Premessa. Il 26 ottobre 2016 ed il 25 gennaio 2017 la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti ha ascoltato Matteo Biffoni, delegato Anci per l’immigrazione e le politiche per l’integrazione. Il 22 febbraio 2017 è stato ascoltato presso il Comitato Shengen il Presidente dell’Anci, Antonio Decaro, sindaco di Bari. Qui di seguito sono sintetizzati gli aspetti principali delle tre audizioni.

Le prospettive di riforma del sistema di accoglienza. Il Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sottolinea l’obiettivo politico di promuovere un sistema unico di accoglienza per i migranti, eliminando i Centri straordinari di accoglienza (CAS) e facendo, invece, leva sul sistema degli SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), che fa capo ai Comuni. In tale quadro, vanno stabiliti tetti massimi di ingressi per ogni Comune e la garanzia per i Comuni coinvolti di non ricevere altre richieste d’accoglienza. Un altro punto è l’“ammorbidimento” della disciplina sul blocco all’assunzione da parte dei Comuni, almeno con riferimento ai servizi di natura assistenziale.

Quadro generale. I rappresentanti ANCI ricordano che al momento esistono due differenti forme di accoglienza a fronte degli sbarchi attuali. La prima è il sistema organizzato dello SPRAR, che prevede il coinvolgimento su base volontaria delle amministrazioni comunali e la presenza di un sistema centrale: dai 1.365 posti del 2003 si è arrivati nel 2016 ad ospitare circa 26.000 persone, con un coinvolgimento di 1.200 comuni (alcuni di loro operano in forma associata), anche se tale numero è oggi in crscita. Il resto dei migranti (140.000), invece, viene accolto nei CAS (Centri di accoglienza straordinari), che sono di gestione e di competenza prefettizia, ovvero prevedono una relazione diretta tra il Ministero dell’interno attraverso la prefettura. In totale sono 2.600 comuni (su 8.000 complessivi) che registrano attualmente una presenza di migranti: a tutti i comuni è stato riconosciuto un contributo una tantum di 500 euro a migrante, che la singola Amministrazione potrà utilizzare secondo le proprie necessità.

Matteo Biffoni sottolinea che gli sbarchi sulle nostre coste vanno considerati come un fenomeno di lunga durata e non può pertanto essere trattato come un’emergenza, come confermato dai dati: per l’anno in corso siamo a circa 160.000, rispetto ai 150.000 del 2015 e ai 130.000 del 2013. E’ un fatto importante che il Governo abbia rimesso 140 milioni di euro sulla cooperazione internazionale: ma gli effetti si avranno solo a medio e lungo termine; ed è importante che il contributo ai comuni diventi strutturale.

Piani d’azione. La proposta dell’ANCI è quella di invertire il sistema attuale, ponendo al centro il sistema SPRAR, che funziona su due capisaldi: un’accoglienza dignitosa e strutturata per chi arriva, evitando macrostrutture (come le caserme) e una capacità di non creare tensioni nelle comunità che accolgono, cioè entro il tetto del 3% ogni mille abitanti. Questa proposta deve coinvolgere necessariamente anche gli operatori, perché il 99% dei centri SPRAR sono gestiti da soggetti esterni dell’amministrazione comunale e ben pochi direttamente dai comuni.

Matteo Biffoni ricorda che l’11 ottobre 2016 è stata emanata una circolare del Ministro che esenta i comuni che aderiscono al sistema SPRAR da nuovi arrivi non condivisi; il nuovo Piano di riparto prevede tetti massimi nel numero della possibilità d’accoglienza dei territori: in questo modo ciascun sindaco sa con esattezza di quanti migranti si deve far carico e può elaborare dei progetti di accoglienza adeguati, superando l’attuale situazione di gravissima difficoltà in cui si trovano in particolare alcuni comuni, dove il numero dei migranti è del tutto sproporzionato rispetto agli abitanti della zona: ad esempio il comune di Bagnoli, in Veneto, è arrivato ad ospitare 1.500 profughi, a fronte di 2.500 abitanti; il comune di Cona ha un centro di 1.000 profughi, a fronte di 3.000 abitanti. A fronte di questo l’ANCI chiede un sostegno economico per quei comuni che stanno dentro lo SPRAR e – poiché questo comporta un aggravio del carico di lavoro per l’amministrazione comunale – uno sblocco delle assunzioni del personale della pubblica amministrazione, almeno nei settori più esposti da questo punto di vista (polizia locale, anagrafe, servizi sociali).

