PREMESSA. Il 4 agosto 2021 la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha approvato la Relazione sull’evoluzione del fenomeno degli incendi negli impianti di gestione dei rifiuti, che trae spunto dall’analoga inchiesta condotta nella scorsa legislatura e approvata il 17 gennaio 2018

Capitolo 1 (le attività della Commissione). . Quest’ultima intendeva fornire un report organico e documentato a seguito di ripetuti incendi in impianti di trattamento di rifiuti: una ricognizione effettuata grazie alle informazioni delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente e delle procure della Repubblica territorialmente competenti. Sono stati inoltre effettuati dalla Commissione dei sopralluoghi negli impianti in cui si erano verificati incendi particolarmente significativi per circostanze o per impatto ambientale. Dall’analisi emergevano alcuni interessanti spunti:

  1. incremento degli incendi negli impianti nel corso del tempo;
  2. «inversione del flusso dei rifiuti verso il Nord Italia rispetto a storiche emergenze che hanno colpito in passato alcune regioni meridionali» (pag. 5);
  3. risposta giudiziaria disomogenea e poco incisiva (le procure non erano a conoscenza di tutti gli incendi e, in ogni caso, solo in pochissimi casi erano stati individuati i responsabili, mentre per la maggior parte degli eventi è prevalsa l’iscrizione a carico di ignoti, con successivo esito di archiviazione);
  4. emersione di fattori comuni negli impianti: fragilità in termini di sistemi di sorveglianza e controllo; sovraccarico di materia non gestibile (possibile causa di incendi “liberatori”).

La relazione oggetto di analisi prende dunque il via da queste constatazioni e, in generale, dal lavoro della precedente Commissione, con l’obiettivo di aggiornare i dati e analizzare alcune criticità connesse al tema della corretta chiusura del ciclo dei rifiuti in un’ottica più ampia: si tratta di «verificare quali siano le tipologie più significative di fatti rilevanti, quali le considerazioni di contesto, quali le più incisive e significative attività di prevenzione e contrasto» (pag. 6).

La Commissione ha quindi svolto audizioni e raccolto documenti; ha inoltre chiesto alle Agenzie regionali per l’ambiente informazioni complete sugli eventi incendiari verificatisi dopo il luglio 2017 e alle procure della Repubblica competenti notizie sui procedimenti precedenti e sulle vicende più recenti; non ha, infine, effettuato sopralluoghi a causa del periodo di emergenza epidemiologica.

 

Capitolo 2 (sviluppi giudiziari degli eventi esaminati nella scorsa legislatura). In questo capitolo vengono riportate le informazioni suddivise per Regione e Provincia circa i vecchi e nuovi procedimenti: si riprendono tutti gli episodi incendiari e si riportano le novità in termini investigativi e processuali. Emergono alcuni elementi comuni che è interessante rilevare (e che erano già stati in parte evidenziati dalla Relazione della precedente legislatura, cfr. supra, cap. 1):

  1. nella maggior parte dei casi, si parla di richiesta di archiviazione e «difficoltà di sviluppare efficaci indagini al fine di pervenire ad accertare le cause e i responsabili» (pag. 72);
  2. vi sono episodi incendiari di cui l’autorità giudiziaria viene a conoscenza solo grazie alla comunicazione della Commissione, ma ciò risulta utile per un approfondimento sulla gestione degli impianti che rivela altri illeciti;
  3. viene spesso ribadito che, in base agli accertamenti effettuati, non vi sono evidenze che gli incendi siano maturati nel contesto di un più ampio fenomeno criminale;
  4. in pochissimi casi vengono rinvenute prove di veri e propri traffici illeciti di rifiuti portati avanti da articolate organizzazioni criminali (cfr. in particolare pp. 12 e ss. per la procura della Repubblica di Milano e pp. 55 e ss. per la procura della Repubblica di Foggia);
  5. allo stesso modo, in rari casi emerge la responsabilità penale di specifici soggetti riconducibile a negligenza, imprudenza o imperizia, nonché alla violazione di norme poste a prevenzione degli incendi e tutela dell’ambiente (cfr. per esempio pp. 30 e ss. per la procura della Repubblica di Pistoia; pp. 49 e ss. per la procura della Repubblica di Nola).

La Commissione tiene a sottolineare che «la maggiore attenzione dedicata al fenomeno nel suo complesso, in epoca più recente […] ha fatto sì […] che siano state implementate attività di monitoraggio e controllo utili a fini di prevenzione di fatti illeciti; il che, insieme a taluni importanti risultati investigativi e processuali […] porta a ritenere conclusa la fase iniziale ed emergente del fenomeno, nei termini evidenziati nella XVII Legislatura» (pag. 72).

