Premessa. La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha approvato il 29 ottobre 2015 un documento sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Liguria.

La gestione del ciclo dei rifiuti. La Relazione evidenzia in primo luogo la mancanza di una strategia complessiva nella gestione dei rifiuti della regione, con un assetto impiantistico in fase di necessario adeguamento. La Liguria, altamente urbanizzata e caratterizzata dalla presenza di numerosi porti, registra un’elevata produzione pro capite di rifiuti, superiore del 14% alla media nazionale, e uno dei costi più elevati d’Italia per gestione, raccolta e smaltimento (201,69 euro all’anno per abitante, dati ISPRA del 2013). Contestualmente la regione, pur essendo di dimensioni limitate ma ambita meta turistica, è al quarto posto nel Paese per numero di rifiuti prodotti, con un servizio di raccolta “afflitto dal progressivo esaurimento delle discariche”. Particolarmente delicata la questione dei rifiuti speciali dato che la Liguria presenta numerosi poli industriali: sono stati individuati 174 siti legati all’inquinamento, di cui 52 dichiarati definitivamente bonificati. Inoltre la presenza di numerosi porti, in primis Genova e La Spezia, espongono il territorio al rischio di traffici illeciti connessi al ciclo dei rifiuti.

Rifiuti urbani e raccolta differenziata. I dati sulla produzione dei rifiuti urbani segnalano un andamento costante, facendo registrare una contrazione nel solo circondario di Genova. A livello di raccolta differenziata la media regionale si attesta nel 2014 sul 35.9%, un aumento di 2.8 punti rispetto all’anno precedente (dati ARPAL): nei 4 capoluoghi di provincia solo Savona si attesta al di sotto del 30 per cento (25.2), mentre La Spezia è la più ‘virtuosa’ con il 38.2%. A seguire Genova (33.7) e Imperia (31.1). Valori comunque ben al di sotto gli obiettivi comunitari e nazionali.

Come sopraesposto la gestione dei rifiuti è affidata perlopiù a impianti di discarica e le altre forme di gestione risultano residuali: i cinque impianti di compostaggio regionali hanno trattato nel 2013 appena 24 tonnellate di frazione organica (dati ISPRA). Le forme di pretrattamento dei rifiuti, prima di essere avviati in discarica, hanno fatto registrare una contrazione del 10 per cento nel 2013. Questo fa sì che il 73% dei rifiuti allocati in discarica non riceva alcun trattamento, contrariamente a quanto predisposto sia dalla disciplina nazionale che comunitaria. Per quanto riguarda il confronto tra il pro capite di produzione e numero di rifiuti smaltiti in discarica, di fronte ad una media nazionale che è di 180 chilogrammi per abitante ogni anno, la Liguria è molto al di sopra di tale dato, con 320 chilogrammi per abitante. E’ il terzo valore più alto in Italia dopo Molise (447 chilogrammi/anno ma smaltisce anche rifiuti provenienti da altre regioni) e Sicilia (437 chilogrammi/anno)

Rifiuti speciali. Nel 2013 il numero di rifiuti speciali complessivamente prodotti in Liguria è stato pari a 4.6 milioni di tonnellate, un dato in leggero calo rispetto all’anno precedente. Di questi, 4.4 milioni sono classificati come “non pericolosi” e 142mila come “pericolosi”. L’ARPAL sottolinea come la situazione impiantistica, se si escludono gli impianti soggetti ad AIA e le discariche di inerti, è “costituita da piccole realtà”: 116 impianti che operano in regime ordinario e 309 in regime semplificato. Non vengono però forniti dettagli relativi alle quantità di rifiuti trattati nel corso del 2013, né sulla capacità complessiva autorizzata. Nella Relazione viene sottolineata la carenza impiantistica relativa ai rifiuti pericolosi: non sono presenti discariche dedicate mentre esiste solo una discarica con cella monodedicata, in grado di ricevere rifiuti di cemento amianto non friabili e senza fibre libere.  Nel 2011 quasi un milione di tonnellate di rifiuti non pericolosi e 80mila tonnellate di rifiuti pericolosi sono stati inviati ad impianti di altre regioni, mentre la Liguria ha trattato complessivamente 878mila tonnellate di rifiuti speciali provenienti da altre regioni. Per quanto concerne il trasporto transfrontaliero, sono state esportate 33mila tonnellate e importate più di 12mila.

