Premessa. Nell’ambito dei lavori della Commissione Parlamentare Antimafia della XVIII legislatura ha trovato spazio anche un approfondimento tematico relativo alle attività di tutela delle vittime di estorsione e di usura, con particolare focus rispetto alla verifica dell’adeguatezza delle norme vigenti in materia.

 

Il contesto. Un ampio spazio del lavoro di questo Comitato viene dedicato, in primo luogo, alla ricostruzione delle dimensioni del fenomeno, che appare particolarmente condizionato dal contesto di crisi connesso alla pandemia e alla guerra, e che in realtà era già stato messo alla prova dalla precedente recessione del 2012-2013.

I dati sulla povertà nel nostro Paese (7,5% di famiglie in condizioni di povertà assoluta e 11,1% nella fascia di povertà relativa, ISTAT 2021) e quelli sulle imprese a rischio usura (145.000 in tutto il Paese, particolarmente concentrate nelle grandi città e al Sud, Centrale dei rischi-Banca d’Italia) contribuiscono, secondo la Relazione, a determinare le condizioni ideali per la criminalità organizzata, interessata ad investire capitali illeciti e ad infiltrare l’economia sana.

L’usura si conferma, in particolare, un fenomeno tipicamente metropolitano e la Relazione ne tratteggia la complessità: è fuorviante, ad esempio, immaginare che le figure chiave restino i cd. “cravattari” di quartiere, pur tutt’ora presenti, ma sostituiti progressivamente dagli esponenti dei clan mafiosi.

Del resto, anche il profilo delle vittime di usura si è purtroppo ampliato, con un bacino potenzialmente più vasto costituito dai cd. nuovi poveri generati dalla crisi economica: piccoli artigiani, ditte individuali, imprese familiari, semplici famiglie, e poi i cd. poveri in giacca e cravatta, ossia impiegati, liberi professionisti, addetti all’edilizia e pensionati che percepiscono redditi troppo bassi.

Significativamente, il Comitato evidenzia come l’usura sia stato l’unico reato contro il patrimonio (oltre alle frodi informatiche) i cui tassi di denuncia nel 2020 sono aumentati.

Le procedure e il quadro normativo. Per comprendere i limiti del sistema attuale di tutela delle vittime di usura, la Relazione fornisce, anzitutto, un quadro delle procedure che si attivano in presenza di una crisi di impresa che determina una situazione di insolvenza.

In particolare, la registrazione del soggetto insolvente alla Centrale dei Rischi presso Banca d’Italia ha l’effetto pratico di impedire, di fatto, l’accesso per l’impresa al credito bancario, stimolando nell’insolvente il ricorso a canali alternativi di indebitamento.

Si avvia così, secondo il Comitato, l’approccio con le reti degli usurari, quindi l’inevitabile difficoltà a restituire il debito con gli interessi richiesti e, infine, la progressiva dismissione dei beni aziendali e personali con la definitiva chiusura dell’azienda. Si tratta, in altri termini, “di una spirale di eventi che pone la criminalità organizzata nelle condizioni ottimali per infiltrare il tessuto socio-economico del nostro Paese”.

Da qui la proposta di intervenire sull’art. 15 della Legge 7 Marzo 1996, n. 108, al fine di anticipare l’operatività del “Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura” visto che, ad oggi, con la segnalazione alla Centrale dei rischi, molti dei tentativi di risoluzione risultano già preclusi.

La Relazione sottolinea, inoltre, che il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza dovrebbe anche prevedere un fondo statale di garanzia che vada ad affrontare e risolvere le situazioni di crisi. Senza questo strumento il negoziatore della crisi non può fare altro che procedere alla liquidazione del patrimonio dell’azienda.

Tra gli altri capisaldi normativi, la Relazione espone, inoltre, la legge 23 febbraio 1999, n. 44 e la legge 27 gennaio 2012, n. 3 (“disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento”).

 

Estorsione, usura e criminalità organizzata. Il Comitato individua estorsione ed usura quali reati “sentinella” della presenza della criminalità organizzata e del controllo mafioso sul territorio.

