Di seguito la sintesi delle audizioni svolte il 5 Novembre (video) dalle Commissioni V Bilancio della Camera e del Senato in merito alla Manovra di Bilancio 2025-2027 da parte di ANCI, UPI, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Ufficio Parlamentare di Bilancio.
ANCI, Canelli:
È il primo anno in cui ci sono regole europee in vigore rispetto alla diminuzione del deficit. Da parte dei Comuni c’è consapevolezza di questo. I Comuni è da anni che tengono sotto controllo la spesa. Negli ultimi 10 anni i Comuni sono stati virtuosi (vd. pareggio di bilancio, fondi di accantonamento da parte dei Comuni).
I conti dei Comuni sono sotto controllo (al netto delle crisi finanziarie che colpiscono circa 500 Comuni in Italia). L’inflazione ha colpito anche i Comuni, e anche altri fattori a cui far fronte (es. la richiesta sociale sul territorio). L’incidenza della spesa del comparto dei Comuni sul totale della spesa dello Stato è passata in 10 anni dall’8% al 6,5%, mentre il debito dei Comuni è calato dal 3% all’1,5%.
Anche quest’anno c’è un accantonamento nei bilanci dei Comuni. Anci, in questo quadro, è contento che il MEF abbia cercato di minimizzare l’impatto della manovra sui Comuni (a partire dalla spesa, che è esplosa, per i minori, con un fondo ad hoc da 100 mln). Così come viene riconosciuta per la prima volta, dal MEF, una verticalizzazione della perequazione.
Dentro questi elementi positivi ci sono elementi su cui è necessario lavorare ancora.
Si veda in primis l’art. 110 sul turnover: anche chi ha spazio finanziario per assumere non lo potrà fare, visto il blocco al 75% previsto dal 2025 (per 4 dipendenti in pensione, se ne potranno riassumere solo 3). Questo creerà difficoltà nella gestione del personale, posto che negli ultimi dieci anni hanno già ridotto il personale del 20-25%.
Ci sono, poi, numerosi tagli sugli investimenti per i Comuni: si chiede una riflessione aggiuntiva, soprattutto sulle opere dei piccoli Comuni.
Nel complesso, pur consapevoli che la manovra è difficile, ANCI ritiene che i Comuni abbiano già fatto molti sforzi negli anni scorsi, pur senza tirarsi indietro sulle esigenze odierne. Ci possono essere spazi di azione, in primis: sul turnover (rivedendo o togliendo il blocco al 75%), sugli investimenti dei piccoli Comuni, e su una serie di altre richieste (es. fondo crediti di dubbia esigibilità, per dare un margine ulteriore ai Comuni).
UPI, Menesini:
Nella manovra non si ritrovano gli elementi di riforma e di investimenti per le province e per la PA. Si esprime preoccupazione per il futuro delle province, anche come motore di sviluppo locale.
Sul tema del personale, il contributo delle province negli anni è stato significativo: da 35.000 addetti a 15.000 in pochi anni. Dal 2022 si sono aperte delle finestre per nuove assunzioni (poche centinaia, ma fondamentali).
Sul PNRR, il livello di investimenti delle province è pari a 3,2 mld: serve personale qualificato (in questo servirebbe formazione e ringiovanimento del personale della PA, ma la manovra va in un’altra direzione). La richiesta, a fronte del turnover al 75%, è di ripristinare l’art. 33 del DL 34/2019.
Le province dal 2021 al 2023 hanno incrementato del 50% gli investimenti (tendenza confermata anche nel I semestre 2024 rispetto al I semestre 2023: +56%). Ciò incide su molti aspetti cruciali: scuole, sicurezza, viabilità, mobilità, efficientamento energetico, ecc.
È importante anche il lavoro come stazione unica appaltante, nel percorso di specializzazione, con livelli molto alti. Nel I semestre 2024 sono state espletate gare per oltre 5 mld. Ma anche per fare le stazioni appaltanti serve personale qualificato.