La frammentarietà della gestione. Le questioni rilevanti, come già sopra accennato, sono le scelte legate all’impiantisca e la frammentazione della gestione. Un problema strutturale è considerato il secondo punto: le gestioni frammentate e miste sul territorio rappresentano “il rischio che i partner siano inadeguati”. Come sottolineato dal presidente di Legambiente Liguria, ascoltato durante il ciclo delle audizioni condotte dalla Commissione, fino a qualche anno fa erano addirittura 40 gli operatori privati coinvolti nella gestione e il loro numero è stato dimezzato solo negli ultimi tempi. A coprire oltre metà della popolazione sono le municipalizzate di Genova e La Spezia che, secondo il presidente dell’associazione, “non hanno un know how adeguato per procedere e coordinare la raccolta differenziata e farla salire all’interno della regione”. A puntare il dito sulla frammentarietà della gestione sono stati anche il Comandante legione Carabinieri della Liguria, il presidente della Provincia e il viceprefetto vicario di Savona. Negli ultimi tempi sta emergendo un dato in controtendenza rispetto al dato nazionale, vale a dire il ritorno verso una gestione pubblica, dopo negative esperienze di affidamento ai privati.

Il nuovo Piano rifiuti. Per superare le criticità sopraesposte, indicate come terreno per possibili infiltrazioni della criminalità, è stato predisposto un nuovo Piano rifiuti, presentato davanti alla Commissione rifiuti nel gennaio 2015, approvato con deliberazione dal Consiglio Regionale nel marzo 2015 e inviato al Ministero dell’Ambiente nel mese successivo. Spalmato in un arco temporale di sei anni, prevede strategie di gestione dei rifiuti urbani e speciali e operazioni di bonifica, allo scopo di rientrare negli obiettivi previsti a livello comunitario e nazionale.

La legge assegna alla Città Metropolitana di Genova e alle province di Imperia, Savona e La Spezia competenze in merito all’organizzazione dei servizi relativi alla raccolta, al trasporto dei rifiuti, al loro smaltimento e alla raccolta differenziata, da esercitare in conformità con il piano metropolitano e i piani d’area provinciali da approvare entro marzo 2016. Per superare il problema della frammentarietà della gestione, la governance è affidata alla Regione che opera attraverso un comitato costituito dal Presidente della Giunta o suo delegato, dagli assessori regionali competenti, dal Sindaco della Città Metropolitana o suo delegato, dai presidenti delle province o loro delegati. Funzione del comitato è approvare il Piano d’ambito che recepisce le scelte del piano metropolitano e dei piani d’area. Altre funzioni sono l’articolazione degli standard di costo dei servizi, l’individuazione dei livelli qualitativi, le relative modalità di monitoraggio.

Tenuto conto delle criticità del territorio regionale, gli obiettivi principali sono: ridurre i rifiuti dalla fonte, portare il sistema della differenziata al risultato del 65% rispetto al rifiuto prodotto, delimitare i bacini di raccolta e gestione omogenei a carattere intercomunale. Dal punto di vista delle bonifiche si vogliono definire modalità efficaci di smaltimento dei materiali rivenienti da interventi di bonifica, aumentare il quadro conoscitivo delle aree che potenzialmente presentano criticità ambientali, favorire il risanamento allo scopo di restituire il suolo agli usi legittimi senza impegnare nuovi spazi.

