Premessa. La Commissione di inchiesta ha ascoltato il 7 marzo 2017 (seduta in parte segretata) il Prefetto Franco Gabrielli, Capo della Polizia, Direttore generale della pubblica sicurezza, il quale, dopo aver fornito un quadro dettagliato sulle più recenti tendenze dei flussi migratori (si registra in particolare una crescita dei migranti provenienti da alcuni Paesi africani soprattutto per motivi economici e non legati a persecuzione politica), sulla lotta al traffico di esseri umani organizzato da diversi gruppi criminali e alle operazioni di controllo delle frontiere, ha incentrato il suo intervento sull’evoluzione in atto del sistema di accoglienza, anche alla luce delle misure previste dal decreto legge n. 17 del 2017. Qui di seguito sono sintetizzati gli aspetti più rilevanti dell’audizione.

L’approccio hotspot. Nell’ambito del sistema di accoglienza, fondato sugli obiettivi di una più efficace gestione delle frontiere, del contrasto dell’immigrazione irregolare e della protezione dei migranti che chiedono asilo, un ruolo essenziale è svolto dall’”approccio hotspot”, incentrato sull’individuazione di punti di crisi dove è più forte la pressione migratoria, dove si svolgono le operazioni di soccorso sanitario e di identificazione: attualmente si tratta di quattro hotspot (Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto), cui se ne aggiungeranno presto altri due (presumibilmente Messina e Mineo), per una capienza complessiva di 1.600 posti. Tali centri risultano pienamente legittimati dall’ordinamento internazionale e nazionale.

Le nuove procedure operative standard. Le linee guida in vigore da oltre un anno prevedono il pieno coinvolgimento degli organismi europei e internazionali (Frontex, Europol, EASO, UNHCR e OIM), anche a garanzia dei diritti dei migranti, cui vengono fornite tutte le informazioni sul diritto di asilo e sui programmi di relocation. Giudica infondate le critiche sia per quanto riguarda l’identificazione (ad esempio per l’uso del questionario, che serve solo ad uno screening preliminare, ma non precostituisce posizioni giuridiche né impedisce al migrante di avanzare successivamente richiesta di protezione internazionale sulla base di altri elementi) sia sul rilevamento delle impronte digitali e al fotosegnalamento (che sono adempimenti obbligatori, che adesso vengono peraltro realizzati nella stragrande maggioranza dei casi). In ogni caso, risulta essenziale proseguire la ricerca di intese sempre più strette da parte della Comunità europea con i Paesi di immigrazione e attivare forme ampie di collaborazione tra gli organi di polizia.

Minori stranieri non accompagnati. Durante il 2016, i minori sbarcati sulle nostre coste sono stati 28.223, di cui il 91 per cento non sono accompagnati da familiari adulti. Per i minori sono previste una serie di misure specifiche di assistenza che vedono il coinvolgimento delle diverse Amministrazioni e di soggetti del volontariato. Sottolinea anche il fenomeno dei minori che si allontanano dalle strutture dove sono ospitati: delle circa 4.000 segnalazioni di minorenni scomparsi, quasi il 90 per cento riguarda soggetti stranieri; negli ultimi anni l’80 per cento circa del totale viene ritrovato.

Rintraccio dei migranti adulti. Un tema molto importante è quello dei migranti che si rendono irreperibili: nell’ultimo anno sono stati rintracciati 41.473 irregolari, tutti destinatari di provvedimenti di respingimento e espulsione; quelli effettivamente allontanati dal territorio nazionale sono stati 18.664, numeri consistenti ma sicuramente inadeguati rispetto alle centinaia di migliaia di soggetti irregolari che proviene non solo dagli sbarchi ma anche da altri canali clandestini. Per questo il decreto legge n. 17 prevede l’accelerazione dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali sulle richieste di protezione, l’utilizzo di tecnologie informatiche, l’istituzione dei Centri Per il Rimpatrio e l’innalzamento del grado di effettiva attuazione dei provvedimenti di espulsione.

Essenziale in ogni caso è il raggiungimento di accordi con i Paesi di origine perché Il rimpatrio sia possibile: dati i tempi lunghi richiesti, i nuovi CPR rispondono anche a questa esigenza. Essi dovrebbero essere collocati in prossimità di aeroporti o ad altri luoghi dai quali sia agevole provvedere al rimpatrio: anche in questo caso occorre superare le resistenze a realizzare tali centri su tutto il territorio nazionale.