In particolare, per l’usura si deve evidenziare “una sorta di inversione nella lettura degli indici di pericolosità: minori sono le denunce e maggiore è la sua pervasività nell’economia”. Questa specificità è dovuta alla natura stessa del reato che si caratterizza per un “incontro di volontà composto da una richiesta di finanziamento, da un lato, e una offerta di finanziamento, dall’altro”. Una struttura sinallagmatica, che contribuisce a spiegare lo scarso tasso di emersione e la circostanza che le poche denunce effettuate sono quasi sempre legate allo svolgimento di indagini per altri reati.

Tra gli altri fattori che vengono citati anche alcune componenti psicologiche, come paura e vergogna della vittima, oltre alla diffidenza verso l’effettività del supporto statale, e una valutazione costi-benefici della denuncia spesso propendente verso i primi (tra il timore di ulteriori episodi ritorsivi e le difficoltà di sopravvivenza dell’azienda).

Individuata nella cd. “trappola della mancata denuncia” una delle principali criticità, secondo il Comitato servirebbe in primo luogo una maggiore efficienza del circuito denuncia-istanza-ristoro dal Fondo di solidarietà (ex art. 14 della Legge 7 Marzo 1996, n. 108), investendo sulla divulgazione delle potenzialità degli strumenti attuali, rendendo automatica l’istanza di accesso al Fondo con la denuncia e potenziando il sistema di rete di tutti gli attori che intervengono nel sistema di prevenzione e contrasto.

Le modalità dei reati usurai compiuti dalle organizzazioni criminali si caratterizzano, inoltre, anche per altri elementi che la Relazione elenca puntualmente:

  • in un numero statisticamente significativo di casi si osserva una condotta caratterizzata da violenza e minaccia (si noti che la fattispecie penale del reato di usura non prevede queste modalità nella condotta tipica);
  • la centralità del bene dato in garanzia (immobile o azienda);
  • l’interesse di fondo dei clan, che risiede nell’impossessamento di tali beni e nell’attività di riciclaggio;
  • in alcuni casi, l’interesse dell’usuraio a tenere il debitore in una posizione di soggezione, in modo da servirsene per i suoi scopi al momento opportuno.

Le proposte. Il Comitato individua, dunque, una serie di proposte. Tra queste:

  • Superare l’esclusione delle famiglie dall’accesso al Fondo di solidarietà;
  • Riformulare l’articolo 14 della Legge 7 Marzo 1996, n. 108 prevedendo il parziale svincolo dell’iter amministrativo per la concessione ed elargizione del mutuo gratuito dalle vicende giudiziarie penali;
  • Prevedere un’adeguata informazione sugli strumenti di prevenzione da attivare per evitare il ricorso al prestito usurario;
  • Prevedere strumenti realmente efficaci per consentire ai soggetti che sono in una condizione di sovraindebitamento di poter accedere a forme anche solo di garanzia statale tali da consentire alle imprese di non essere espulse dal circuito legale del credito;
  • Individuare una tutela personale della vittima, compreso un supporto psicologico e un accompagnamento e tutoraggio nella fase di accesso ai fondi antiusura e antiracket;
  • Incentivare la presenza di associazioni sul territorio che non gestiscano direttamente fondi di prevenzione ma che si impegnino a sensibilizzare l’opinione pubblica alla denuncia e che accompagnino la vittima in tutto il percorso di accesso ai relativi fondi;
  • Istituire una sezione specializzata sui crimini contro l’economia presso le Procure circondariali;
  • Attuare una maggiore collaborazione tra Prefetture ed Associazioni e un miglior dialogo tra le prime e le vittime;
  • Accelerare le istruttorie delle istanze di accesso al Fondo di solidarietà, oggi definite in tempi non compatibili con la vita dell’impresa;
  • Investire maggiormente sullo strumento dei “confidi”;
  • Assicurare un monitoraggio costante sull’attività delle associazioni antiusura e antiracket