 

Capitolo 3 (il quadro degli eventi tra il 2017 e il 2019). La Commissione si concentra poi sugli eventi incendiari più recenti, avvenuti tra il 2017 e il 2019 e dunque non analizzati dalla precedente Relazione, formulando richieste a tutte le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente. A questo proposito, si «segnala quale esigenza primaria per un efficace contrasto al fenomeno la necessità di dati condivisi, all’interno del SNPA e nel rapporto con altri soggetti pubblici» (pag. 72, cfr. infra, cap. 6). L’esame delle informazioni sui casi di incendio è stato essenzialmente mirato a individuare elementi di regolarità e analogie nell’espressione del fenomeno per produrre statistiche descrittive anche al fine di offrire concreto supporto all’elaborazione di norme di contrasto.

Tra gennaio 2017 e ottobre 2019 si sono registrati un totale di 239 eventi incendiari in tutta Italia – con l’eccezione della Valle d’Aosta – e la Commissione ha deciso di suddividerli in categorie omogenee al loro interno per semplificare l’analisi rendendola, allo stesso tempo, più puntuale.

È da precisare che le informazioni trasmesse dalle ARPA sono limitate ai controlli da loro effettuati e non comprendono anche quelle relative alle responsabilità di controllo in capo agli enti amministrativamente competenti (spesso le Province). Dunque alcuni dati sfuggono al report e non sono possibili paragoni.

La Commissione, sulla base dei dati a sua disposizione, ha prodotto quattro tabelle riassuntive (inserite in appendice, cfr. infra) suddivise per Regione e Provincia che riguardano: eventi, tipologie, controlli (inteso come data dell’ultimo controllo prima dell’incendio e distanza temporale tra l’evento incendiario e l’ultimo controllo espletato), totale.

Vengono poi presentate alcune elaborazioni grafiche al fine di fornire schemi semplificati per la lettura dei dati.

Particolarmente rilevante è il dato circa l’evoluzione temporale del fenomeno, da cui si evince un picco di fenomeni incendiari nell’anno 2017, seguito da una lieve ma costante diminuzione: tale tendenza «si è confermata nel 2020, come risulta dal dato nazionale di 47 incendi fornito direttamente da SNPA nell’audizione del 7 aprile 2021» (pag. 77).

Altro dato interessante è rappresentato dalla lettura dei dati per aree geografiche. Si riporta solo una delle tante elaborazioni grafiche effettuate dalla Commissione (che ha cercato di rendere i dati il più omogenei possibili e ha effettuato diverse correzioni statistiche, cfr. p. 80 e ss.).

I dati suggeriscono una significativa alterazione della distribuzione territoriale degli incendi. Le cause ipotizzate sono:

  1. una modifica del flusso dei rifiuti (a condizione che si presupponga l’esistenza di un rapporto tra direzione dei flussi – legali o meno – e numero di eventi);
  2. un aumento delle difficoltà, nelle aree tradizionalmente meno colpite da problemi di smaltimento, nella gestione dei rifiuti (chiusura di canali di smaltimento in altre aree geografiche; produzione complessiva di rifiuti al Nord maggiore rispetto al resto d’Italia).

Vi è poi un interessante grafico suddiviso per Regioni che riporta il numero totale degli eventi incendiari:

La Commissione rileva che «al fine di permettere una lettura che prescinda dalla variabilità intrinseca delle caratteristiche delle diverse Regioni e Provincie Autonome, il quadro è stato espresso anche dopo normalizzazione per numero di abitanti» (pag. 83):

Vengono poi analizzati altri dati, soprattutto in relazione ai controlli effettuati negli impianti di gestione dei rifiuti. La Commissione, tuttavia, tiene a sottolineare «l’incompletezza dei dati raccolti e trasmessi dalle agenzie relativamente alla natura dei rifiuti combusti. Ciò limita la possibilità di ulteriore analisi» (pag. 93).

 

Capitolo 4 (eventi e criticità principali). Il quarto capitolo si concentra sull’analisi di alcuni casi particolarmente emblematici per criticità e, talvolta, connessioni con la criminalità organizzata in tema di incendi negli impianti di gestione dei rifiuti. Alcuni degli episodi ciati sono stati approfonditi nell’ambito di altre inchieste parlamentari focalizzate su specifiche realtà territoriali.

Il primo caso analizzato è relativo al distretto di corte di appello di Milano, teatro di diversi e significativi eventi incendiari. La Commissione ha dunque audito la procura della Repubblica di Milano, che ha innanzitutto messo in rilievo le iniziative di coordinamento assunte da più uffici giudiziari, ritenute indispensabili per la conduzione delle indagini e per scoprire se vi sia un’unica regia dietro a più eventi. La procura ha poi riferito di alcuni episodi di roghi particolarmente significativi perché hanno permesso di far emergere casi di traffico illeciti di rifiuti, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e, soprattutto, connessioni con la criminalità organizzata, in particolare con la ‘ndrangheta. La procura riferisce che siamo di fronte a due tipi di attività illecite:

  1. attività totalmente illecite, che rappresentano la gestione di rifiuti provenienti soprattutto dalla Campania, stoccati in capannoni e poi dati alle fiamme;
  2. attività di traffico illecito che coinvolgono società apparentemente autorizzate alla gestione e al trattamento dei rifiuti; l’interesse della criminalità organizzata è attualmente proprio nei confronti di quest’ultimo tipo di attività.

