Premessa. Con il cd. Decreto Liquidità (D.L. n. 23 del 2020), convertito con modificazioni dalla legge n.40 del 5 giugno 2020, vengono introdotte misure urgenti di contrasto alle ricadute economiche innescate dal lockdown imposto dal Governo per arginare la diffusione del Covid-19.

Le principali misure. Accesso al credito per le imprese, poteri speciali nei settori strategici e interventi in ambito di salute e lavoro sono le principali misure contenute nella legge. Lo Stato prevede di distribuire 200 miliardi di euro sotto forma di garanzie alle attività economiche, attraverso Sace Spa, controllata di Cassa Depositi e prestiti. In questo contesto, viene potenziato ancora il Fondo di Garanzia per le piccole e medie imprese, che cresce sia in dotazione finanziaria, sia in capacità di generare liquidità per le aziende fino a 500 dipendenti. Sono provvedimenti per tenere in moto la macchina economica del Paese, che vanno ad aggiungersi alle precedenti misure di sostegno al reddito contenute  nella legge n.27 del 24 aprile 2020 (cosiddetto Decreto Cura Italia), ma che presentano aspetti critici riguardo il contrasto alle mafie e ai reati legati alla corruzione.

La documentazione antimafia. Il testo prevede procedure accelerate per l’accesso al credito e a forme di garanzia per l’erogazione di liquidità utile alle imprese. Mentre solo in alcuni passaggi si vincola l’erogazione del finanziamento a chi non si trovi in condizioni ostative secondo le leggi antimafia – è il caso del comma 1, lettera e, articolo 1 bis – oppure viene concessa l’erogazione della garanzia alle imprese anche in assenza temporanea della documentazione antimafia, salvo che da controlli successivi sulla documentazione pervenuta, non risultino cause interdittive (comma 5, articolo 13).

La tracciabilità dei flussi di denaro. Nel decreto non sono previsti strumenti adatti alla tracciabilità delle operazioni e dei flussi di denaro secondo la normativa antimafia. “C’è il rischio concreto di fare un regalo a mafie e corruzione”, scrivono i promotori di Giustaitalia, che mettono in guardia sul pericolo che “risorse pubbliche preziose vengano sfruttate da imprese condannate per gravi delitti come la corruzione o i reati ambientali”. Gli strumenti di controllo ordinario potrebbero non essere sufficienti a contrastare le strategie delle consorterie mafiose.

Anche il  Capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, sentito in audizione durante l’iter per la conversione in legge del decreto, ha messo in guardia sulle attuali procedure accelerate per il rilascio delle garanzie alle imprese, che possono «esporre al rischio di favorire l’economia illegale”.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla scheda di sintesi curata dal Servizio Studi della Camera dei Deputati.

 

(a cura di Massimo Lauria)