno un vantaggio reciproco e quindi anche il comune interesse a tenere segrete le forme di transazione e di esazione che li coinvolge. Per eludere i controlli, le organizzazioni criminali per aggiudicarsi gli appalti ricorrono spesso ad “un terzo soggetto formalmente estraneo, una nuova società partecipata e amministrata da prestanome riconducibili alle famiglie malavitose, ma da loro formalmente distinta. Ciò viene attuato attraverso la costituzione di: società di capitali, per lo più nella forma di società a responsabilità limitata, sottocapitalizzate; società cooperative, appositamente costituite per l’esecuzione specifica di un lavoro, il cui punto di forza è rappresentato proprio dalla temporaneità della durata del rapporto, limitato nel tempo alla realizzazione dell’opera; raggruppamenti temporanei di impresa, costituiti per occultare la presenza di società direttamente riconducibili ai sodalizi criminali. Assume altresì rilievo la forma di infiltrazione nell’economia operata attraverso l’imposizione alle maggiori realtà imprenditoriali, anche di carattere nazionale (interlocutori privilegiati per l’aggiudicazione degli appalti in ragione della loro storia economico -lavorativa), di imprese legate ad associazioni criminali per l’esecuzione di piccoli lavori di subappalto”. La relazione dedica una specifica attenzione (cfr. cap 4.4) alla presenza delle organizzazioni criminali nella sanità, testimoniato anche dai diversi casi di scioglimento di aziende sanitarie per infiltrazioni mafiose.

Le misure di contrasto. La relazione prospetta un’ampia gamma di interventi sul piano della repressione, prevenzione e rafforzamento della trasparenza, perfezionando le misure adottate anche in questa legislatura (nuove discipline su appalti, riciclaggio e autoriciclaggio, falso in bilancio, reati di corruzione, scambio elettorale politico-mafioso, controllo giudiziario delle aziende etc) e potenziando ulteriormente l’attività degli organismi di controllo (a partire dalla Banca d’Italia). La Commissione invita ad una riflessione complessiva sulle condizioni politiche, sociali ed economiche che favoriscono la genesi e la riproduzione delle mafie, sottolineando in particolare l’importanza di spezzare l’omertà e l’alleanza con l”area grigia”, recidendo i rapporti di complicità, anche attraverso una maggiore responsabilizzazione degli ordini professionali e delle imprese affinchè sviluppino al loro interno adeguati anticorpi ed evitino così il rischio di essere coinvolti in fatti di mafia o in schemi di riciclaggio di proventi Illeciti. “Le degenerazioni permanenti di politica e di economia (clientela, corruzione e opacità dei mercati) vanno combattute se si vogliono combattere le mafie perché esse, in un momento di restringimento delle basi sociali delle mafie, hanno consentito un allargamento del metodo mafioso fuori dai confini criminali”.