Dai pizzini ai post. Con questa immagine emblematica, il giornalista investigativo Claudio Cordova ci accompagna nel cuore oscuro della trasformazione digitale della criminalità organizzata, raccontata nel suo libro “Criminalità socializzata. Le mafie nei social network. Dai pizzini ai post” (IOD Edizioni, 2025).
In questa nuova puntata di #Contagiamocidicultura Cordova ci porta a riflettere su come le organizzazioni criminali abbiano compreso, prima di molti altri, il potenziale comunicativo della rete. «Le mafie hanno sempre avuto la necessità di comunicare — spiega l’autore — per fare affari, per gestire il potere sul territorio. Oggi lo fanno su larga scala, con metodi sempre più sofisticati: non solo sui social ma anche attraverso app di messaggistica criptate».
Instagram, TikTok e X si sono trasformati in nuovi palcoscenici per la propaganda criminale: spazi dove costruire consenso, legittimare il potere, attrarre giovani e modellare la percezione pubblica. Un passaggio dalle parole nascoste tra le mani dei boss alle immagini patinate e virali «per esibire uno stile di vita lussuoso e invidiabile».
Con una prefazione di Francesco Pira (docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Messina) e una postfazione di John Dickie (storico e docente presso l’Università di Londra), il volume è inserito nella collana Cronisti Scalzi, omaggio della casa editrice a Giancarlo Siani (giornalista ucciso dalla camorra nel 1985) e a tutti i giornalisti, gli scrittori, gli educatori e i cittadini che si impegnano nel denunciare le mafie, le disuguaglianze sociali, le violenze e i soprusi.
Cordova intreccia ricerca storica, interviste, reportage e casi di studio per dare vita a un racconto insieme rigoroso e inquietante. Con esempi incisivi, svela come le organizzazioni mafiose abbiano saputo sfruttare le tecnologie digitali non solo per rendere più efficiente la propria macchina criminale, ma anche per condurre una sottile battaglia d’immagine: orientare la percezione pubblica, costruire consenso e silenziare il dissenso.
“Criminalità socializzata” è un libro necessario per comprendere come la comunicazione digitale abbia cambiato l’approccio delle organizzazioni criminali e dei suoi rappresentanti nei confronti delle comunità. E aggiunge una dimensione critica al dibattito sulla sicurezza pubblica nell’era digitale, mostrando come la società civile può utilizzare gli stessi strumenti per combattere la criminalità organizzata, promuovere la trasparenza e sostenere il giornalismo investigativo indipendente.