La procura di Milano riferisce anche di indagini in cui si registra un flusso “inverso” dei rifiuti «perché nelle indagini precedenti i rifiuti dalla Campania venivano trasportati in Lombardia, o comunque nelle regioni settentrionali, e poi smaltiti illecitamente […]. Invece, nel corso di questa indagine abbiamo potuto monitorare un’inversione di tendenza, cioè di rifiuti che formalmente dalla Campania salivano in Lombardia, ma di fatto dalla Campania venivano trasportati in Calabria e abbandonati in discariche abusive» (pag. 96).

L’attenzione della Commissione si sposta poi sull’analisi di quanto accaduto al TMB (Trattamento Meccanico Biologico) Salario di Roma, dove nel 2018 si è verificato un imponente incendio. Dopo le indagini, la procura ha presentato richiesta di archiviazione in quanto non sono emersi elementi idonei a consentire l’identificazione dei responsabili dell’incendio, anche se è ipotizzabile che abbia natura dolosa. Ciò che è certo è l’assoluta inadeguatezza dell’impianto antincendio, nonché il ritardo del personale di vigilanza ad accorgersi di quanto stava accadendo.

Nel settembre 2019, l’allora sindaca di Roma Capitale comunicava che il TMB Salario non sarebbe più tornato in funzione e dunque la regione Lazio aveva proceduto alla revoca di tutte le autorizzazioni. È stata dunque formulata una richiesta di audizione ad ARPA Lazio, che ha aggiornato la Commissione sullo stato di avanzamento dei lavori di smantellamento dell’impianto.

Il terzo caso analizzato è quello dell’incendio nell’impianto di trattamento dei rifiuti della Biondi Recuperi di Ponte San Giovanni, frazione di Perugia, verificatosi nel marzo 2019. Non vi sono ancora dati certi, in particolare sulla natura dolosa o meno dell’evento. Il legale rappresentante è stato deferito all’autorità giudiziaria per irregolarità ambientali: ciò a dimostrazione che, come si diceva precedentemente, spesso l’evento incendiario è occasione per scoprire altri illeciti.

Di particolare rilevanza è il quarto caso: la cosiddetta terra dei fuochi (tra le province di Napoli e Caserta), in cui si verificano da anni episodi di combustione illecita di rifiuti. È rilevante che, fino al 2013, tali eventi fossero ricompresi nell’ambito del divieto generale di smaltimento non autorizzato di rifiuti. Di fronte, tuttavia, alla specificità del fenomeno della terra dei fuochi, il legislatore è intervenuto introducendo due nuovi delitti: la combustione illecita di rifiuti e l’abbandono, il deposito incontrollato, la raccolta, il trasporto, la spedizione o comunque la gestione senza autorizzazione di rifiuti in funzione della successiva combustione illecita. La norma non si applica se il fatto costituisce più grave reato (delitto di incendio doloso). Si registra una diminuzione degli interventi di spegnimento di roghi di rifiuti da parte dei Vigili del fuoco: «secondo i dati forniti dal ministro dell’ambiente nel corso dell’audizione davanti alla Commissione del 29 maggio 2019 “nei comuni delle province di Napoli e Caserta […] da 3.984 interventi complessivi effettuati nel 2012 si è passati a 1.932 nel 2017” […] la Capo Dipartimento dei Vigili del fuoco […] ha riferito di un significativo decremento dei casi: 287 interventi nel 2018, 131 nel 2019, 89 nel 2020, 2 nei primi quattro mesi del 2021» (pp. 108-109). Va però rilevato che in una nota trasmessa dal Ministero dell’ambiente nel luglio 2020 viene invece segnalato un aumento degli eventi nel 2019: risulta dunque evidente la necessità di adottare un criterio omogeneo di acquisizione ed elaborazione dei dati (cfr. infra, cap. 6).

Il costante interesse per il contrasto ai roghi di rifiuti nella zona di Napoli e Caserta ha prodotto inoltre la nomina di due soggetti:

  1. incaricato per il contrasto al fenomeno: figura operativa con compiti di collegamento tra forze di polizia ed enti interessati, sia a fini preventivi sia a fini di intervento attivo; soggetto di raccordo tra le due prefetture (Napoli e Caserta);
  2. presidente dell’Unità di coordinamento: posizione di livello nazionale con obiettivi di definizione strategica, verifica di efficacia e allargamento dell’esperienza ad altri territori con la formulazione di proposte di razionalizzazione e semplificazione; gestisce il “Piano d’azione per il contrasto dei roghi di rifiuti” firmato nel 2018 da diversi ministri competenti (cfr. infra, 5) e dal presidente della Regione Campania. Il Piano individua gli ambiti di intervento di ciascuna amministrazione firmataria; la collaborazione è finalizzata alla prevenzione, al monitoraggio, al controllo e al risanamento ambientale del territorio, nonché alla tutela della salute e della sicurezza pubblica.

