L’inchiesta sulle scommesse “illegali” condotta dalla Procura di Torino, che ha fin qui coinvolto alcuni calciatori nel giro della Nazionale italiana, sta avendo una forte eco mediatica. Il tema è complesso e la corsa dei mezzi di informazione per arrivare primi sulla notizia, innescare click e condivisioni sui social, finisce per mettere in secondo piano un’accurata analisi delle fonti. Ne consegue una narrazione tutt’altro che precisa dello sfaccettato sistema del gioco d’azzardo in Italia. Proviamo a fare un po’ di ordine.
Il contributo di Claudio Forleo*
In questi giorni sembra che l’unico gioco d’azzardo legale in Italia siano le scommesse o che comunque rappresenti la fetta più grande della torta. Nel nostro Paese il gioco d’azzardo legale è gestito da centinaia di concessionari autorizzati dalle convenzioni stipulate con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, una delle tre agenzie fiscali del nostro Paese. È un business di enormi proporzioni che garantisce gettito erariale allo Stato e introiti ai concessionari, nell’ordine di diversi miliardi di euro ogni anno.
Degli oltre 111 miliardi di euro giocati sui circuiti legali nel 2021, le scommesse (sportive, ippiche, virtuali o betting exchange) rappresentano il 15% del totale (circa 17 miliardi di euro). Poco più di due miliardi di puntate vengono registrate su rete fisica, tutto il resto avviene online (gioco a distanza) attraverso tutta una serie di siti che operano con regolare concessione. Online (o a distanza) non si punta solo sulle scommesse, né rappresenta l’azzardo più gettonato. Dei 67 miliardi di euro giocati d’azzardo sui siti legali nel 2021, le scommesse rappresentano “solo” il 22% del totale.
Tra legale e illegale
Chi difende gli interessi del settore azzardo in Italia ripete uno slogan: “Il gioco d’azzardo legale è argine di quello illegale”. Tale affermazione trova riscontro nella realtà italiana? Dal 1994, anno dell’introduzione in Italia della prima Lotteria istantanea – leggasi alla voce Gratta e Vinci – il gioco d’azzardo è entrato nella quotidianità degli italiani con un duplice, dichiarato obiettivo: creare gettito erariale per le casse dello Stato e cancellare, o perlomeno drasticamente diminuire, l’azzardo illegale, in mano alla criminalità.
A distanza di trent’anni si può tranquillamente affermare che il secondo obiettivo non è stato raggiunto. Tutt’altro. L’aumento esponenziale dell’offerta d’azzardo, della sua rete di vendita, ha offerto nuove ed estremamente redditizie opportunità alle organizzazioni criminali. È noto, o dovrebbe esserlo, ciò che le forze dell’ordine ripetono da anni: “Da un lato la gestione storica del gioco d’azzardo illegale, le cui prospettive sono andate allargandosi con l’offerta on line; dall’altro, la contaminazione del mercato del gioco e delle scommesse legali, che garantisce rilevanti introiti a fronte del rischio di sanzioni ritenute economicamente sopportabili”.
Se parliamo di solo gioco d’azzardo online, a fronte di oltre 400 siti legali – autorizzati con regolare licenza – ne sono stati oscurati circa 10mila nel corso degli ultimi anni. Che le scommesse – sul canale fisico e online – siano terreno fertile per l’illegalità lo aveva spiegato lo scorso anno l’allora Procuratore Nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Raho, in audizione parlamentare: “Talvolta questi punti vendita di gioco sono assolutamente legali, ma vengono affiancati da un canale parallelo, illegale e clandestino”.
Di recente anche Rocco Sciarrone ha analizzato gli interessi criminali nel settore dell’azzardo legale sulle pagine di questo blog.
Qualche numero? Nel 2019 l’illegale nell’azzardo veniva quantificato in circa 20 miliardi di euro, il doppio delle entrate percepite dallo Stato con l’azzardo legale. Oltre mezzo miliardo l’anno di riciclaggio nel settore legale.
Esiste la ludopatia?
“Le parole sono importanti” diceva qualcuno. Vero, soprattutto nel campo dell’azzardo. Da anni si sente parlare impropriamente di ludopatia, termine più volte utilizzato anche in relazione ai calciatori della Nazionale che avrebbero scommesso, su piattaforme legali o meno.