Le criticità della prevenzione nelle attività di Polizia. Nel ciclo di audizioni la Commissione rifiuti ha ascoltato i responsabili delle forze di Polizia, i dirigenti delle autorità con compiti di polizia giudiziaria, i sostituti procuratori che si occupano di illeciti ambientali. Ne emerge un quadro ricco di criticità legato anche in questo caso alla frammentarietà della gestione, in particolare sulla “permeabilità delle società che trattano i rifiuti per conto dei Comuni, sia per le possibili infiltrazioni di stampo mafioso, sia per i fatti corruttivi altrettanto dannosi”. Secondo il Comando della legione Carabinieri “il costante stato emergenziale…finisce per facilitare, in presenza di procedure spesso adottate in via d’urgenza, la gestione non del tutto trasparente degli appalti”. Anche “l’eccessiva parcellizzazione dei servizi di gestione” non aiuta le forze di polizia nella loro attività di controllo.

Il Procuratore della Repubblica di Genova sottolineava la mancanza di un efficace Piano gestionale a livello regionale, soprattutto in relazione ad una serie di presunti illeciti ambientali riscontrati nell’area di Genova e legati alla discarica di Scarpino e all’AMIU, la municipalizzata interamente partecipata dal Comune capoluogo di regione. Ne emerge, anche in relazione a quanto specificato da altri attori auditi dalla Commissione, un quadro di microcriminalità diffusa.

Le forze di polizia e le autorità preposte al controllo evidenziano l’esigenza di un più ampio coordinamento tra i soggetti aventi funzione di prevenzione. Viene ritenuto necessario da più parti l’incremento dei controlli su strada del trasporto rifiuti, allo scopo di individuare il maggior numero di operatori in nero che trasportano rifiuti pericolosi a scopi criminali. Altro punto fondamentale è l’inadeguatezza degli organici di ciascun soggetto istituzionale. A tal proposito è significativo quanto riportato dal NOE di Genova, che negli ultimi 4 anni ha proceduto ad appena 134 controlli. Il Comandante del Nucleo Operativo Ecologico ha sottolineato come “l’esiguità dell’organico non consente di condurre più di una o due indagini alla volta”.

La Guardia di Finanza, relativamente all’aspetto della criminalità economico-finanziaria legata al ciclo dei rifiuti sottolinea come le organizzazioni in Liguria non agiscono con i tipici metodi mafiosi, tramite uso della violenza, ma puntano a rendersi invisibili attraverso l’infiltrazione nel tessuto economico – sociale e l’affidamento di appalti e subappalti di servizi relativi allo smaltimento dei rifiuti.

Alcuni casi particolari: la provincia di Imperia. Nella Relazione vengono affrontati a parte alcuni casi specifici. Il primo è relativo alla provincia di Imperia: il sequestro della discarica di Ponticelli nel 2010, in cui finivano i rifiuti di oltre la metà dei Comuni della provincia, ha imposto prima lo sversamento degli stessi verso aree al di fuori del territorio provinciale e successivamente l’individuazione di discariche di servizio, in attesa di un sistema centrale di smaltimento. Nel frattempo la discarica di Ponticelli veniva chiusa e bonificata. La situazione di emergenza veniva ad acuirsi con l’intervento giudiziario sulla discarica di Collette Ozoto, che faceva emergere tutte le problematiche del sistema: un contesto non orientato alla riduzione del rifiuto da inserire in discarica, una debolezza delle funzioni amministrative di controllo, una governance inadeguata, una frammentazione di aziende di gestione. “Si è inteso realizzare un impianto pubblico, che resterà di proprietà pubblica e dopo i 20 anni sarà riaffidato tramite gara ad altro soggetto e dovrà raccogliere tutti i rifiuti provenienti dalla provincia di Imperia”. L’iter, al momento della pubblicazione della Relazione, era in corso e l’entrata in funzione è prevista per il 2019.