Un importante ruolo è qui svolto dall’Esercito, nell’ambito dell’Operazione strade sicure: «è proprio nell’esperienza “Terra dei Fuochi” che si vede come l’impiego della Forza Armata in concorso alle Forze di Polizia, risponde sempre ai valori della cooperazione interagency […]. Difatti, solo assicurando una costante integrazione e sinergia fra le capacità espresse sul terreno dal contingente Esercito e le diverse agenzie/attori civili e militari coinvolti, è possibile raggiungere i risultati prefissati in termini di sicurezza e tutela dell’ambiente, incrementando così, nella popolazione, la percezione di ambiente sicuro» (pag. 110).

Il Capo Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell’interno ha poi riferito un’iniziativa denominata “Action Days”, attiva da maggio 2020: si tratta di riunioni tecniche di coordinamento interprovinciale con cadenza settimanale, svolte al fine di monitorare l’andamento del fenomeno di abbandono e smaltimento illecito di rifiuti.

Il Ministero dell’ambiente conferma la diminuzione degli incendi nella zona di Napoli e Caserta, sottolineando però un’inversione di tendenza nel 2019 (cfr. supra), che vede invece un aumento del 31% di interventi di spegnimento di roghi rispetto al 2018. La spiegazione fornita dal Ministero è la seguente: «tale circostanza è stata determinata dalla numerosa incidenza nel 2019 di incendi di rifiuti di provenienza domestica, dovuta essenzialmente alle difficoltà che, in un contesto di fragilità del sistema del ciclo dei rifiuti, alcuni comuni hanno manifestato nell’ordinaria gestione della raccolta dei rifiuti urbani, nonché all’abbandono di rifiuti anche da parte di aziende o piccoli produttori che smaltiscono illecitamente i propri rifiuti» (pp. 113-114). Il Ministero sottolinea poi il potenziamento dei sistemi di controllo e la creazione di reti di cooperazione tra comuni per la realizzazione di iniziative di contrasto congiunte. D’aiuto sono state anche alcune operazioni dell’Esercito svolte con l’ausilio di velivoli e droni, nonché i gruppi tecnici avviati dalle prefetture della Regione per effettuare verifiche presso i siti di stoccaggio e trattamento rifiuti. Sono inoltre in previsione azioni finalizzate all’aggiornamento del censimento delle aree da indagare: è in fase di sottoscrizione un apposito protocollo tra vari soggetti coinvolti per sperimentare un modello virtuoso replicabile per il recupero e la valorizzazione della zona «mediante la prevenzione del rischio incendi, il potenziamento straordinario delle attività di raccolta, recupero e riciclo dei rifiuti, il rafforzamento del controllo del territorio e iniziative di formazione, informazione e cittadinanza attiva con il coinvolgimento dei comitati di cittadini sorti nel territorio e delle altre espressioni di volontariato della comunità locale» (pag. 116).

La Commissione, nel commentare la nota del Ministero dell’ambiente riportata integralmente, conclude affermando che «se la fase acuta del fenomeno può dirsi superata, le variazioni della portata dei successivi eventi sono state e saranno dipendenti dalla capacità dei soggetti pubblici competenti di agire con adeguate modalità preventive» (pag. 117), in particolare con la rimozione dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato.

La Commissione analizza poi un altro caso emblematico, Roma Capitale, e lo fa innanzitutto riportando quanto riferito dal prefetto competente. Il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti nella Città Metropolitana ha registrato un notevole aggravamento e in parte ciò si collega al servizio di raccolta “porta a porta” che, nella fase iniziale, si accompagna di frequente a un incremento di rifiuti abbandonati. Altro fattore da considerare è che, nell’area romana, il fenomeno è spesso connesso alla presenza di campi nomadi, dove vengono frequentemente segnalati anche dei roghi.

Il prefetto riferisce che il fenomeno dei cosiddetti “roghi tossici” «si presenta quale “punto terminale di una catena criminale”. Una catena che, a ben vedere, viene alimentata da singoli comportamenti illeciti provenienti dai soggetti più disparati: i singoli cittadini che abbandonano rifiuti ingombranti in strada, che vengono poi raccolti per recuperare le parti rivendibili ai rottamatori; i nomadi che effettuano il rovistaggio nei cassonetti o lo svuotamento di cantine per recuperare materiali da vendere nei mercatini dell’usato […], i lavoratori edili che effettuano lavori di ristrutturazione in nero e si disfano dei materiali di risulta abbandonandoli in strada o presso i campi nomadi […]; la grande distribuzione che anziché ritirare direttamente gli elettrodomestici sostituiti per destinarli al riciclo, incarica per tali operazioni soggetti privati che dopo averli privati delle parti “nobili” (serpentine di rame, cavi elettrici, ecc.), li abbandonano in strada» (pag. 120). Considerata la rilevanza del fenomeno, la prefettura ha promosso una serie di misure su diversi livelli: i tavoli tematici, la cabina di regia istituita dal Ministero dell’Ambiente con compiti di vigilanza e controllo, i servizi straordinari di controllo, le task force dedicate alle aree fluviali, le operazioni di sgombero, il presidio dei campi rom, il rafforzamento delle misure di videosorveglianza.

