La Commissione VI Finanze del Senato ha svolto, nella seduta del 15 Febbraio 2024 (video) alcune audizioni in merito allo schema di decreto legislativo sul riordino dei giochi a distanza (AG 116). Di seguito la sintesi degli interventi.

 

ALEA

Viene sottolineato come la ridotta marginalità del prelievo fiscale permetta un sistema che si basa sull’alta frequenza e sull’impiego del tempo di chi gioca. Accanto a questo aspetto c’è il fenomeno del betting exchange che permette a chiunque di fare il “banco” e ha un prelievo fiscale bassissimo (inferiore all’1 per mille). Viene così sottolineato che una così facile accessibilità al ruolo di scommettitore diventa un driver per la dipendenza. Il gioco online già nel 2018 aveva evidenziato una capacità di attivare comportamenti disfunzionali, più dello stesso gioco fisico: l’indagine dell’ISS documentava la prevalenza di forme problematiche in 1 praticante su 4. Non si spiega la dipendenza connessa al gioco se non si entra nel progetto industriale: la dipendenza deriva dall’altissima frequenza dell’alternarsi della gratificazione e della frustrazione. Il fattore tempo è determinante. Questo spiega la maggiore additività del gioco online. Peraltro anche il gioco distribuito su rete fisica conta una assoluta velocizzazione del gioco. L’evoluzione sta nell’altissima frequenza e nel fatto che si gioca ovunque.

Oggi si parla di gioco responsabile, che in sé è un ossimoro. Il 20% dei clienti consente di avere l’80% del ricavato. Il lavoro da fare riguarda: la riduzione e il contrasto dell’ubiquitarietà, la riduzione delle frequenze (che sono le matrici del rischio), e la creazione di franchigie, ossia delle parti della giornata (es. ore pasti), in cui ci sia l’interruzione dei giochi.

Sul tema dell’Osservatorio incardinato presso il Ministero della Salute, esso nel suo Regolamento ha una norma che è tipica di questo tipo di organismi consulti della PA, ossia che non possono farvi parte soggetti che hanno interessi economici nella materia (es. Organismo consultivo sul tabagismo, che non integra al suo interno le società che producono e distribuiscono tabacchi). Oggi si prevede la Consulta: se si occupasse solo di aspetti fiscali, ciò non solleverebbe problemi; ma se si occupa anche di salute (come è scritto nel decreto) allora sarebbe una duplicazione e ci sarebbe un conflitto con la funzione pubblica da svolgere. Anche perché nel decreto si riporta la dizione di “salute del giocatore” che non è corretta: il problema è, più correttamente, di salute del cittadino e di salute pubblica. Il problema del gioco patologico, è noto, si riverbera sui familiari più prossimi e sull’ambiente di lavoro.

Le differenze di genere nel campo del gioco si stanno assottigliando: 20 anni fa il divario era 1 donna per 8 uomini, poi le distanze si sono ridotte nettamente, perché il gioco d’azzardo non è più un’attività che si pratica in un luogo e in un tempo definito separato dalla società.

C’è stata la conferma empirica, dati ADM, di quel che diceva Friedman, sulla scelta razionale in condizioni di incertezza: con reddito molto inferiore al necessario, la propensione al rischio aumenta. Questo lo vediamo sul livello “macro”: guardando l’incidenza sui valori pro-capite e sul reddito disponibile, c’è una maggiore concentrazione laddove ci sono i dualismi di sviluppo economico. Es. in Campania, dove vive metà della Lombardia, le pratiche del gioco online sono in assoluto doppie rispetto alla Lombardia. Come superare il proibizionismo? Con leggi tipo quella di Sirchia, che ha posto l’accento sulle responsabilità di chi offre gli spazi pubblici e dei fumatori stessi. Sull’online, le franchigie di tempo e i ritmi possono essere la via giusta. Un modello logico da prendere ad esempio è ripercorrere l’architettura non proibizionista ma fortemente regolativa, come la Legge Sirchia.

 