Carte identità. E’ in fase avanzata l’accordo che consentirà un incrocio delle banche dati, utilissimo al fine di alleviare il lavoro delle amministrazioni comunali, molto gravoso soprattutto per i comuni di minori dimensioni, tenuto conto dell’obbligo per i comuni stessi di rilasciare le carte d’identità a tutti gli aventi diritto.

Minori non accompagnati. Attualmente sono circa 20.000 i minori non accompagnati e per il delegato ANCI va riconfigurato e riparametrato il tema sui minori stranieri non accompagnati provenienti da alcuni Paesi in particolare, come l’Albania e l’Egitto. Dopo aver ricordato che la c.d. legge Zampa è un importante passo in avanti sulla questione, Matteo Biffoni sottolinea la necessità di un ulteriore sforzo per aprire centri specializzati (già 12 centri sono stati aperti), anche qui in una logica di ripartizione dei minori su tutto il territorio nazionale, e per nuovi stanziamenti, dal momento che c’è bisogno di formazione scolastica, accompagnamento psicologico, percorsi formativi dedicati e strutture dedicate. L’ANCI ha calcolato che per fare un buon lavoro sono necessarie almeno il doppio delle risorse attualmente investite per un minore.

La qualità dei centri di accoglienza. Il giudizio complessivo sulla qualità dei servizi resi è positivo, anche se non mancano casi di cattiva gestione. A tal fine auspica, da un lato, una selezione più accurata degli operatori, la creazione di una sorta di black list di coloro che si sono comportati scorrettamente e, dall’altro, un maggiore coinvolgimento dei comuni nell’attività di vigilanza. Segnala, a tale riguardo il protocollo d’intesa sulle buone pratiche e sugli standard minimi di livello sottoscritto da ANCI nazionale, cooperative del terzo settore e Ministero dell’interno (che include l’insegnamento della lingua, gli aspetti igienico-sanitari ed anche la formazione del personale) ed il master in gestione dell’accoglienza organizzato dall’Università di Firenze, in collaborazione con il comune di Prato e con gli enti gestori attuali del sistema dei CAS sul territorio. Viene altresì ipotizzato, all’interno del codice degli appalti, una disciplina ad hoc per la gestione dei centri, che tenga conto della specificità dell’accoglienza garantita.

I rappresentanti dell’Anci sono favorevoli a forme di coinvolgimento dei profughi in attività lavorative su base volontaria, nel quadro dei programmi di inserimento ed integrazione, a partire dalla formazione linguistica: si potranno utilizzare i fondi europei, fermo restando la copertura assicurativa a carico degli enti locali.

La questione dei rimpatri. Le Commissioni territoriali sono state recentemente potenziate e garantiscono tempi sostanzialmente congrui; però vanno considerati i tempi molto più lunghi della giustizia nell’esaminare i ricorsi: il Governo ha adottato alcune misure per accelerare i tempi di esame delle domande e mantenere un efficace controllo su tutti coloro che, in attesa della decisione dei giudici, sono da considerarsi tecnicamente come clandestini. Il presidente dell’Anci sottolinea la necessità di un potenziamento delle forze dell’ordine nei territori in cui verranno costituiti i nuovi Centri per il rimpatrio ed anche la necessità di stabilire un trattamento differenziato per i migranti che si sono resi colpevoli di reati rispetto agli altri migranti sprovvisti di permesso di soggiorno.

Alcune considerazioni finali. Vi è stato un confronto sul Piano di riparto nazionale, che prevede “2.5 migranti per ogni 1.000 abitanti, un alleggerimento per le città metropolitane” (su cui gravano già i minori non accompagnati e gli altri Centri non ancora chiusi) “che di per sé fungono da soggetto aggiudicatore di riferimento, l’esenzione per i piccolissimi comuni, la possibilità di mettersi insieme per i comuni più piccoli e di fare sistema SPRAR”. E’ comunque essenziale un ampliamento delle adesioni da parte di altre amministrazioni comunali, anche attraverso varie forme di incentivo, ed il proseguimento dell’approccio unitario da parte di tutte le Istituzioni coinvolte.

(Ultimo aggiornamento 3 marzo 2017)                  (Con la collaborazione di Giulia Luciani, giornalista pubblicista)