A seguito di indagini della procura della Repubblica di Roma, sono emersi casi di traffico illecito di rifiuti, che vedevano coinvolte persone di etnia rom e società formalmente autorizzate che, al termine del processo, “ripulivano” i rifiuti tramite il fuoco, con enormi conseguenze sulla salute pubblica e sull’ambiente. ARPA Lazio, alla luce delle numerose segnalazioni relative a combustioni di materie plastiche e rifiuti presso campi rom, ha attivato una serie di monitoraggi sperimentali. In particolare, è il campo di La Barbuta a registrare il maggior numero di roghi. Il Comune di Roma ha predisposto servizi di vigilanza misti (agenti della polizia locale e militari dell’Operazione strade sicure) e l’installazione di diverse telecamere.

Con uno sguardo più generale, la Commissione fa poi qualche considerazione sulla situazione nel territorio capitolino, riprendendo alcuni eventi di cui si è già parlato precedentemente (cfr. supra, TBM Salario) e citandone altri avvenuti tra il 2019 e il 2020. Si descrivono poi alcuni fenomeni di incendi di rifiuti abbandonati e di discariche abusive: «nel corso degli ultimi tre anni, si è assistito nell’area della città Metropolitana di Roma ad un fenomeno analogo a quello verificatosi in parte di territorio delle provincie di Caserta e Napoli, denominato “Terra dei fuochi”, cioè eventi incendiari che hanno riguardato sversamenti illeciti di grandi quantità di rifiuti in discariche abusive» (pag. 126). Risultano censite oltre 100 discariche abusive di varie dimensioni in tutto il territorio comunale e almeno 300 tonnellate di rifiuti ogni giorno vengono riversati in strada; sono forniti infine alcuni esempi di incendi in questo contesto.

La Commissione analizza poi il litorale laziale (da Roma Sud ad Aprilia, LT): riporta casi di incendi in impianti di gestione rifiuti in questa zona nel 2020 e le relative conseguenze sul piano ambientale. Ancora un volta, grazie ai roghi e alle indagini successive, vengono scoperti altri illeciti, come l’interramento abusivo dei rifiuti o difformità rispetto alla normativa.

La Commissione si focalizza infine sulle specificità del Veneto e della Lombardia «che costituiscono un paradigma di fenomeni illeciti ma anche di forme di risposta agli stessi» (pag. 138).

Il Veneto, come visto precedentemente (cfr. supra, cap. 3), non è un territorio particolarmente interessato da incendi negli impianti di gestione dei rifiuti. La Regione ha tuttavia delle peculiarità:

  1. inizio precoce del fenomeno rispetto ad altre zone d’Italia;
  2. esistenza di siti industriali dismessi potenzialmente utilizzabili in forma illecita come luoghi di abbandono di rifiuti o di creazione di depositi non autorizzati con possibile successivo innesco di incendi;
  3. assunzione da parte di soggetti pubblici qualificati di significative iniziative di prevenzione.

A proposito dell’ultimo punto è stata sentita ARPA Veneto, che ha sottolineato che la Regione nel 2018 ha costituito quattro gruppi di lavoro finalizzati alla definizione delle linee guida da applicare in caso di incidenti con rilevanza ambientale. Ogni gruppo ha un compito diverso e di particolare rilevanza è il primo gruppo, che si occupa delle linee guida tecniche di prevenzione degli eventi emergenziali presso gli impianti di trattamento rifiuti. ARPA Veneto effettua sopralluoghi e poi applica a ogni impianto un indice numerico. Per quanto riguarda i sopralluoghi, le criticità segnalate riguardano principalmente la scarsa efficienza dei sistemi antincendio, antintrusione e di rilevazione di fumo, nonché l’esistenza di piani di emergenza poco rappresentativi a causa di carenze nell’analisi del rischio. Per quanto riguarda l’indice, esso consiste in un sistema di valutazione della sicurezza dell’impianto con l’attribuzione di punteggi basati su diversi criteri. Si ottiene così un numero finale, che rappresenta un’ipotesi di indice di rischio.

Anche la Lombardia si distingue per le attività di tipo preventivo. ARPA Lombardia si è dotata di alcuni strumenti per affrontare le situazioni di emergenza: un protocollo sulle modalità di coordinamento tra i soggetti coinvolti e un documento tecnico («questi due documenti formalizzano delle “buone pratiche” esportabili», pag. 143).

