PREMESSA. Il Ministro dell’Interno ha trasmesso alle Camere la Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel I semestre del 2023, della quale si riportano i punti salienti.
In particolare, l’attenzione è focalizzata sulle connotazioni strutturali e sulle linee evolutive delle principali mafie italiane (‘ndrangheta, Cosa nostra, Camorra, mafie pugliesi e lucane) e straniere, sul tema degli appalti pubblici e sulle attività di prevenzione del riciclaggio.
Nella premessa della Semestrale, la DIA conferma che anche nel I semestre 2023 le organizzazioni mafiose abbiamo proseguito nel loro processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti socio-economici e alla vantaggiosa penetrazione dei settori imprenditoriali, specialmente con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive. Come nelle precedenti Relazioni, permane la capacità delle mafie di cogliere opportunità e occasioni di profitto, mettendo nel mirino, ad esempio, i fondi del PNRR e quelli legati agli appalti pubblici.
Sottolinea la Relazione che l’uso della tecnologia assume un ruolo determinante per l’attività illecita delle organizzazioni criminali, che con sempre maggiore frequenza utilizzano i sistemi di comunicazione crittografata, le molteplici applicazioni di messaggistica istantanea e i social. Si tratta di strumenti che “rappresentano un moltiplicatore della capacità operativa delle reti criminali mafiose” le quali sempre più “vivono nel cyberspace”.
‘NDRANGHETA. La ‘ndrangheta viene definita dalla Relazione come un network criminale capace di agire con grande disinvoltura nei contesti più diversificati, con un’accentuata vocazione verso i comparti economici, finanziari ed imprenditoriali: caratterizzata da una solida gerarchia organizzativa (provincia, crimine, mandamenti, locali, ndrine) con flessibilità e capacità operativa, si pone come un “sistema attrezzatissimo, moderno, polivalente e policentrico” con interessi e rapporti consolidati in molte zone del Paese e del mondo (oltre all’Europa, dal Centro e Sud America all’Africa occidentale, Libia compresa, fino a USA e Canada).
Tra i comparti di interessi citati dalla Relazione: le procedure di gestione dei fondi strutturali e le assegnazioni di finanziamenti pubblici, i piani di rilancio industriale, l’edilizia residenziale e turistica, la gestione di congegni elettronici da intrattenimento e scommesse on line (c.d. gaming), l’agricoltura, il controllo dei beni confiscati, le procedure concorsuali, le energie rinnovabili, la sanità pubblica e privata.
Nel rapporto con il mondo economico, è sempre più frequente, secondo la DIA, il fenomeno degli imprenditori che, avendo ricevuto iniziale “protezione”, sono stati infine fagocitati dalle dinamiche criminali. Riporta la Relazione che le numerose segnalazioni di operazioni sospette sono “il riflesso di una modalità operativa che punta a riciclare e reimpiegare rilevanti quantità di denaro nelle aree più produttive del Paese” (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Toscana, verso cui confluiscono i flussi di denaro contante derivanti dalle attività criminali primarie, come il traffico di stupefacenti, le estorsioni e l’usura).
Tra gli ambiti di interesse attuale e futuro la Relazione segnala: il PNRR, i Giochi olimpici e paralimpici di Milano – Cortina del 2026 (che “appresentano sicuramente un’attrattiva per le organizzazioni criminali, proprio sul territorio lombardo, dove più estesa e preoccupante è la presenza delle mafie italiane tradizionali e dove la ‘ndrangheta è presente da anni, tramite numerosi “locali”, con accentuato carattere imprenditoriale e con spiccate capacità di intercettare gli ingenti stanziamenti”), il Giubileo 2025 (“nel corso degli anni le attività di polizia … hanno dimostrato come nel territorio della Capitale fosse già presente, oltre quella “militare”, un’espressione imprenditoriale della ‘ndrangheta che da tempo ha investito i propri proventi illeciti nell’acquisizione di attività commerciali, prevalentemente nei settori turistico-alberghieri e della ristorazione”), il Ponte sullo Stretto.