La vicenda Pitelli. “Negli anni Settanta e Ottanta la collina di Pitelli era una zona dove confluivano quantità di rifiuti pericolosi provenienti principalmente da varie attività industriali e non”. Accanto al sito principale, esistono altri siti minori sulla collina che ospitano anch’essi rifiuti pericolosi interrati. Una vicenda quella di Pitelli che nel corso delle precedenti legislature ha visto già impegnata la Commissione rifiuti, che l’ha incrociata con le attività di traffico illecito. I procedimenti per la bonifica si trovano in un differente stato di avanzamento: alcune aree, come il sito principale, sono state caratterizzate. Altre aree sono state studiate in modo più discontinuo. Nelle varie aree che compongono la discarica di Pitelli sono emerse numerose criticità ambientali determinate dalla presenza di piombo, zinco, mercurio, manganese, arsenico, altri metalli pesanti e idrocarburi. Alcune zone, come l’area ex Pertusola, presentano “contaminazioni nelle matrici acque di falda e sedimenti marini”.

La bonifica Cogoleto-Stoppani. Nello stabilimento Luigi Stoppani SPA nell’area di Cogoleto, la cui produzione è cessata nel 2003, si ottenevano derivati dal cromo utilizzati per l’industria galvanotecnica e conciaria. L’area interessata, circa 200 ettari fra terra e mare, è stata perimetrata nel 2002. Le indagini previste dal piano di caratterizzazione avevano evidenziato una contaminazione da cromo totale, cromo esavalente e nichel. Valori critici erano emerse dai campioni sulle acque di falda.  La Provincia di Genova ha certificato nel 2010 e 2012 l’avvenuta bonifica degli arenili di Arenzano e Cogoleto. La successiva campagna di monitoraggio effettuata dall’ARPAL ha evidenziato che “lo stato di inquinamento ambientale dell’area ex Stoppani è di entità moderata”.

La Tirreno Power di Vado. La vicenda relativa alla centrale elettrica di Vado, di proprietà ENEL fino al 2003, poi passata alla Tirreno Power, finisce in Commissione a seguito di quanto riferito dai magistrati di Genova e Savona. I presunti illeciti riguardano l’inquinamento causato dall’uso di carbone come combustibile, dallo scarico delle acque e dalla gestione rifiuti, oggetto di procedimento penale. L’esito delle indagini condotte dalla Procura di Savona contestano, a vario titolo, agli oltre 86 indagati varie accuse: disastro ambientale doloso, disastro sanitario colposo aggravato, abuso d’ufficio e omicidio plurimo colposo. Le accuse sono contestate a dirigenti e amministratori dell’azienda, ma anche a funzionari e pubblici amministratori della Regione Liguria (cooperazione colposa). Secondo la ricostruzione della Procura sarebbero state omesse volontariamente le misure adatte a ridurre l’inquinamento, assumendo decisioni volte esclusivamente a soluzioni più redditizie. Secondo l’accusa i soggetti pubblici indagati “garantivano un ingiusto vantaggio patrimoniale” a Tirreno Power “consistito nel lasciare caducare un’AIA (Autorizzazione Integrale Ambientale) che prevedeva obblighi non assolti”. Gli interessi imprenditoriali avrebbero in questo modo condizionato i poteri pubblici. Il Procuratore della Repubblica descrive una “pressoché totale inerzia della pubblica amministrazione, centrale e locale, deputata ai controlli nel settore ambientale”.

La demolizione della Costa Concordia. La motonave Costa Concordia, naufragata all’isola del Giglio nel gennaio 2012, il cui relitto è stato trasportato nel porto di Genova, è in fase di demolizione. La fase di alleggerimento, lo smaltimento dei rifiuti presenti all’interno della nave, ha visto inviarli in discariche di Lombardia e Piemonte. “Anche in questo caso – si legge nella Relazione – la regione Liguria denuncia la sua non autosufficienza”. Finita la fase di alleggerimento, il 12 maggio 2015 il relitto è stato trasportato nel porto antico, dove sarà smantellata. L’attività di demolizione è stata sottoposta ad AIA, rilasciata dalla provincia di Genova. Nessuna evidenza è stata fin qui acquisita su possibili interessi criminali e nessun reato ambientale è stato accertato.

Il seguito in Assemblea. Il Senato ha discusso la relazione il 31 marzo 2016, congiuntamente alle altre della Commissione, approvando al termine una risoluzione (vedi allegato).

