Nel suo Il cibo è politica (pubblicato da Einaudi nella collana “Vele”), Fabio Ciconte, scrittore e cofondatore dell’associazione ambientalista Terra!, ci esorta a toglierci di dosso l’etichetta di consumatori, per tornare a indossare i panni di cittadine e cittadini. Persone responsabili delle proprie azioni, ma soprattutto parte di una comunità che ha bisogno dell’impegno di tutti.
Questa settimana su #Contagiamocidicultura compiremo un viaggio dentro i meccanismi che regolano la produzione e la distribuzione del cibo, ma anche dentro le dinamiche sociali, economiche e ambientali che ne determinano gli effetti. Il libro ribalta l’idea – ormai radicata – che la sostenibilità e la giustizia alimentare dipendano solo dalle nostre scelte individuali di consumo.
La questione, dice Ciconte, non è legata solo a cosa mettiamo nel carrello. Ma chi decide cosa metterci dentro? Il sistema alimentare globale incide per quasi un terzo sulle emissioni che alimentano la crisi climatica, intrecciandosi con fenomeni come lo sfruttamento del lavoro agricolo e il caporalato. Eppure, per oltre vent’anni, la narrazione prevalente ha scaricato sui singoli cittadini la responsabilità dei comportamenti, deresponsabilizzando la politica e l’economia.
«In questi anni ci siamo chiesti un po’ tutti che cosa possiamo fare come consumatori, come facciamo a cambiare il mondo, a renderlo migliore con il nostro atto del consumo. Me lo sono chiesto anche io tante volte. Poi mi sono reso conto che la domanda forse era sbagliata. Anche definirci come consumatori era una risposta solo parziale. Siamo individui che possono fare scelte molto diverse rispetto solo a quella dell’atto del consumo. Il punto di vista nuovo è quello di ritornare a considerarci cittadini, persone che fanno parte di una comunità, si attivano, si informano, si muovono in modo collettivo», spiega l’autore.
Non basta, quindi, comprare meglio. È necessario ritrovare lo spazio della politica e della cittadinanza attiva. Il volume, in fondo, è un invito a riscoprire la dimensione collettiva dell’impegno civile, di cui fanno parte la difesa dell’ambiente, la giustizia sociale, la dignità del lavoro agricolo. Tutto questo non si può delegare solo al mercato o a scelte individuali, ma deve trasformarsi in azioni comuni. «Il cibo e politica – insiste Fabio Ciconte – è tutto questo: uno sguardo attraverso il cibo, attraverso la lente del cibo su una società che ha bisogno di essere trasformata e ha bisogno però dell’impegno di tutte e di tutti noi».