Altro aspetto da rilevare è l’utilizzo della tecnologia per la sorveglianza e nella fase ispettiva degli impianti. La Lombardia, dal 2004, si è dotata attraverso ARPA dell’Osservatorio sovraregionale rifiuti (ORSO), poi implementato in altre 17 Regioni, al fine di «consentire ai gestori degli impianti di inserire via web tutte le informazioni ritenute necessarie, e anche ai comuni di inserire tutti i dati sulla produzione e gestione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani» (pag. 145). Se ne serve il 63% dei comuni e circa 6.500 impianti inseriscono dati in ORSO. Altro sistema di controllo è costituito dalla rete SME (Sistema di monitoraggio delle emissioni in continuo) a cui sono collegati gli impianti più rilevanti dal punto di vista emissivo. Lo stimolo all’utilizzo di nuove tecnologie è nato proprio in seguito al fenomeno degli incendi in impianti di rifiuti, a partire da un’analisi retrospettiva dei casi usando strumenti come Google Earth. ARPA Lombardia ha sviluppato un progetto che prevede una mappatura periodica del territorio per mettere in evidenza i casi di non conformità. L’obiettivo è anche sviluppare una strategia di controllo su casi identificati a priori: la strategia parte «dai dati aziendali, unitamente ai dati derivanti dalle osservazioni da satellite e da aereo, la valutazione delle informazioni disponibili, e la valutazione insieme alle autorità competenti dei siti ritenuti critici, per poi stilare un elenco di siti critici da controllare anche con strumenti evoluti quali i droni» (pag. 146). I droni permettono di esaminare grandi superfici in poco tempo, ma allo stesso tempo non hanno alcuna utilità in case di rifiuti non stoccati in aree esterne e permane il problema dell’aggiornamento delle immagini di Google Earth, nonché dei fattori meteorologici. Secondo gli auditi, in ogni caso, «l’approccio seguito può essere impiegato in modo estensivo […], i droni possono divenire un normale strumento di lavoro […]. I progetti e le attività di ARPA Lombardia sono significativi per gli aspetti di integrazione tra più soggetti e di uso di nuove tecnologie. A queste linee di progresso va associata la consapevolezza politica della rilevanza del fenomeno da prevenire, e prima ancora da conoscere» (pag. 147).

 

Capitolo 5 (le attività di prevenzione e controllo). La Commissione tiene a sottolineare l’importanza delle attività di prevenzione e controllo nell’ambito degli incendi in impianti di gestione dei rifiuti e ne dà conto con riferimento ai diversi soggetti:

  1. Ministero dell’ambiente e Ministero della transizione ecologica

Il Ministero dell’ambiente ha lavorato insieme al Ministero dell’interno per la pubblicazione delle “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi” nel 2018 e si è impegnato per la costituzione di un gruppo di lavoro per elaborare una norma tecnica di prevenzione degli incendi.

Dal 2018 è in vigore l’obbligo per i gestori degli impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti di predisporre un piano di emergenza interno allo scopo di prevenire, limitare e controllare possibili fenomeni incendiari, nonché di tutelare la salute umana e ambientale. A questo si aggiunge un piano di emergenza esterno, elaborato dal prefetto di intesa con le Regioni e gli enti locali interessati, al fine di minimizzare gli effetti in caso di incendio attraverso specifiche forme di cooperazione.

Il Ministero dell’ambiente rileva poi che «l’elevato impegno di risorse richiesto da un incendio presso impianti di gestione e trattamento di rifiuti […], è tale da suggerire o imporre un investimento adeguato nella prevenzione, che sicuramente corrisponde a un interesse non solo di tutela ambientale ma anche di migliore gestione delle risorse pubbliche» (pag. 149). Per questo sono state di recente adottate nuove linee guida (con il coinvolgimento delle amministrazioni regionali e delle agenzie ambientali maggiormente interessate) che aggiornano le precedenti e insistono in particolar modo sulle misure di prevenzione, nonché su alcuni percorsi per la gestione delle situazioni critiche.   Decisiva in campo preventivo è anche la conoscenza della situazione degli impianti: per questo, insieme al Ministero dell’interno, il Ministero dell’ambiente vuole effettuare una ricognizione dei siti di trattamento rifiuti.

Il Ministero della transizione ecologica, dal canto suo, svolge funzioni di vigilanza sulla gestione dei rifiuti e sugli incendi tramite l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. I roghi negli impianti di gestione dei rifiuti sono oggetto di attenzione anche da parte del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA), che ha effettuato, tra il 2019 e il 2020, 350 controlli: il 42% degli impianti sono risultati conformi, mentre nel resto dei casi sono state riscontrate situazioni di non conformità di tipo amministrativo, anche di rilevanza penale. Anche in questo caso, la finalità è principalmente di tipo preventivo. Il Ministero della transizione ecologica ha poi riassunto gli adempimenti a suo carico previsti dalla normativa, tra cui l’adozione del decreto del Presidente del Consiglio sui livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (LEPTA).

  1. Ministero dell’interno, Vigili del fuoco

Nel 2017, su circa 300.000 interventi per incendi o esplosioni da parte dei Vigili del fuoco, 23.000 hanno coinvolto sostanze classificate come rifiuti (circa l’8%). Come già ricordato sopra, il Ministero dell’interno è coinvolto – in sinergia con il Ministero dell’ambiente – nella redazione delle Linee guida per il contrasto ai roghi di rifiuti e nella costituzione dei gruppi di lavoro per la messa a punto di attività di prevenzione e contrasto degli incendi, in ragione della tipologia degli impianti, della natura e della quantità di rifiuti coinvolti.

