Premessa. Il 24 settembre 2018 è stato presentato alle Camere il disegno di legge Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici (c.d. “Spazzacorrotti”; AC 1189). L’iter parlamentare si è concluso il 18 dicembre 2018 con l’approvazione della legge n. 3 del 2019.
Qui di seguito sono sintetizzati i contenuti fondamentali del provvedimento, composto di un unico articolo e per lo più formulato in termini di novelle al codice penale.
Reati di corruzione commessi all’estero. Si abolisce l’obbligo della richiesta del Ministro della Giustizia o della denuncia della persona offesa per il perseguimento dei reati di corruzione e gli altri delitti contro la pubblica amministrazione commessi all’estero (art. 1, co. 1, lett. a), b).
Corruzione internazionale. Risulta ampliato l’ambito applicativo dei delitti in tema di corruzione internazionale dei pubblici agenti, mediante l’estensione della portata incriminatrice dell’articolo 322-bis, primo comma, del codice penale anche ai funzionari “extra-Ue”, ai membri delle assemblee parlamentari internazionali ed ai giudici e funzionari delle corti internazionali (art. 1, co. 1, lett. o, n. 2).
Inasprimento delle sanzioni. È disposto un aggravamento di pena per il reato di corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.): tre anni nel minimo ed otto anni nel massimo (la precedente forbice edittale era compresa tra uno e sei anni) (art. 1, co. 1, lett. n). Con riferimento al reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.), invece, è stabilita una pena aggravata nel caso in cui a commetterlo sia un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio che abusi delle sue qualità o dei suoi poteri: reclusione da uno a quattro anni, in luogo della pena base compresa tra sei mesi e tre anni (art. 1, co. 1, lett. l). Più severa anche la sanzione inflitta a chi commette il delitto di appropriazione indebita (art. 646 c.p.), ora punito con «la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000» (precedentemente: reclusione fino a tre anni e multa fino a 1.032 euro) (art. 1, co. 1, lett. u).
Aggravamento ed effettività delle sanzioni accessorie. Riassumendo schematicamente, la legge prevede:
- l’ampliamento dell’ambito applicativo e l’aggravamento delle pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;
- la riduzione della possibilità di mitigare la pena accessoria temporanea in rapporto alla durata della pena principale;
- l’esclusione di automatismi fra sospensione condizionale della pena o applicazione della pena concordata (c.d. “patteggiamento”) ed esenzione dalle pene accessorie richiamate al punto 1 (art. 1, co. 1, lett. h), con introduzione della possibilità di applicare la pena accessoria ai soggetti destinatari di una decisione “patteggiata” e ai beneficiari della pena sospesa (art. 1, co. 4, lett. d), e);
- l’aggravamento delle condizioni necessarie perché abbiano a prodursi gli effetti estintivi della riabilitazione sulle sanzioni accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e del divieto perpetuo di concludere contratti con la pubblica amministrazione (art. 1, co. 1, lett. i);
- l’inclusione del delitto di peculato (art. 314 c.p.) e di vari delitti relativi ad atti corruttivi (artt. 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, co. 1, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis c.p.) fra i reati ostativi alla concessione dei benefici di cui all’articolo 4-bis, comma 1, della legge sull’ordinamento penitenziario (n. 354 del 1975) (art. 1, co. 6, lett. b), oltre all’aggravamento delle condizioni necessarie per il prodursi degli effetti estintivi della pena e di ogni altro effetto penale di cui all’articolo 47, comma 12, della legge citata (art. 1, co. 7).
Entrando nel dettaglio di alcune previsioni, la modifica dell’art. 317-bis c.p. estende l’applicazione delle pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’incapacità in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione (oggi prevista per i soli reati di cui agli articoli 314, 317, 319 e 319-ter del medesimo codice) ai casi di condanna per i reati di cui agli articoli 318, 319-bis, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis del codice penale (art. 1, co. 1, lett. m). Il nuovo art. 32-quater c.p. contempla i casi in cui alla condanna consegue l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, con l’effetto di omologarne il catalogo a quello del novellato art. 317-bis (seppur limitatamente ai reati contro la pubblica amministrazione e con l’eccezione del peculato, per cui si valorizza la sola ipotesi, più grave, dell’art. 314, co. 1, c.p.) (art. 1, co. 1, lett. c). Le pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione si applicano: per un periodo non inferiore a cinque e non superiore a sette anni, nel caso in cui la pena principale non superi i due anni o se ricorra la circostanza attenuante prevista dall’art. 323-bis, co. 1, c.p. (particolare tenuità del fatto); in perpetuo, nel caso in cui la pena principale sia invece superiore a tale limite. Quando invece ricorra la circostanza attenuante prevista dall’art. 323-bis, co. 2, c.p. (ravvedimento operoso), la condanna importa sanzioni accessorie per una durata compresa tra uno e cinque anni (art. 1, co. 1, lett. m). In attenuazione di questo principio si prevede che, decorso un termine non inferiore a sette anni dalla riabilitazione penale, le pene accessorie perpetue possano dichiararsi estinte allorquando il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta (art. 1, co. 1, lett. i). Viene infine prevista l’incapacità temporanea di contrattare con la P.A., come misura interdittiva da applicarsi all’imputato prima della condanna (art. 1, co. 4, lett. c).