Il livello di investimenti delle province è stato garantito riducendo il livello di indebitamento (-17% tra il 2019 e il 2023). Si chiede un piano triennale di investimenti sulla edilizia scolastica e un piano di investimenti sulla viabilità provinciale. In un contesto già critico, i tagli invece vanno ad appesantire la situazione, soprattutto in un contesto che dovrà vedere dei passi più concreti rispetto alla riforma delle province.
Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Alparone:
Il PSB cambia il confronto col Governo, perché inserisce un limite. È positivo che agli Enti territoriali non è stato introdotto il tetto di spesa. È indubbio che questa attenzione prevede una modalità di partecipazione al contributo alla spesa pubblica. Negli anni l’equilibrio di bilancio ha consentito di ridurre il debito negli Enti territoriali. La prima richiesta delle Regioni era il finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale, e l’incremento così significativo rispetto al tetto di spesa deve trovare una compensazione. L’altro tema delicato è l’incremento del TPL, così come il riconoscimento per l’edilizia sanitaria.
Ma ci sono dei punti di attenzione che vanno sottolineati. Il tema dell’accantonamento è complesso. Si fa un accantonamento che consente di avere risorse da investire per l’anno successivo, ma questo accantonamento incide tutto sul 20% del bilancio (visto che l’altro 80% del bilancio è destinato alla sanità). Questo meccanismo mette a rischio le altre funzioni. Ciò può portare a un aumento della pressione fiscale o a ridurre i servizi. L’accantonamento viene utilizzato per gli investimenti per l’anno successivo per chi è in pareggio: le Regioni che non sono in pareggio sono in difficoltà sulle spese già programmate e su altri investimenti.
Si chiede un tavolo sul tema del consolidamento del debito, sulle soluzioni strutturali sul tema del fondo anticipazioni di sostenibilità (che deve essere messo fuori dal tema del rimborso del debito e dell’accantonamento), un monitoraggio delle grandezze finanziarie delle singole regioni (per no mettere a rischio le funzioni svolte con il 20% del bilancio), aprendo un confronto di respiro pluriennale.
Sulla spesa di investimento serve una visione (ad esempio per finanziare la parte corrente degli investimenti Pnrr).
Ufficio Parlamentare di Bilancio, Cavallari:
Il quadro internazionale è ancora incerto. C’è un aumento dei rischi al ribasso sul 2024 e sul 2025. La ripresa post-Covid volge al termine. Questo riduce le prospettive di crescita per il 2024 al di sotto dell’1% (anche per il 2025 ci saranno dei ribassi). Tutto ciò poggia molto sulla domanda interna.
È importante che i progetti in esecuzione del Pnrr (che sono la maggioranza), accelerino. Sappiamo che i progetti piccoli e medi sono mediamente a buon punto, ma serve accelerare.
Si avvia con la manovra un processo di consolidamento per la finanza pubblica. La manovra ha come impieghi le misure su Irpef e cuneo fiscale (assieme valgono 18 mld), poi i rinnovi contrattuali del pubblico impiego (5 mld), il rifinanziamento del SSN (10 mld nel triennio), fondo aree svantaggiate (7 mld del triennio), ecc.
Sul piano delle coperture c’è una parte consistente di anticipi di imposte (es. sospensione deduzioni, cambiamento erogazione dei bolli) e vari definanziamenti (es. decontribuzione “sud”, misure di revisione della spesa).
È una manovra che ha come beneficiari netti le famiglie (circa 55 mld nel triennio), soprattutto per i dipendenti (vedi misure Irpef, taglio del cuneo fiscale, ecc). Ciò comporta che vi sia un aumento delle entrate sul consumo. Il lato imprese contribuisce al consolidamento della finanza (circa 13 mld nel biennio), poi saranno recuperati nel tempo.
Il percorso di consolidamento è avviato. Rimangono margini di miglioramento: es. coperture (oggi rappresentate da anticipi); nel complesso dei tagli, sostanzialmente lineari.