All.to Risoluzione 6-00176 n. 2 del 31 marzo 2016 (PUPPATO, PAGNONCELLI, NUGNES, DI BIAGIO, MARINELLO, Maurizio ROSSI, ORELLANA, COMPAGNONE, AUGELLO, PEPE, ARRIGONI).

Il Senato,

esaminata la relazione di approfondimento sulla situazione territoriale della Liguria, approvata all’unanimità dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati nella seduta del 29 ottobre 2015;

premesso che:

l’attività di indagine conoscitiva sulla Liguria ha fatto emergere, al di là delle varie problematiche specifiche, la mancanza di una strategia complessiva sulla gestione dei rifiuti nella regione Liguria: in una regione con particolari caratteristiche orografiche, altamente urbanizzata, una programmazione adeguata e commisurata a queste caratteristiche avrebbe dovuto essere, e dovrà essere, parte fondante delle politiche di gestione;

si è ipotizzata, nel corso del tempo, la realizzazione di strutture tecnologicamente avanzate che avrebbero dovuto risolvere il problema ma che non sono state realizzate: sarebbe stata sufficiente una pianificazione più normale, che curasse l’aumento progressivo della raccolta differenziata, tuttora insufficiente, con un lavoro più capillare di prevenzione della produzione di rifiuti e di coinvolgimento ed educazione dei cittadini, in particolare per quanto concerne la gestione dei rifiuti organici con il compostaggio domestico e di comunità e la realizzazione di centri di compostaggio possibilmente di qualità curando la separazione a monte e il pretrattamento;

il servizio di raccolta dei rifiuti urbani è afflitto dal progressivo esaurimento delle discariche;

anche quello dei rifiuti speciali è un settore molto delicato. In Liguria ci sono dei poli industriali anche piuttosto importanti, problemi relativi alla portualità, alla produzione del settore navale e ferroviario, alla produzione di energia elettrica;

la dotazione impiantistica della regione Liguria è sicuramente carente;

per quanto riguarda la gestione dei rifiuti urbani, il sistema sino ad oggi adottato risulta fortemente dipendente dagli impianti di discarica, realizzati nei decenni scorsi e che, tramite successive operazioni di ampliamento, costituiscono tutt’oggi la risorsa principale che avrebbe dovuto garantire l’autonomia gestionale all’interno del territorio ligure;

tutte le altre forme di gestione appaiono residuali, compresi i limitati impianti di compostaggio;

il trattamento meccanico biologico, utilizzato unicamente come forma di pretrattamento dei rifiuti da avviare in discarica è dotato di un numero altrettanto limitato di impianti;

tale situazione fa sì che larga parte dei rifiuti allocati in discarica non sia sottoposta ad alcuna forma di pretrattamento che risulterebbe, invece, obbligatorio in base alla disciplina comunitaria e nazionale;

i rifiuti sono stati sistematicamente conferiti fuori regione in base ad accordi interregionali conclusi e rinnovati dalla Regione Liguria;

altro punto sensibile riguarda la produzione e gestione dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione, i rifiuti contaminati da amianto e le terre e rocce da scavo, considerato anche lo sviluppo in corso di “grandi opere”;

molte voci raccolte dalla Commissione paventano il “collasso annunciato” della gestione del ciclo dei rifiuti in Liguria, di cui vanno altresì evidenziate le potenzialità negative in termini di illegalità diffusa ovvero di interesse di realtà criminali strutturate;

le questioni rilevanti appaiono fondamentalmente due: le scelte impiantistiche e – anche in relazione alla governance degli ambiti – la frammentazione della gestione;

la situazione dell’AMIU di Genova, quantunque fortemente segnata dall’indagine che ha portato alla luce un radicato sistema corruttivo coinvolgente alcuni dirigenti e dalle criticità ambientali collegate alla gestione della discarica di Scarpino, se potrà avere un riferimento certo in un Piano rifiuti adeguato e con investimenti utili potrebbe diventare il terreno su cui sperimentare il tema dell’economia circolare;