Causa speciale di non punibilità. È inserito nel codice penale l’art. 323-ter, con il quale si introduce una clausola di non punibilità nel caso di volontaria, tempestiva e fattiva collaborazione per i reati previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322-bis (limitatamente ai delitti di corruzione e di induzione indebita), 353, 353-bis, 354 del codice penale. All’autore del reato è richiesto di attivarsi «prima di avere notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini in relazione a tali fatti, e comunque, entro quattro mesi dalla commissione del fatto». Al secondo comma dell’articolo 323-ter è previsto che la non punibilità del denunciante sia ulteriormente «subordinata alla messa a disposizione dell’utilità dallo stesso percepita o, in caso di impossibilità, di una somma di denaro di valore equivalente, ovvero all’indicazione di elementi utili e concreti per individuarne il beneficiario effettivo, entro il medesimo termine di cui al primo comma». Onde evitare che possa abusarsi di tale previsione per provocare impunemente la corruzione, nell’ultimo comma si specifica che la causa di non punibilità non si applica quando vi è prova che la denuncia sia stata premeditata rispetto alla commissione del reato denunciato. Siffatta causa escludente non si applica, altresì, in favore dell’agente sotto copertura che abbia agito in violazione delle disposizioni di legge (art. 1, co. 1, lett. r). È pertanto escluso dagli intendimenti del legislatore il proposito di istituire il c.d. “agente provocatore”.
Ridefinizione del delitto di traffico di influenze illecite. Si amplia la fattispecie di cui all’art. 346-bis c.p., ricomprendendovi la condotta di chi offre o promette il vantaggio al “millantatore” di influenza. Prescindendo la punibilità dall’esistenza o non di reali relazioni di influenza (che possono essere anche soltanto asserite), in esso vengono inoltre riassorbite le prescrizioni dell’art. 346 c.p. (millantato credito), che contestualmente viene abrogato (art. 1, co. 1, lett. s), t).
Custodia giudiziale dei beni sequestrati. L’introduzione nel codice penale dell’art. 322-ter.1 consente all’autorità giudiziaria di affidare in custodia agli organi della polizia giudiziaria i beni sottoposti a sequestro nell’ambito dei procedimenti penali di cui agli articoli da 314 a 321 del codice penale (art. 1, co. 1, lett. p).
Confisca in caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione. Con la modifica dell’art. 578-bis c.p.p., si consente di mantenere l’efficacia della confisca disposta con la sentenza di condanna dai giudici di primo grado (per uno dei delitti previsti dagli artt. da 314 a 321 c.p.) nei casi in cui il successivo grado di giudizio si chiuda con una sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato per prescrizione o per amnistia (art. 1, co. 4, lett. f).
Corruzione tra privati e istigazione alla corruzione tra privati (artt 2635 e 2635-bis c.c.). Per tali delitti è stabilita la procedibilità d’ufficio (art. 1, co. 5).
Prescrizione dei reati. Con la novella dell’articolo 158, primo comma, del codice penale, il termine di decorrenza della prescrizione in caso di reato continuato è individuato nel giorno in cui cessa la continuazione (si tratta di un ritorno alla disciplina antecedente la legge n. 251 del 2005, c.d. “ex Cirielli”) (art. 1, co. 1, lett. d). Mentre la riforma dell’articolo 159, secondo comma, sospende il corso della prescrizione «dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna» (art. 1, co. 1, lett. e). Entrambe le disposizioni entrano in vigore il 1° gennaio 2020 (art. 1, co. 2).
Utilizzo delle intercettazioni. Aumentano le possibilità per gli organi inquirenti di avvalersi di questo strumento di repressione dei crimini: ne è ora sempre permesso l’utilizzo nei procedimenti per reati contro la P.A. puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, anche nella forma di captatori informatici su dispositivi elettronici portatili (c.d. “trojan”) (art. 1, co.3, co. 4, lett. a), b).
Operazioni sotto copertura. Si estende la possibilità di effettuare operazioni di polizia sotto copertura al contrasto di alcuni reati contro la pubblica amministrazione – sul modello delle regole in materia di contrasto alla mafia, al traffico di stupefacenti e ad una serie di altri delitti – integrando l’elenco di cui all’articolo 9 della legge n. 146 del 2006 con i reati previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis e 452-quaterdecies del codice penale (art. 1, co. 8).