Banalmente, se si cerca su Google il termine, il primo risultato sarà “Disturbo da Gioco d’azzardo”. Semplicemente perché la ludopatia non esiste. È un neologismo utilizzato come sinonimo di dipendenza, considerato dagli esperti un termine improprio perché va separato il ludum – il gioco inteso come attività ricreativa – dall’azzardo – il gioco che ha come scopo ottenere una vincita in denaro.
Il Disturbo da Gioco d’Azzardo è invece una patologia che ha in comune con la dipendenza da sostanze il comportamento compulsivo che produce effetti sulle relazioni sociali o sulla salute seriamente invalidanti, inserito nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali sin dal 1980. Il Disturbo da Gioco d’Azzardo interesserebbe in Italia oltre un milione di persone. Una patologia, sommersa e di cui si parla poco, esplosa proprio con la legalizzazione del gioco d’azzardo a cui abbiamo assistito negli ultimi 30 anni.
Le leggi utili e il punto di non ritorno
L’ultimo “caso scommesse” può essere l’occasione per stimolare la politica nazionale e l’opinione pubblica su un tema che ha ripercussioni notevoli sulla società, sull’economia, sulla sicurezza e sulla cultura del nostro Paese. Si profila invece il rischio che venga utilizzato come grimaldello per scardinare i risultati ottenuti negli ultimi anni sul fronte del contrasto e della prevenzione alle ricadute dell’abuso da azzardo.
Si sta mettendo in discussione la legge che dal 2019 ha imposto il divieto totale di pubblicità sul gioco d’azzardo in Italia. Un divieto con alcune deroghe volute dall’AGCOM. Si sostiene che l’illegalità sia cresciuta a causa del divieto di pubblicità, senza supportare tale tesi con studi indipendenti, non finanziati da portatori di interesse. C’è chi afferma la tesi secondo cui l’azzardo sarebbe “un bene come tutti gli altri, nei momenti di crisi viene ridotto”, benché i dati storici evidenziano come la crescita del consumo d’azzardo vada di pari passo proprio con periodi di crisi.
Nel 2008 la crisi finanziaria travolse il mondo e, infatti, dal 2008 al 2012 il numero delle giocate in Italia raddoppiò. Nel 2020 è scoppiata la pandemia, un anno dopo si è innescato il conflitto in Ucraina, con tutti i risvolti economici che conosciamo: nel 2022 le giocate sono aumentate di oltre venti punti percentuali rispetto al 2019.
Narrazioni slegate da dati, relazioni, studi indipendenti. Il tutto mentre si sta giocando una partita fondamentale sul futuro del gioco d’azzardo, relativa alla legge di riordino nazionale del settore. Con la legge 9 agosto 2023, n.111, il Parlamento ha delegato il Governo ad emanare dei decreti che, dopo anni, sono chiamati a mettere mano ad un settore che, per quanto incredibile possa sembrare, non è regolamentato da nessuna legge quadro a livello nazionale. L’obiettivo di tale normativa dovrebbe essere riparare le evidenti storture – il dilagare della dipendenza e degli interessi criminali – che il sistema attualmente in vigore ha prodotto.
È palese come uno dei percorsi da seguire sia la riduzione dell’offerta di gioco d’azzardo disponibile sul canale fisico e online. Tra i principi generali della legge sopra citata, però c’è scritto che il Governo è delegato a mantenere il “contemperamento degli interessi pubblici generali in tema di salute con quelli erariali sul regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi, nonché della prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività criminose”.
Tradotto: il gettito erariale derivante dall’azzardo non si tocca, pertanto neanche l’offerta. Sembra un punto di non ritorno. È l’offerta di azzardo, senza pari in Europa, la prima causa dell’esplosione della dipendenza da azzardo. La sterminata rete di punti vendita rappresenta uno dei fattori che rende il settore legale così facilmente permeabile dagli interessi criminali. Solo ridimensionando il comparto legale, si ha una chance di riparare ai danni perpetrati dall’azzardo negli ultimi decenni.
Come recuperare il denaro che verrebbe a mancare alle casse dello Stato? Secondo gli ultimi dati ufficiali, in Italia la distanza tra il gettito atteso e quello effettivamente raccolto dall’erario è pari a 87 miliardi, dieci volte l’incasso che l’azzardo attualmente garantisce allo Stato. Si potrebbe cominciare da lì.
*Autore con Giulia Migneco de “La pandemia d’azzardo. Il gioco ai tempi del Covid: rischi, pericoli e proposte di riforma.” Altraeconomia 2021. Responsabile dell’Osservatorio parlamentare di Avviso Pubblico