Il Capo Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell’interno ha riferito poi sulle attività di prevenzione svolte. Si parla della partecipazione all’Unità di coordinamento (cfr. supra, cap. 4), alla redazione del piano di emergenza esterno e ai sopralluoghi (cfr. supra). Il supporto del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco riguarda anche le attività di monitoraggio, restituzione cartografica, analisi statistica e reportistica. Il Dipartimento offre inoltre supporto tecnico alle prefetture mediante la costituzione di un gruppo di lavoro di cui fanno parte anche rappresentanti delle prefetture di Milano, Caserta e Bari.

I Vigili del fuoco confermano la diminuzione dei roghi di rifiuti: ponendo a confronto il medesimo periodo, nel 2020 vi sono stati 2821 interventi, a fronte dei 1893 nel 2021. È comunque da segnalare che «a fronte di una significativa riduzione di circa il 40 per cento nel Lazio, in Campania, in Puglia e in Piemonte, si registra in controtendenza un leggero aumento in Calabria e in Sicilia». È inoltre significativo che «l’insieme dei dati relativi agli interventi dei Vigili del fuoco su depositi ed impianti di rifiuti, per il periodo 2018 – aprile 2021, suddivisa per regione, evidenzia “la prevalenza di eventi in Lombardia (circa 650), in Campania (509), in Puglia (233), poi sempre diminuendo in Piemonte (226), Lazio (204), Sicilia (196) e Calabria (176)» (pag. 157). Le Regioni più interessate dal fenomeno (Lombardia e Campania) mostrano una tendenza in diminuzione. L’attenzione rimane comunque massima, soprattutto in considerazione del periodo di emergenza sanitaria che potrebbe «determinare condizioni favorevoli per l’espansione di interessi illeciti e segnatamente della criminalità organizzata considerato che talora i roghi diventano il modo concreto e più economico per assicurare lo smaltimento o per cancellare tracce di depositi illeciti di rifiuti» (pag. 158).

Infine, si segnala l’iniziativa del Dipartimento e dell’ISPRA avviata nell’aprile 2021 per una collaborazione interistituzionale in tema di rifiuti orientata alla condivisione delle informazioni, alla realizzazione di nuove banche dati e alla definizione di un programma di formazione sulla comunicazione di emergenza.

  1. Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo

La DNAA segnala che sono stati individuati sessanta soggetti giuridici sui quali appuntare l’attenzione: si tratta di soggetti che hanno subito almeno un incendio e hanno un riscontro positivo in base dati Sidna o per la denominazione della società o per gli amministratori/soci. È stato poi condotto un lavoro di approfondimento sui rifiuti diretti in Cina.

  1. Comando Unità forestali, ambientali e agroalimentari dei Carabinieri

A seguito degli approfondimenti della Commissione, i Carabinieri hanno intensificato le attività di controllo degli impianti di gestione dei rifiuti. Le attività condotte hanno permesso di capire che i fenomeni incendiari sono da intendersi «più che nell’ambito di dinamiche riconducibili alla criminalità organizzata di stampo mafioso, quali spia della sussistenza, a monte, di importanti traffici illeciti di rifiuti» (pag. 160). La gestione del traffico di rifiuti non è infatti appannaggio esclusivo della criminalità organizzata di tipo mafioso, ma anche interesse di vari gruppi imprenditoriali, che acquisiscono ingenti quantitativi di rifiuti – ignorando scientemente le previsioni normative –, omettono di sottoporli ai necessari trattamenti e li spediscono allo smaltimento e/o al riciclo assegnando codici CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti) fasulli, con la nota tecnica del girobolla. I materiali giacenti vengono poi eliminati tramite il fuoco per tagliare gli oneri di bonifica ed evitare i controlli delle autorità.

Altro scenario è quello di soggetti spregiudicati che, per far perdere la tracciabilità dei rifiuti, stipano tonnellate di materiali all’interno di capannoni industriali in disuso. Questa tecnica vede il coinvolgimento di imprenditori titolari di impianti autorizzati, che acquisiscono le commesse sui rifiuti per poi smaltirli abusivamente in capannoni, dislocati principalmente in Piemonte, Lombardia e Veneto. «Tali siti (di fatto delle discariche abusive) diventano così delle vere e proprie bombe ecologiche, i cui futuri costi di smaltimento ricadono interamente sulla collettività» (pag. 161).

Interessanti sono anche i casi di incendi motivati dall’intento di agevolare o mantenere la situazione di emergenza, che “obbliga” le pubbliche amministrazioni agli affidamenti diretti, senza procedere dunque a gare d’appalto.

