PREMESSA. La Commissione d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha dedicato la seduta del 30 gennaio 2019 all’audizione del Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone. Oggetto di questa audizione sono state le verifiche compiute dall’ANAC sulle gare per l’assegnazione di appalti di servizi nell’ambito del ciclo dei rifiuti e delle bonifiche in Italia. Di seguito si dà sinteticamente conto delle principali criticità emerse (video completo dell’audizione).

LE INFILTRAZIONI DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA NEL CICLO DEI RIFIUTI. Si tratta di una problematica divenuta ormai “quasi una costante”, e che non riguarda più solo le regioni dell’Italia meridionale (come dimostra il caso di un’azienda umbra colpita da interdittiva antimafia). La rilevanza della questione è dimostrata dal fatto che in molti casi lo strumento dell’interdittiva non è riuscito a far sostituire davvero le imprese. Questo dipende, come sottolinea il Presidente dell’Autorità, “dalla difficoltà di far partire appalti realmente competitivi, realmente trasparenti e realmente in grado di individuare operatori che abbiano le caratteristiche fin dall’inizio di potersi occupare del servizio”. Nel corso del dibattito, si è discusso anche della norma entrata in vigore con l’ultima legge di bilancio (L. 145/2018), che prevede l’aumento della soglia sotto la quale possono essere affidati senza gara gli appalti di lavori e di servizi. Ciò, rileva la deputata Braga, “oltre a sottrarre uno spazio di concorrenza […] toglie anche un’importante verifica della normativa antimafia”. Per questo, sottolinea Cantone, si tratta di una scelta pericolosa sul piano delle conseguenze, sul piano della trasparenza, e anche dei rischi di corruzione”. Lo stesso Cantone, tuttavia, sottolinea che tale norma ha durata transitoria (di un solo anno), e dunque auspica che “ci siano le condizioni per un monitoraggio” circa la sua efficacia ed efficienza.

CRITICITÀ DEL SISTEMA DEGLI APPALTI. In relazione alle attività di vigilanza ordinaria e collaborativa sugli appalti, il Presidente dell’Anac ha evidenziato le numerose criticità riscontrate, che riguardano tutte le fasi delle procedure di affidamento degli appalti, a partire da quella di programmazione fino alla fase di esecuzione. In estrema sintesi, la situazione – che riguarda tutto il territorio nazionale, senza grosse differenze territoriali – è caratterizzata da:

  • una violazione sistematica delle regole del codice degli appalti, situazione che ha portato al commissariamento di numerose aziende che hanno commesso illeciti;
  • un significativo utilizzo indebito nel meccanismo della proroga tecnica, che di fatto consolida gli operatori e impedisce l’ingresso di nuove ditte e di nuovi soggetti;
  • un utilizzo di ordinanze contingibili e urgenti in numero molto significativo, ordinanze che poi rappresentano esse stesse la base di proroghe, malgrado le ordinanze per loro natura non dovrebbero essere prorogate;
  • e dalla difficoltà significativa in materia di esecuzione, spesso con l’utilizzo di meccanismi di fatto di varianti che incidono moltissimo sui costi.

IPOTESI DI RIFORMA. Il sistema di regole frammentario che caratterizza gli appalti negli ambiti della raccolta, del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti richiederebbe, secondo il Presidente dell’Anac, di “ripensare totalmente al sistema della gestione degli appalti. Sugli ARO (Ambiti di Raccolta Ottimale) e ATO (Ambito Territoriale Ottimale), Cantone dichiara di essere dubbioso sul fatto che tali sistemi rappresentino ancora la scelta corretta, per due principali motivazioni: la prima risiede nella “difficoltà reale di individuare un’unica struttura provinciale o interprovinciale”, come nel caso della regione Toscana, dove gli ATO individuano tre province (l’ATO Toscana Sud è Grosseto, Arezzo e Siena, un territorio grande quanto molte regioni del Paese); la seconda, invece, risiede nel fatto che spesso accade che i singoli Comuni che fanno parte di un ATO o di un ARO abbiano esigenze e richieste completamente diverse una dall’altra, e questo rende “ai limiti dell’impossibile” la costruzione di un appalto unico per un intero ATO o ARO. Secondo il Presidente dell’Autorità, una soluzione potrebbe essere quella di “consentire il ritorno al mantenimento della struttura comunale”, laddove gli ATO e gli ARO non sono stati costituiti, eventualmente utilizzando il sistema delle stazioni uniche appaltanti”. Inoltre, al fine di impedire cartelli e l’abuso del meccanismo delle proroghe (come nel caso dell’Emilia-Romagna), si propone la costituzione di lotti. Infatti, come sottolineato dallo stesso Cantone, l’eventualità che vengano fatti appalti medio-piccoli piuttosto che grandi aprirebbe molto di più alla concorrenza.

I CRITERI AMBIENTALI MINIMI (CAM). Una parte significativa dell’audizione è stata infine dedicata ai problemi applicativi dei Criteri Ambientali Minimi (CAM), argomento che prevede la necessità che nelle commesse vengano rispettati alcuni criteri ambientali di base al fine di valorizzare la qualità ambientale. Si tratta dunque di una “norma di civiltà”, ma che all’attuazione pratica si traduce – come dichiara Cantone – “in nulla di fatto” perché tali standard impongono oneri troppo complessi che i singoli soggetti non sono ancora in grado di sostenere. Per queste motivazioni, si è sottolineata la necessità di mettere in condizione soprattutto gli Enti locali (che hanno una burocrazia lenta e non in grado di funzionare a dovere) di attuare i CAM. Per risolvere questa problematica, l’Anac sta lavorando assieme al Ministero dell’Ambiente alla redazione di alcune linee guida finalizzate a fornire indicazioni su come le amministrazioni possono utilizzare i criteri ambientali minimi. Il Presidente dell’Autorità, in questa sede, ha sottolineato che “molto utile per le stazioni appaltanti potrebbe essere la pubblicazione di un bando tipo nel quale vengono inserite le indicazioni su come strutturare un bando per la gestione dei rifiuti”.

 

(a cura di Sara Giovannelli, studentessa del Master APC dell’Università di Pisa)