Per le imprese, le misure sono orientate a dare un contributo al risanamento della finanza pubblica (es. varie misure di anticipazione). Questo ha un effetto temporaneo. Nell’ambito di queste misure, alcune vanno in direzione più strutturale (es. misure sulla tracciabilità): sono importante perché aumentano la base imponibile favorendo l’emersione. Le misure a favore delle imprese sono: la conferma della deduzione maggiorata del costo del lavoro per le nuove assunzioni per due anni, e il fondo per le aree svantaggiate (che solo in parte compensa il definanziamento della decontribuzione “sud”).
Per le famiglie, l’accorpamento dell’Irpef (costa circa 5 mld) e il ridisegno del cuneo (assieme sono circa 18 mld) rappresentano in sostanza il cuore della manovra. Sul ridisegno del cuneo si tende a rendere minimi gli effetti rispetto ai beneficiari del 2024, nel senso che la misura di decontribuzione a carico del lavoratore dipendente viene sostituita da un bonus che in qualche modo mima gli effetti che aveva la misura nel 2024, ridisegnandola un po’. In sostanza si ripropone, in forma diversa la stessa misura del 2024, spostandola dalla previdenza alla fiscalità. Si cerca di rendere più vantaggioso il sistema per i dipendenti. Le aliquote medie diventano correlativamente più alte per il lavoro autonomo e per i pensionati. Da un lato aumenta la progressività, dall’altro comporta una difformità di trattamento tra dipendenti e autonomi.
Sulla sanità, da pag. 114 in poi della memoria si ricostruisce il finanziamento al servizio sanitario (valutando gli incrementi, con tassi di crescita annuali quasi sempre inferiori al Pil nominale) e l’andamento della spesa sanitaria programmata. Se si confrontano i tassi di crescita del finanziamento al SSN e quelli della spesa sanitaria, la distanza aumenta. Tale distanza potrebbe essere coperta da maggiori entrate degli Enti territoriali, ma potrebbe anche causare dei disavanzi per i SSR. C’è da porre l’attenzione su questo.
Sugli Enti territoriali, il grosso degli interventi riguarda il concorso alla finanza pubblica. La scelta è stata di legare il contributo ai saldi di bilanci. Il contributo è modulato in maniera più stringente: ciò significa che gli Enti territoriali dovranno appostare nei bilanci una posta che verrà utilizzata per anticipare il ripiano negli Enti in disavanzo ovvero per le spese di investimento negli anni successivi per gli Enti territoriali in avanzo. Ci sono, comunque, dei margini di flessibilità. Il contributo netto degli Enti territoriali va letto guardando al contributo richiesto per la finanza pubblica, ma anche rispetto alle variazioni dei trasferimenti: la tabella 4.27 nella memoria (pag. 133) ricostruisce questo effetto netto sia rispetto alla spesa corrente sia rispetto alla spesa capitale. Sul primo aspetto, l’effetto netto è nullo per Province e Città metropolitane, è sostanzialmente compensato per i Comuni ed è negativo per le Regioni. Sul secondo aspetto, l’ammontare dei tagli dell’intero comparto è pari a 9 mld, gli accantonamenti per le spese di investimento sono a circa 4 mld: dunque c’è una riduzione (pur non potendo capire su quali Enti graverà di più). Possono esserci criticità nella ripartizione di questi tagli. Va segnalato comunque il fondo di solidarietà comunale.
In conclusione: è positivo il consolidamento della finanza pubblica (anche in relazione al PSB). È importante mantenere il percorso nel tempo, sottolineando però che gli spazi di bilancio sono stati integralmente utilizzati e quindi per il futuro occorrerà trovare risorse strutturali per eventuali nuovi interventi. La strategia pluriennale di bilancio è auspicabile si rafforzi, anche nell’ottica di razionalizzare meglio i tagli, contribuendo coerentemente con la politica di bilancio a raggiungere gli obiettivi di riforma e di intervento (crescita, sostenibilità ambientale, aggressione del calo demografico).
Qui la memoria dell’UPB.