la situazione che oggi grava sulla città metropolitana di Genova – e sulla Regione – è quello di un ritardo serio nel perseguimento degli obiettivi di raccolta differenziata e un persistente sistema – diseconomico e ambientalmente negativo – di trasferimento dei rifiuti;

la possibilità del superamento delle criticità evidenziate – che da più fonti vengono segnalate come possibile terreno di coltura di forme di illegalità diffusa ma anche di infiltrazioni criminali – è fortemente legata all’efficacia del nuovo Piano di Gestione dei rifiuti, del quale la Commissione ha tuttavia colto delle carenze;

nella Regione Liguria gli impianti per la depurazione delle acque reflue urbane rispecchiano la distribuzione della popolazione: grandi impianti nelle zone costiere che servono le zone più densamente abitate e piccoli impianti nell’entroterra a servizio dei piccoli paesi e delle zone extraurbane;

una quota significativa difetta peraltro di conformità alla normativa; la situazione autorizzativa rispecchia quasi completamente quella impiantistica, e vi sono impianti non adeguati ma autorizzati nelle more dell’adeguamento previsto, mentre altri adeguati sono in attesa dell’emanazione del provvedimento autorizzativo;

nella concreta situazione dei porti liguri, gli elementi raccolti dalla Commissione hanno evidenziato le dimensioni – rilevanti e in crescita – del fenomeno del traffico transfrontaliero di rifiuti;

un vero e proprio fenomeno di dumping ambientale, a opera di soggetti stranieri spesso con la correità di intermediari italiani porta a eludere le norme italiane sui rifiuti organizzandone il trasferimento all’estero, in Paesi caratterizzati da disciplina più permissiva o privi di capacità di controllo in materia di tutela ambientale, che diventano la sede utile dove svolgere attività di estrazione di utilità residua dal rifiuto mediante trattamenti altamente inquinanti e con l’esito finale dell’abbandono incontrollato;

siamo di fronte ad una “filiera impropria” di gestione dei rifiuti, di cui le aree portuali sono i terminali nel territorio nazionale;

l’impatto negativo di questo fenomeno si estende al circuito economico nazionale, al quale viene sottratta l’utilità di grandi quantità di materie che sarebbero destinabili al riciclo;

l’efficacia dell’attività di contrasto in questo settore discende anche da forme di collaborazione venutesi spontaneamente a creare in un contesto specifico quale quello portuale ligure, che producono una prima risposta di qualità, in termini di materiale intervento sul traffico illecito ma anche di efficacia nella redazione degli atti di indagine;

i limiti all’integrazione della comunicazione tra forze di polizia tradizionali e le due autorità che svolgono l’attività di contrasto all’illegalità transfrontaliera in ambito portuale (Agenzia delle Dogane e Capitaneria di Porto) privano peraltro sia le prime che le seconde di dati conoscitivi fondamentali: è dunque fortemente auspicabile un’integrazione dei sistemi informativi;

è fonte di allarme il progressivo radicamento sul territorio della n’drangheta, dovuto a diversi fattori;

nel settore ambientale peraltro le organizzazioni criminali non agiscono con i tipici metodi violenti ma tentano piuttosto di infiltrarsi nel tessuto sociale ed economico e di rendersi ‘invisibili’, per approfittare delle occasioni che l’economia legale offre, ad esempio attraverso l’affidamento di appalti e sub-appalti di servizi ivi compresi quelli relativi al ciclo di smaltimento dei rifiuti;

di particolare rilievo per la realtà regionale ligure, connotata da un’elevata “mobilità” dei rifiuti ma anche delle terre e rocce da scavo, è la sollecitazione sulla necessità di incrementare il controllo su strada del trasporto di rifiuti, sensibilizzando tutte le forze di polizia, considerando anche che chi trasporta e traffica rifiuti pericolosi a fini criminali quasi sempre opera in nero;