  1. Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente

È il first responder sui temi oggetto della presente relazione, sia per gli aspetti di prevenzione e controllo, sia per quelli di accertamento e tutela dell’ambiente conseguenti agli eventi.

Secondo il presidente di ISPRA e SNPA, «non è possibile una vera e propria “strategia nazionale integrata” per il fenomeno degli incendi» (pag. 162), perché mancano alcuni decreti attuativi e soprattutto non sono chiare le competenze del SNPA e quelle delle Province: in questo modo non è possibile programmare adeguatamente ispezioni e controlli. Si è parlato dei 350 controlli effettuati da SNPA; ne sono previsti altri, per cui è stata garantita omogeneità grazie all’adozione di apposite linee guida.

Il presidente del SNPA ha voluto sottolineare che, in riferimento ai dati sopra riportati (cfr. supra, cap. 2), le «Regioni dove si sono presentati il maggior numero di incendi dipendono anche dal fatto che sono le Regioni dove sono presenti il maggior numero di impianti» (pag. 164) e che, in ogni caso, è assolutamente necessaria una rilevazione e analisi dei dati comune a tutti i soggetti pubblici coinvolti. Si ricorda, infine, l’importanza delle azioni di tipo preventivo e della collaborazione con le forze di polizia: «l’idea di fondo è di sviluppare maggiori sinergie tra le forze che si occupano di controlli preventivi, come le agenzie, e le polizie giudiziarie che intervengono a valle su notizie di reato; e di sviluppare attività di intelligence, per garantire controlli più mirati; l’integrazione con l’uso di nuove tecnologie può fornire risposte più efficaci» (pag. 166).

 

Conclusioni. La presente Relazione restituisce un quadro complessivo non dissimile da quello della precedente inchiesta. Si sottolinea nuovamente che, in molti casi, l’evento incendiario è stato occasione per approfondire e scoprire ulteriori illeciti nella gestione degli impianti. Da rilevare è anche la maggiore attenzione degli enti incaricati a vario titolo dei controlli e dunque l’aumento delle attività di monitoraggio.

Un elemento di criticità emerso nel corso dell’inchiesta riguarda la gestione dei dati: «il fenomeno degli incendi negli impianti di trattamento di rifiuti (o comunque riguardanti rifiuti) è computato da più soggetti pubblici con modalità diverse, produce basi di dati differenti e non omogenee, e dunque non è possibile la restituzione di un quadro affidabile» (pag. 167). Le interpretazioni risultano, così, distorte in termini statistici, anche a causa della disomogenea distribuzione degli impianti sul territorio nazionale, con carenze strutturali in alcune Regioni. Secondo la Commissione, in definitiva, «siamo in presenza di incompletezza, mancato aggiornamento, difficoltà di uso ed estrazione dei dati, complessiva frammentazione di competenze» (pag. 168).

La Commissione fornisce poi un altro spunto di riflessione: le analisi dovrebbero essere condotte considerando l’intero ciclo dei rifiuti e non solo gli impianti di trattamento. Infatti, i siti abusivi e l’abbandono dei rifiuti sono spesso derivanti da attività produttive “in nero” o da attività illecite nella gestione aziendale dei rifiuti.

Le informazioni provenienti dalle autorità non riconducono gli incendi a organizzazioni criminali, ma parlano di un fenomeno non unitario dal punto di vista degli autori. È, in ogni caso, meritevole di attenzione preventiva, in quanto trasversale rispetto a una serie di temi che riguardano la corretta chiusura del ciclo dei rifiuti, le sue debolezze e la possibilità per le organizzazioni criminali organizzate di sfruttare tali debolezze.

La presente Relazione si è concentrata su eventi avvenuti in impianti di trattamento o deposito di rifiuti, ma non vanno trascurati casi diversi come i roghi, sempre più frequenti al Sud, che potrebbero essere legati all’esigenza di creare artificiosamente terreni non coltivabili per destinarli alla realizzazione di impianti per energie rinnovabili; il fenomeno merita attenzione perché potrebbe essere coinvolta anche la criminalità organizzata.

La Commissione rileva poi la necessità che i Comuni siano sostenuti – normativamente ed economicamente – nelle attività di rimozione immediata dei rifiuti abbandonati e nelle attività di bonifica.

Infine, rimane da considerare che la distorsione del ciclo dei rifiuti, precondizione per fenomeni incendiari, è correlata all’insufficienza di filiere economicamente virtuose per la valorizzazione della materia: «una produzione di rifiuti che eccede la capacità di gestione della filiera del recupero, del riciclo e anche quella di un corretto ciclo dei rifiuti, che vede penalizzati anche materiali riciclabili, ma non solo, quali carta, cartoni e le plastiche, impone di approntare adeguate strategie atte alla riduzione della produzione di alcuni materiali» (pag. 170).

La Relazione si conclude con delle tabelle che riportano tutti gli eventi incendiari a partire dalla metà del 2017, suddivisi per Regione, tipologia, data dell’ultimo controllo effettuato.

 

(a cura di Sara Noto, Master APC dell’Università di Pisa)