CIGO

Cigo condivide i principi del riordino, ma alcune scelte sono inidonee o forse rischiano addirittura di violarli. In primo luogo l’elevata una tantum (7 mln), la riduzione della redditività dei pvr e la esclusione delle cd. skin (attualmente normato e in vigore: il concessionario può avere vari siti di gioco, tutti certificati: la skin è un altro sito che rimanda sempre allo stesso concessionario principale): il tutto con fioritura di indesiderabili effetti sul mercato. Sembra un invito all’aggregazione tra operatori. L’importo dell’una tantum è fissato in 7 milioni. Ad oggi ci sono 75 concessionari effettivamente operanti. È evidente che tra questi solo i primi 20/30 potrebbero sostenere l’onere di 7 mln. Gli obiettivi di finanza pubblica non paiono effettivamente raggiungibili. Non parteciperebbero al bando più di 30 operatori: non si tutelano i principi del d.lgs. e si restringe moltissimo il mercato. Non si vede, inoltre, la correlazione tra l’una tantum e la maggior tutela dei principi ordinamentali. La contrazione di mercato avrebbe un effetto espulsivo di 2/3 del mercato legale. Stimolerebbe il gioco illegale, in violazione dei principi del d.lgs. stesso. Questa una tantum sarebbe, inoltre, tutta italiana e in violazione del principio di non discriminazione, una sorta di flat tax che non tiene conto delle diversità tra operatori. Le skin, invece, sono state molto utili nella legalizzazione del gioco. Ma il legislatore, anziché regolamentare la pratica, sceglie di porle fuori gioco. Il divieto di skin sembra anche di ostacolo ai processi aggregativi tra imprese. Sui pvr, è condivisibile la regolamentazione. Ma vi sono dubbi su alcuni limiti introdotti, sulla riduzione del loro numero e sulle regole del gioco fisico. Si auspicano soluzioni che consentano a imprese di piccole e medie dimensioni di restare sul mercato. Si chiede di aprire un tavolo di confronto tecnico con tutti i soggetti che tengano conto del gettito erariale e della concorrenzialità degli operatori. Su 95 concessioni assegnate, alcuni operatori, soprattutto esteri, non l’hanno utilizzata a causa del divieto di pubblicità. Dei 75 attivi, alcuni operano con numeri bassissimi.

Garavaglia: i 7 mln sono stati ritenuti abnormi da molti auditi: l’impatto sarebbe una perdita di 200 milioni per l’erario e il rischio di aumentare l’illegale. Magari si potrebbe lavorare su una riduzione dell’una tantum a 3-4 mln e a fissare un tetto alle skin.

 

CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME 

La Conferenza delle Regioni si rifà al documento già trasmesso. Con riferimento al gioco online, viene sottolineato il rischio concreto che si trasformi in una vera e propria dipendenza a fronte dell’aumento vertiginoso della raccolta. La Conferenza, dunque, auspica che il nuovo d.lgs. integri la disciplina vigente in termini di mantenimento e adeguamento delle norme di tutela dei soggetti vulnerabili e dei minori. Ci sono proposte emendative nel documento già depositato. Si chiede, in generale, il coinvolgimento delle Regioni sul gioco patologico.

Per il riordino del gioco fisico, anche in questo ambito si chiede il coinvolgimento delle Regioni. È importante approfondire il tema delle regole sulle distanze: se si pensa, in particolare, alla prevalenza di misure di restringimento delle sedi fisiche, il rischio è quello aumentare il gioco abusivo. È un versante molto delicato e si gioca sul filo di lana.

Sugli impatti finanziari, il tema riguarda da vicino la rete retail che comporta effetti maggiori sui volumi finanziari e sotto il profilo sul territorio (impatto finanziario e ludopatico). Sull’impatto finanziario, si chiede un tavolo di confronto. Nel documento, in particolare, si anticipa l’ipotesi di una compartecipazione al gettito del 5% al netto degli agi e delle vincite legato a risorse da investire sui territori in termini di prevenzione (risorse che non siano legate in modo stretto alla prevenzione della patologia da gioco d’azzardo, ma che possano essere usate in modo più ampio sul territorio rispetto alle esigenze sociali di prevenzione). L’impatto territoriale esiste anche rispetto ai pvr. La diffusione dei punti di accesso al gioco impone che gli Enti territoriali abbiano accesso all’elenco dei pvr perché incidono sulla distribuzione nel territorio. Il riordino sulla rete retail deve affrontare il nodo della distribuzione dei punti vendita. La normativa oggi è molto confusa e non facilita né operatori né amministratori locali. Al centro ci sia la ludopatia, le risorse per la prevenzione, e il tema della distribuzione.

Sul gioco online, c’è un forte incremento adolescenziale: dal gaming al gambling. La vera prevenzione, del resto, si fa nelle scuole: pensare di controllare una cosa incontrollabile è molto difficile. La compartecipazione sarebbe importante, anche viste le risorse in campo.

Sulle distanze, secondo la Conferenza i dati parlano chiaro: l’obiettivo di riduzione degli apparecchi, dall’ultima Intesa ad oggi, si è ampiamente ottenuto. Oggi il tema delle distanze va visto nella trasformazione del gioco anche in termini di utenza. Purtroppo sulla ricaduta in termini di ludopatia non cambia nulla (chi giocava a distanza di 500 mt dai luoghi sensibili, ora gioca col cellulare in mano nel sagrato della chiesa). Si invita, dunque, a partire dai numeri: la precedente Intesa che voleva ridurre il numero di punti vendita ha raggiunto gli obiettivi, ma non è che ora abbiamo meno gioco d’azzardo o meno ludopatia. Il distanziometro va inquadrato in questa stagione. Il vero nodo, semmai, è l’informazione e la sensibilizzazione giovanile nelle scuole (molto più importante delle distanze).