la caratteristica dei comportamenti illeciti connessi alle materie oggetto di interesse per la Commissione è quella dell’associarsi di fenomeni di microillegalità diffusa e vicende di illeciti ambientali derivanti dalla gestione di impianti di grande dimensione che, nella fisiologia, dovrebbero essere destinati a una ordinaria operatività nell’ambito della tutela ambientale o dell’attività produttiva;

il fatto che ci si avvalga di strutture societarie e attività finanziarie complesse nel settore delle discariche segnala ancora una volta l’interesse di un’economia anche potenzialmente illecita nel ciclo dei rifiuti ligure;

il ritardo o la scarsa efficacia delle scelte programmatorie e gestionali finisce col produrre situazioni che possono favorire la commissione di illeciti penali, la cui mancata risoluzione produce effettivamente quegli illeciti, con la conseguenza di interventi di tipo repressivo che bloccano la gestione ordinaria e innescano ulteriori complessità; che enti pubblici, decisori politici o soggetti privati poco attrezzati o poco sensibili vivono come interferenze, rispetto alle quali si atteggiano in maniera passiva e tale da generare ulteriori ritardi nella risoluzione sostanziale dei problemi, con la fuga in una irrisolta transitorietà;

la carenza di discariche per inerti, chiuse generalmente per il raggiungimento dei limiti di capienza, e la morfologia di un territorio abbastanza compresso, con poche possibilità di spazi alimenta il fenomeno del deposito abusivo di materiale di risulta da lavori edilizi: i costi che derivano dall’esigenza di allontanarsi per lo smaltimento lecito alimentano quello illecito di questi inerti;

quanto a situazioni particolari: la percezione che la discarica di Pitelli abbia rappresentato – al di là delle vicende giudiziarie ed amministrative formali – il terminale fisico di una rete ramificata dedita alla gestione talora illecita di rifiuti industriali e pericolosi ha attraversato per un ventennio non solo queste attività istituzionali ma anche il sentire comune; permane dunque rilevante la necessità che in un’area così vasta e caratterizzata da intrinseca complessità, ancora non completamente esplorata, le scelte sugli aspetti tecnici, sulla natura delle sistemazioni con l’utilizzo delle terre, sulla destinazione del sito e sull’eventuale denegato conferimento di altri materiali, siano sottoposte a verifiche trasparenti, a controlli che vadano anche al di là del minimo previsto e al coordinamento con una più ampia pianificazione regionale, al fine di superare qualsiasi dubbio o sospetto;

alle vicende della gestione del sito Cogoleto – Stoppani si sovrappongono quelle fallimentari che segnalano la discordanza di interessi tra curatela fallimentare e soggetti pubblici che si occupano della tutela e del ripristino ambientale;

lo sviluppo e il completamento della bonifica delle aree Stoppani di Cogoleto deve rimanere oggetto della massima sorveglianza;

le illiceità ipotizzate nella gestione della centrale elettrica Tirreno Power di Vado riguardano in principalità l’inquinamento atmosferico prodotto dall’uso del carbone come combustibile ma anche lo scarico delle acque e la gestione dei rifiuti, oggetto di interesse della Commissione, che pertanto ne ha dato conto nella relazione;

la sintesi della situazione porta a distinguere tra questioni giuridiche, connotate da un fisiologico grado di opinabilità e che saranno oggetto di un processo penale i cui esiti non sono prevedibili, e quadro di esercizio concreto di poteri e funzioni in materia ambientale;

agli organi di governo, regionale e nazionale compete pertanto trovare il giusto equilibrio tra ragioni della tutela ambientale e ragioni della produzione industriale;

l’attenzione complessivamente dovuta al territorio ligure dovrà essere finalizzata anche a non lasciarlo esposto a più livelli di illiceità, solo in parte scoperti e comunque da temere,

la fa propria e impegna il Governo, per quanto di competenza, ad intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni evidenziate nella relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, in raccordo e leale collaborazione con i competenti organismi nazionali, le Regioni e gli enti territoriali interessati.

 

(a cura di Claudio Forleo, giornalista)