Premessa. Il decreto legislativo n. 137 del 7 agosto 2015, in forza della legge delega n.154 del 2014, ha come oggetto l’attuazione della decisione quadro 2006/783/GAI, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni in materia di confisca. In particolare tale normativa disciplina la procedura di esecuzione di un provvedimento di confisca che, emanato dall’autorità giudiziaria di un determinato Stato membro, debba invece essere eseguito in un altro Stato appartenente alla Unione Europea.

Contenuti del provvedimento. I primi due articoli dettano le disposizioni generali del provvedimento in esame. In particolare l’art. 1 stabilisce la necessità che le misure di cooperazione previste dalla decisione quadro siano compatibili  con  i  principi dell’ordinamento costituzionale  in  tema  di  diritti  fondamentali, nonché in tema di diritti di libertà e di giusto processo.Inoltre, ai fini del riconoscimento di tali provvedimenti, la norma in commento elenca una serie di definizioni, quali quelle di Stato di emissione e di Stato di esecuzione. Di particolare interesse risulta la definizione relativa alla decisione di confisca, che consiste in un provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria nell’ambito di un procedimento penale, volto a privare definitivamente di un bene un soggetto e che include inoltre i provvedimenti di confisca ex art. 12 sexies del decreto legge  8  giugno   1992, n. 306 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 356 del 1992), nonché  quelli  disposti ai sensi degli articoli 24 e 34 del codice delle  leggi  antimafia  e delle  misure  di  prevenzione,  di  cui  al  decreto  legislativo n. 159 del 2011, e successive modificazioni. Viene inoltre fornita la nozione di bene, che ricomprende anche beni immateriali, e le definizioni di ciò che, costituendo strumento, prodotto o provento del reato, è suscettibile di confisca, anche nella forma per equivalente, previo accordo in siffatta ipotesi con lo Stato di emissione.

Nell’ambito delle disposizioni generali, l’art. 2 elenca le autorità competenti in tale procedura. Oltre alle autorità giudiziarie, un ruolo di particolare importanza è rivestito dal Ministero della Giustizia soprattutto per quanto concerne la trasmissione tra i diversi Stati membri delle decisioni assunte in materia di confisca.

Il Capo II del decreto, in particolare gli articoli da 3 a 9, si occupa del procedimento di esecuzione in Italia delle decisioni di confisca emanate in altri Stati membri, quando i beni si trovano in Italia o se la persona fisica o giuridica dispone in Italia di beni o di un reddito, qualora si tratti di una somma di denaro o comunque quando la persona fisica risiede in Italia o la persona giuridica vi abbia costituito la propria sede sociale. Per alcune tipologie di reato elencate dall’art 3, il riconoscimento non è subordinato al requisito della doppia incriminabilità, ma è sufficiente che, qualora vengano in rilievo tali fattispecie incriminatrici, lo Stato di emissione preveda una pena detentiva non inferiore nel massimo a tre anni. Al di fuori di tale elenco, invece, il riconoscimento è consentito soltanto se i fatti sono previsti come reato anche dalla legge italiana, salvo quanto previsto dall’art. 6 comma 1 lett. c del presente decreto in tema di tasse, imposte, dogana o cambio.

Di particolare interesse è la disposizione di cui all’art. 9 del decreto, la quale prevede, nel caso di concorso di più decisioni di confisca riguardanti la stessa persona e aventi a oggetto i medesimi beni, la possibilità per la Corte di Appello di decidere quale tra i diversi provvedimenti debba essere eseguito.

Il Capo III, viceversa, si occupa della procedura di riconoscimento all’estero di un provvedimento di confisca emesso in Italia. In tale procedimento emerge il ruolo propulsivo del pubblico ministero competente, il quale è abilitato alla richiesta del riconoscimento e della esecuzione su beni che si trovano in un altro Stato membro. Egli può anche convenire con l’autorità straniera che la richiesta di esecuzione possa avere ad oggetto beni per un valore equivalente, salvo che si tratti di cose che servirono per la commissione del reato o comunque la cui detenzione o porto siano vietati dalla legge.

L’art. 12 consente, inoltre,  a determinate condizioni, la possibilità di trasmettere decisioni di confisca a più Stati membri, senza che ciò precluda l’esecuzione anche in Italia. In tali ipotesi, però, quando la confisca abbia oggetto un somma di denaro, l’importo totale risultante dalla esecuzione non può superare quello indicato nel provvedimento di confisca.

Infine, per quanto concerne le disposizioni finali del presente decreto, l’art. 13 fa salva l’applicazione delle norme del codice di procedura penale e delle leggi complementari in quanto risultino compatibili.

L’art. 14 fa riferimento alla destinazione dei beni confiscati, mentre l’art. 15 prevede, nel caso di responsabilità dello Stato italiano per l’esecuzione di una decisione di confisca, la possibilità da parte del Ministero della Giustizia di richiedere il rimborso allo Stato di emissione delle somme versate alle parti a titolo di risarcimento, a meno che il danno sia stato provocato esclusivamente dallo Stato italiano con riferimento alla procedura di esecuzione.

In chiusura, il decreto in esame stabilisce che tale normativa non preclude l’applicazione di accordi e intese tra gli Stati membri che contribuiscano ulteriormente ad agevolare e semplificare le procedure di riconoscimento, purché esse siano rispondenti agli obbiettivi previsti dalla decisione quadro.

Notizie sull’iter parlamentare. La Commissione Giustizia del Senato ha espresso parere favorevole, con osservazioni, il 10 giugno 2015, mentre il parere della Commissione Giustizia della Camera è stato espresso il 16 giugno 2015.

Per ulteriori approfondimenti consulta il dossier del servizio Studi della Camera.

(4 settembre 2015)