 

Garavaglia: la compartecipazione consente di affrontare in modo responsabile il tema: le amministrazioni locali hanno il polso della situazione. Con la compartecipazione si stimolerebbe la responsabilità degli Enti territoriali che, sì, avrebbero una compartecipazione al gettito, ma si possono anche rendere conto di tutti i problemi. La Conferenza Regioni può fare una sintesi oltre la politica, magari sulle fasce orarie per l’online.

 

GGPOKER

In Italia poker regolamentato nel 2008 come 1° gioco online di abilità. Nel 2011 poker online generava 2/3 della raccolta online, oggi solo il 4%. Il poker è il gioco meno praticato dai giocatori problematici. Il poker negli anni è stato abbandonato dal legislatore, senza più aggiornamenti. Nel 2008 il legislatore per aggirare problemi tecnici allora comprensibili ed effettivamente presenti decise di limitare la rete dei giocatori ai soli giocatori italiani, escludendo quelli internazionali; nel 2008 c’erano motivi tecnici, oggi questo limite si potrebbe superare. Se si intervenisse, il poker online potrebbe tornare competitivo e aumentare anche il gettito erariale.

 

PIERPAOLO BARETTA

Appare importante riaffermare la tutela della salute pubblica, anche con limiti di giocata, meccanismi di autoesclusione, caratteristiche delle sale, formazione dei gestori. L’obiettivo si raggiunge con la riorganizzazione della rete di offerte (rete territoriale e collocazione). Sulla collocazione si deve chiarie il concetto di progressiva concentrazione, evitando che si trasformi in una dislocazione eccessivamente periferica (con conseguenza di isole extra urbane, emarginate). Sui luoghi sensibili, è positiva la nuova intesa in Conferenza Unificata. L’iter va completato. La percezione sociale del settore prevedeva regole trasparenti e uniformi e partecipazione dei comuni alla dislocazione dei punti di gioco. La accresciuta presa di coscienza dei rischi da dipendenza ha creato corto circuito: la società civile, le istituzioni e gli operatori si sono interrogati sulla collocazione del gioco nella società stessa. Nel 2014 non si andò a una forzatura politica e il governo non esercitò la delega. Tuttavia Baretta stesso provò a riprendere in mano la delega, cercando una mediazione. Eccesso di offerta esplosa dopo gli interventi statali sul gioco post terremoto in Abruzzo. Oggi si deve superare la frantumazione: ci sono troppi concessionari e troppi gestori. Tutto ciò mentre aumentava imposizione fiscale del settore. Gli Enti Locali hanno compiuto diffuse scelte regolatorie per contrarre l’offerta, limitando orari e fissando distanze rispetto a molti (forse troppi) luoghi sensibili. L’obiettivo era quello di una normativa che favorisse un’idea di gioco come condizione normale nella vita delle persone (divertimento episodico e non compulsivo): che evitasse, cioè, sia la completa permissività che la totale proibizione. Si è fatto salto di qualità. Il primo risultato fu un -30% delle “slot” che operavano nel mercato (oggi esiste un ulteriore spazio di riduzione compatibile col mercato e legato alla razionalizzazione dei punti vendita da raggiungere con piani territoriali da concordare tra Stato e Autonomie locali). Il secondo risultato fu la Conferenza Unificata, con molti aspetti positivi, anche se allora questo non venne colto (né dagli Enti locali né dagli operatori del settore né dalla società civile né dalla Ragioneria di Stato). Ma non fu tutto vano, però: si affermò, infatti, la strada dell’Intesa. Oggi il settore è cambiato: c’è più equilibrio nelle posizioni. Il settore del gioco si è distinto per essere efficace nella lotta alle mafie. Fa riflettere la scelta di alcune banche di non avere rapporti con le società certificate di gioco. Serve un quadro normativo unitario e chiaro, oltre a un bando delle gare. Serve una governance matura del settore. Non va sottovalutata la richiesta di compartecipazione, segno della volontà delle Autonomie Locali di condividere responsabilità nel tema. C’è una continuità tra Conferenza Unificata del 2017 e i principi dell’art. 15 della Legge delega.

Si può anche legare la compartecipazione al recupero di elusione ed evasione: quando si discusse nel 2017 di dare più poteri di controllo ai Comuni, già si prevedeva che sui maggiori introiti qualcosa potesse restare ai Comuni.

 

METTIAMOCI IN GIOCO

La Campagna chiede, da sempre, una legge-quadro nazionale che non abbia come unico riferimento quello di aumentare le entrate per lo Stato, ma che cerchi di capire quanto questo tema sia legato ai problemi delle persone. Non solo: la Commissione Antimafia parla da anni di infiltrazioni nel settore legale. Il gioco d’azzardo pesca soprattutto tra i più fragili. La maggior parte delle entrate viene dai giocatori problematici: è anche un problema etico. La legge dovrebbe regolamentare il settore anche riducendo le entrate, limitando l’accesso ai giochi. Anche sulla pubblicità, bisogna fare molta attenzione perché i giovani sono molto sensibili al calcio e ai messaggi trasmessi. Le persone che non hanno strumenti per gestire il gioco, devono avere delle protezioni.