Sanzioni interdittive per le persone giuridiche. Sulla falsariga dell’intervento effettuato nei confronti delle persone fisiche, si inaspriscono le sanzioni interdittive nel caso di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, in relazione alla commissione dei delitti di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità e corruzione: da un minimo di quattro anni ad un massimo di sette, se il reato è stato commesso da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’ente; da un minimo di due anni ad un massimo di quattro, se il reato è stato invece commesso da persone gerarchicamente sottoposte alle prime (art. 1, co. 9, lett. b), n. 2). Qualora però, prima della sentenza di primo grado, l’ente si fosse operosamente ravveduto, la cornice edittale delle sanzioni interdittive verrebbe ricompresa fra tre mesi e due anni (art. 1, co. 9, lett. b), n. 3).
Trasparenza e controllo dei partiti e movimenti politici. I contributi in denaro complessivamente superiori nel corso dell’anno a 500 euro per soggetto erogatore, o altre forme di sostegno dal valore equivalente, elargiti a partiti e movimenti politici sono sottoposti ad un particolare regime di pubblicità, quanto all’identità dell’erogante, all’entità del contributo o al valore della prestazione o di altra forma di sostegno, nonché alla data dell’erogazione, attraverso l’annotazione in un apposito registro custodito presso la sede legale del partito o movimento politico, con l’inserimento nel rendiconto di esercizio e mediante pubblicazione sul sito istituzionale del partito o movimento politico (art. 1, co. 11). Inoltre, in occasione di competizioni elettorali di qualunque genere («escluse quelle relative a comuni con meno di 15.000 abitanti»), i partiti e i movimenti politici hanno l’obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale il curriculum vitae dei propri candidati e il relativo certificato penale rilasciato dal casellario giudiziale, anche senza il consenso espresso degli interessati (art. 1, co. 14). Tali documenti sono quindi pubblicati sul sito del Ministero dell’Interno, ovvero dell’ente cui si riferisce la consultazione elettorale (art. 1, co. 15). Partiti e movimenti politici, infine, debbono trasmettere annualmente i rendiconti di esercizio alla Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici di cui all’articolo 9, comma 3, della legge n. 96 del 2012 (art. 1, co. 16).
Per i partiti e i movimenti politici, nonché per le liste che partecipano alle elezioni nei comuni con più di 15.000 abitanti, è introdotto il divieto di ricevere contributi, prestazioni o altre forme di sostegno provenienti da Governi o enti pubblici di Stati esteri e da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero non assoggettate ad obblighi fiscali in Italia. È oltre a ciò introdotto il divieto – per le persone fisiche maggiorenni non iscritte nelle liste elettorali – di elargire contributi ai partiti o movimenti politici ovvero alle liste che partecipano alle elezioni nei comuni con più di 15.000 abitanti (art. 1, co. 12).
Vengono poi apportate modifiche in materia di tracciabilità dei contributi ai partiti politici. In particolare, tra l’altro, è ridotto da 5.000 a 500 euro il limite dell’importo ricevuto a titolo di liberalità che dà luogo all’obbligo di inserimento nella dichiarazione patrimoniale o di reddito, nonché il tetto al raggiungimento del quale è fatto obbligo di inserimento nell’elenco dei soggetti erogatori da trasmettere alla Presidenza della Camera dei deputati (art. 1, co. 17). Per analoga finalità, si riduce da 5.000 a 3.000 euro il limite di finanziamento al raggiungimento del quale è fatto obbligo ai partiti o loro articolazioni politico-organizzative, ai gruppi parlamentari, ai membri del Parlamento nazionale, ai membri italiani del Parlamento europeo, ai consiglieri regionali, provinciali e comunali, ai candidati alle predette cariche, ai raggruppamenti interni dei partiti politici nonché a coloro che rivestono cariche di presidenza, di segreteria e di direzione politica e amministrativa a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale nei partiti politici di sottoscrivere una dichiarazione congiunta con l’erogatore, da depositare presso la Presidenza della Camera dei deputati (art. 1, co. 18). È in aggiunta esteso alle cooperative sociali ed ai consorzi di cui alla legge n. 381 del 1991 il divieto di erogare finanziamenti o contributi in favore di partiti politici o loro articolazioni e gruppi parlamentari (art. 1, co. 19).
Sempre in tema di trasparenza nei rapporti tra partiti o movimenti politici e fondazioni, sono puntualmente definiti gli enti che, in ragione della caratteristica composizione dei propri organi e del tipo di liberalità elargite a tali organizzazioni, si ritengono equiparati a partiti e movimenti politici ai fini dell’adempimento degli obblighi in materia di trasparenza e semplificazione (art. 1, co. 20).
Sono da ultimo disciplinate le sanzioni per la violazione delle suddette norme inerenti alla trasparenza (art. 1, co. 21-23).
Per approfondimenti si rimanda alla scheda di sintesi curata dal Servizio Studi della Camera dei deputati.
(a cura di Luca Fiordelmondo, Master APC dell’Università di Pisa)