Strage di Capaci: a 26 anni di distanza Avviso Pubblico ricorda Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani

Sono passati 26 anni dal giorno in cui Cosa nostra, la mafia siciliana, dichiarò guerra allo Stato, eliminando con una strage che resterà purtroppo indelebile nella storia nazionale, alcuni tra i suoi servitori più capaci e fedeli. I 500 chili di tritolo utilizzati per stroncare le vite di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo, degli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, sono una cicatrice ben visibile sulla pelle della Sicilia, dell’Italia e dell’Europa.

Il 23 maggio 1992 iniziò la strategia terroristica del gruppo mafioso dei Corleonesi, capeggiato da Totò Riina. Una reazione selvaggia e brutale di una mafia braccata dall’impegno delle forze dell’ordine, della magistratura, della società civile, da pezzi di uno Stato che rifiutava i compromessi. Tutti protagonisti, ognuno nel proprio ruolo, di una stagione di rinascita iniziata con Pio La Torre, Piersanti Mattarella, Cesare Terranova, Rocco Chinnici e proseguita fino alle condanne decretate nel corso del maxiprocesso di Palermo, confermate dalla Cassazione.

Una stagione di successi, nonostante gli attentati, le vite spezzate, le delegittimazioni. Quella mafia, quella Cosa nostra, oggi non c’è più. Definitivamente disarticolata da altri servitori dello Stato, che hanno seguito le orme di giudici come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e di rappresentanti delle Forze di Polizia come Boris Giuliano, Beppe Montana, Ninni Cassarà e tantissimi altri.

“Non li avete uccisi, le loro idee camminano sulle nostre gambe” ripetono a voce alta, da 26 anni, migliaia di giovani in tutta Italia. Il tritolo utilizzato il 23 maggio 1992 non ha estirpato il seme della consapevolezza, ma ha finito per ottenere l’effetto contrario.

Nonostante i duri colpi inferiti, la guerra alle mafie non è vinta. Le organizzazioni criminali, come ha scritto nella sua Relazione conclusiva la Commissione parlamentare antimafia, si sono evolute, hanno cambiato pelle e faccia, si presentano diversamente dai Corleonesi. Uccidono meno, corrompono di più. Resta immutato il loro obiettivo: acquisire potere e ricchezza rapidamente e impunemente. La violenza è stata ridotta, ma non accantonata definitivamente. Si utilizza per intimidire e minacciare, come ha dimostrato anche il Rapporto Amministratori sotto tiro di Avviso Pubblico.

La memoria non è un esercizio fine a sé stesso. Coltivarla consente di capire che abbiamo gli strumenti per vincere la sfida contro le mafie del nuovo millennio. Strumenti legislativi, amministrativi, educativi, che non possono essere disgiunti da una cultura della responsabilità, etica e morale, lascito inestimabile di quei servitori dello Stato dilaniati 26 anni fa, ma più che mai vivi nell’impegno, che ogni giorno profondiamo per realizzare la profezia di Giovanni Falcone:

La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”.

Per saperne di più:

La strage di Capaci – Rai Storia

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