Mafie nel Lazio, presentato il secondo Rapporto: “Le organizzazioni criminali stanno cambiando pelle”

Mafie nel lazioSi è svolta il 7 luglio presso la Casa del Jazz di Roma la presentazione del secondo Rapporto “Mafie nel Lazio”, curato dall’Osservatorio Tecnico – Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, in collaborazione con l’associazione Libera. Il Rapporto è un resoconto delle principali inchieste giudiziarie sulle organizzazioni criminali che operano nel Lazio, allo scopo di offrire un quadro di insieme sulla penetrazione e il radicamento della criminalità organizzata nella regione.

Alla presentazione del Rapporto sono intervenuti Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio, Michele Prestipino, Procuratore aggiunto e Coordinatore della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Maurizio Calvino, a capo del Secondo reparto della Direzione Investigativa Antimafia, il Generale Angelo Agovino, Comandante regionale dei Carabinieri del Lazio e  Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio.

Le organizzazioni criminali nel Lazio. Il monitoraggio dell’Osservatorio rileva che nel Lazio operano 92 organizzazioni criminali (erano 88 lo scorso anno). Si tratta di clan delle mafie storiche (‘ndrangheta, cosa nostra, camorra) e gruppi criminali locali che operano sia separatamente che in sinergia. “I clan condizionano e mettono a rischio il regolare svolgimento delle attività amministrative, commettono reati in ambito finanziario, occupano gran parte del mercato immobiliare, della ristorazione, della filiera del gioco d’azzardo e, attraverso diverse forme di condizionamento, del comparto alberghiero – turistico – balneare”.

Il Basso Lazio continua a rappresentare un’area molto condizionata dalla presenza di clan di ‘ndrangheta e camorra radicati sul territorio e da un’escalation di violenza perpetrata da organizzazioni criminali locali, dedite a usura, estorsioni e traffico di droga. “Operatori economici e amministratori pubblici sono i principali bersagli di questa aggressione che non conosce battute d’arresto”. Fra le province di Latina e Frosinone l’Osservatorio ha censito la presenza di ben 27 clan mafiosi.

La situazione nella provincia di Roma. Nella sola provincia e nella città di Roma operano circa 70 clan, sia di “mafia tradizionale” che organizzazioni criminali locali. “Queste diverse organizzazioni si misurano e spesso integrano con altri due fattori: da un lato la cosiddetta malavita romana (killer professionisti, pusher, rapinatori e gruppi criminali stranieri) e dall’altro un ampio sistema di reti di corruzione che attraversa diversi segmenti del tessuto socio-economico romano”.

Le cosiddette mafie di Roma non operano in un regime di subalternità rispetto alle mafie tradizionali: “L’aver convissuto con questi clan ha generato una sorta di mutazione delle organizzazioni romane, che con un effetto contagio avrebbero acquisito il modus operandi delle mafie tradizionali. Nei quartieri di San Basilio, Tor Bella Monaca, la Romanina e il litorale di Ostia, alla luce di questo contagio, si rintraccia un sistema di controllo che fa capo alle organizzazioni di Roma. Nella più ampia area della Capitale invece non è stata riscontrata una generale suddivisione da parte delle mafie tradizionali, né una ripartizione di aree per il controllo territoriale”. Questo genere di suddivisione per aree si rintraccia invece nella territorialità del mercato degli stupefacenti.

Mafie nel Lazio 2Le dichiarazioni. “La ‘pax mafiosa’ nata negli Ottanta e sopravvissuta fino ad oggi si sta evolvendo – spiega Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio – Dalla coesistenza tra le varie organizzazioni alla formazione di veri e propri cartelli comuni. Ma non possiamo dimenticare che la forza della mafia, il suo capitale sociale, cresce e si alimenta nella politica e nelle pubbliche amministrazioni. E’ il motivo per cui non possiamo delegare in toto l’azione di contrasto alla magistratura e alle forze dell’ordine”

“La Capitale sta attraversando una fase di passaggio – osserva Michele Prestipino, coordinatore della DDA di Roma – Se prima l’afflusso di ricchezze e gli investimenti venivano gestiti da colletti bianchi che celavano la mano mafiosa, ora il modello sta cambiando e la mano mafiosa si fa riconoscere, non per errore ma per scelta. La stabilizzazione di gruppi organizzati, soprattutto di matrice ‘ndranghetista, punta a replicare sulla Capitale il modello di gestione e controllo del territorio che osserviamo, ad esempio, in provincia di Reggio Calabria. Succede ad esempio nella filiera del gioco d’azzardo, un mercato molto importante a Roma, dove le sale sono gestite da persone che sono organiche ai clan. Questa fase di passaggio diventa molto delicata in un territorio permeabile come Roma, impreparato a riconoscere questo tipo di modello. Inoltre tra mafie tradizionali e gruppi criminali autoctoni sta avvenendo uno scambio di know-how, di conoscenze. Gli autoctoni condividono informazioni sul territorio, le mafie tradizionali ‘insegnano’ loro il metodo mafioso: l’organizzazione, il valore del culto identitario, il controllo del territorio tramite la gestione del consenso nei quartieri”.

“Narcotraffico e corruzione sono le due direttrici su cui si muovono gli affari dei clan – sottolinea il Generale Angelo Agovino, Comandante regionale dei Carabinieri del Lazio – Roma è potenzialmente il mercato più appetibile per gli stupefacenti, data la sua estensione territoriale e il numero degli abitanti (2 tonnellate di stupefacenti sequestrati solo nel 2015, ndr). La corruzione è fattore di forza ed espansione del sistema mafioso, terreno per infiltrare istituzioni e mondo economico. Non crea allarme sociale ma, anzi, è in grado di generare e gestire consenso”.

“Percepire l’evoluzione delle mafie, attraverso il consenso che è in grado di gestire, è un segnale d’allerta che non possiamo ignorare – dichiara Maurizio Calvino, a capo del Secondo reparto della Direzione Investigativa Antimafia – Così come la sua capacità di mimetizzarsi e diluire la propria presenza sull’immenso territorio della Capitale”.

“Non dobbiamo avere paura di affermare l’esistenza delle mafie sul nostro territorio – conclude il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti – Non c’è dubbio, pur tra varie differenze, che il nostro territorio sia permeabile. Uno dei motivi è stato proprio l’evitare di fare i conti, in passato, con la presenza delle organizzazioni criminali. Questo Rapporto vuole anche dimostrare che tutti, ciascuno nel proprio ruolo, possiamo fare qualcosa di concreto per aumentare la consapevolezza e la conoscenza del fenomeno”.

La prossima settimana pubblicheremo un’ampia Sintesi del Rapporto Mafie nel Lazio, curata dall’Osservatorio Parlamentare di Avviso Pubblico.

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