«Per guardare a un futuro diverso e migliore dovevamo per un attimo volgere lo sguardo al passato e guardare ciò che avevano fatto i nostri antenati – spiega – e cioè riprendere questo collegamento tra la comunità e il bosco, perché attorno alla sua valorizzazione in senso ecosostenibile potevano nascere delle opportunità per la comunità in termini di ricchezze e occupazione».
Ma non è stato facile, perché i terreni demaniali erano stati occupati militarmente dalle famiglie mafiose che avevano capito come farli fruttare con la complicità dei colletti bianchi. È il sindaco Venezia a spiegare il meccanismo: «Attorno all’agricoltura vi erano ingenti contributi europei che venivano elargiti non tanto sulla base di quanto si produceva, ma soprattutto in base alla superficie posseduta». Una lezione che la cosiddetta mafia agraria conosce bene. «Molto spesso i comuni concedevano terreni senza controlli antimafia – prosegue Venezia – che nel 2019 ha ricevuto il Riconoscimento Pio La Torre organizzato da Avviso Pubblico, Fnsi e Cgil – e noi che avevamo 4.200 ettari di terreni demaniali sui Nebrodi abbiamo scoperto questo sistema perverso col quale la mafia lucrava milioni di euro di contributi. Da qui è partita una grande battaglia per sottrarre i terreni». Per secoli quei terreni hanno rappresentato una risorsa fondamentale per il sostentamento della comunità.
Ma cosa fare dei terreni liberati dalla mafia? Inizialmente si è pensato di affidarli in gestione a cooperative agricole sane. Ma nonostante le interdittive, i sequestri e gli arresti i mafiosi hanno continuato a portare il loro bestiame per dimostrare di essere ancora i padroni. «È il cosiddetto fenomeno delle “vacche sacre”, che è in voga anche in Calabria. Ha prevalso quindi la paura e il clima di ostilità, scoraggiando molti imprenditori a scommettere in questa operazione», racconta il sindaco di Troina, che si è trovato nel paradosso di aver vinto la battaglia contro i mafiosi, ma di non riuscire nei fatti a creare le condizioni per uno sviluppo alternativo. Ma ecco l’intuizione: sostituire l’iniziativa pubblica a quella privata. Ed è così che nasce l’idea di creare una grande azienda agricola controllata dal comune.
«Decidiamo di lanciare una campagna di crowdfunding per coinvolgere la popolazione. Insomma, facciamo una doppia scelta etica: da una parte creare un’iniziativa imprenditoriale sui terreni sottratti alla mafia e dall’altra lo facciamo attraverso l’allevamento di razze in via d’estinzione, ovvero gli asini ragusani e i cavalli sanfratellani. Riusciamo così ad acquistare cento asini e ad avere in dono dalla regione siciliana venti cavalli. Si creano quindi le condizioni per assumere nove giovani del territorio che tutt’ora lavorano. Con la linea della carne produciamo salumi di eccellenza e con il nostro marchio e con il latte di asina forniamo prodotti cosmetici che vengono commercializzati in tutta Italia». Insomma, l’esigenza di legalità e la lotta contro la mafia diventano il pretesto e l’acceleratore per uno sviluppo economico sano e sostenibile.
Oggi l’azienda agricola di Troina, che per estensione è considerata la più grande azienda pubblica d’Italia, è in continua espansione. Investe nel sostegno ai disabili e nella riqualificazione della rete dei rifugi, con l’obiettivo di creare un geo-resort con 24 posti letto, a cui si somma un’altra rete di rifugi. Inoltre lavora alla creazione di un modello di sviluppo legato al turismo naturalistico ed eco-sportivo, che a regime – va considerata anche la filiera della legna, con la trasformazione e la vendita di circa 7000 tonnellate l’anno attraverso il progetto “Legalità di Razza” – darà lavoro ad almeno sessanta giovani, oltre l’indotto. E lo stop imposto dalla pandemia, anziché un freno, è stata l’occasione per portare avanti investimenti e lavori, così quando l’era Covid sarà alle spalle, il comune inizierà ad accogliere i turisti.
Ma mentre il virus continua a mordere infettando non solo le persone, ma anche un intero apparato economico, minando persino la tenuta finanziaria degli Enti locali, a Troina si trovano risorse per sviluppare progettualità. Ma non senza difficoltà. Si fa sentire, infatti, il calo delle entrate tributarie, anche se il comune ha saputo mettere a frutto inventiva ed esperienza, attivando misure di sostegno attraverso una convenzione con l’Ente nazionale del microcredito che ha permesso di finanziare quaranta attività, creando circa sessanta posti di lavoro. «Inoltre durante la pandemia siamo stati uno dei pochissimi comuni italiani ad avviare l’iniziativa del microcredito sociale: il comune eroga piccoli prestiti per le famiglie in difficoltà, attraverso un fondo di garanzia e un regolamento comunale».
Sicurezza delle scuole, riqualificazione urbana, messa in sicurezza del territorio, efficientamento energetico, sono solo alcuni dei settori in cui il comune di Troina investe, anche grazie alla collaborazione dell’apparato amministrativo, sensibilizzato al servizio pubblico e coinvolto nei progetti fino al taglio del nastro. E naturalmente anche grazie ad un sistema di incentivi legati ai finanziamenti e al risultato raggiunto. Ma non solo grandi progetti in cantiere. Anche la raccolta rifiuti ha subito una rivoluzione, passando dal 3 per cento di raccolta differenziata del 2013 al 75 per cento del 2021, cosa che ha permesso al comune di ridurre anche la tariffa. Fabio Venezia è consapevole della bontà dei risultati raggiunti, ma sa anche la lotta alla criminalità e la creazione di sviluppo economico passano soprattutto dalla crescita culturale e dalla coesione sociale. «Non si può delegare solo alle forze dell’ordine e alla magistratura inquirente il lavoro di lotta contro l’oppressione mafiosa – conclude il sindaco –, ma è necessario mobilitarsi, creare un fronte sociale comune e che ognuno faccia la propria parte».