CRIMINALITÀ ORGANIZZATA SICILIANA. Secondo la Relazione, le attività di contrasto eseguite nel corso degli anni, anche con la cattura di importanti latitanti, e l’apprensione da parte dello Stato dei patrimoni illeciti accumulati in decenni di attività criminale, hanno fortemente ridimensionato il potere di cosa nostra, che è ancora alla ricerca di una leadership e ha per il momento adottato un modello di coordinamento basato sulla condivisione delle linee d’indirizzo e su una gestione operativa collegiale ed “inter-mandamentale”.
La vocazione di cosa nostra e delle altre organizzazioni mafiose siciliane ad infiltrarsi negli ambienti affaristico-imprenditoriali rafforza, secondo la DIA, la tesi della capacità intrinseca della stessa di adattarsi in forma “camaleontica” ai nuovi mutevoli scenari dell’economia.
Accanto a Cosa Nostra, la relazione segnala la presenza della stidda, incline a strategie di non belligeranza, prediligendo intese di condivisione e spartizione degli affari illeciti. Un punto approfondito dalla Relazione è quello relativo alla città di Catania ove coesistono vere e proprie articolazioni di cosa nostra e altre forme distinte, con formule di adattamento e fluide.
Tra i settori di maggior interesse, si confermano: il traffico di stupefacenti (secondo la Relazione “non può escludersi che cosa nostra possa aspirare a riconquistare posizioni di leadership nella gestione dei canali di approvvigionamento della droga”), le pratiche estorsive (oggi declinate con “modalità più persuasive, senza ricorrere all’uso della violenza, limitandosi all’imposizione di forniture di beni, servizi e manodopera, anche a prezzi leggermente al di sopra di quelli di mercato”: la Relazione segnala anche l’importanza di monitorare i cd. reati spia), la gestione, diretta o indiretta, di società concessionarie di giochi e di sale scommesse, anche solo imponendo l’installazione di slot machine in bar o tabaccherie, l’accaparramento di terreni agricoli e dei contributi di sostegno allo sviluppo rurale concessi dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura.
Cosa Nostra e le altre organizzazioni mafiose siciliane si muovono, dunque, tra il controllo del territorio e il controllo delle attività economiche e delle gare pubbliche: in questo senso rientrerebbe, secondo la DIA, anche l’interesse verso il PNRR.
CRIMINALITÀ ORGANIZZATA CAMPANA. La Relazione definisce la Camorra un insieme di manifestazioni criminali che assumono connotazioni eterogenee in ragione dei molteplici fattori storici, economici e sociali: accanto ad associazioni mafiose storiche (si vedano, ad esempio, i cartelli camorristici dell’alleanza di Secondigliano e del Clan Mazzarella) coesistono formazioni delinquenziali minori, prevalentemente di tipo familistico, il cui principale fattore identitario è rappresentato dal territorio in cui tentano di affermare la propria leadership criminale, ricorrendo spesso all’uso di armi e ad azioni violente. Appare, quindi, una recrudescenza della contrapposizione tra sodalizi la cui caratteristica è rappresentata dalla giovanissima età dei protagonisti e dalla disponibilità di armi, anche da guerra, e dallo svolgimento di forme di manovalanza rispetto ad attività illegali.
I sodalizi più strutturati si sono evoluti, nel corso degli anni, secondo la DIA, in vere e proprie imprese mafiose, con la tendenza a delocalizzare le attività economiche anche all’estero per fini di riciclaggio e di reinvestimento.
Rimangono ferme le tradizionali attività di spaccio di stupefacenti, estorsioni, usura (anche col ricorso alla cd. manovalanza dei gruppi criminali minori), contrabbando di carburanti, ricorso alle società cartiere per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti allo scopo di riciclare denaro ovvero realizzare frodi fiscali, truffe assicurative, gioco d’azzardo e scommesse online.
La DIA segnala l’emersione di strategie subdole e raffinate di infiltrazione dell’economia e della finanza anche tramite pratiche collusive e corruttive. Viene esaminata l’ingerenza dei gruppi camorristici negli Enti locali della Campania, con l’obiettivo di accaparrarsi affidamenti diretti e sub-appalti (oltre ai Comuni sciolti – la Relazione cita ad esempio il caso del Comune di Melito – la DIA sul versante imprenditoriale segnala l’adozione, nel I semestre 2023, di ben 80 provvedimenti interdittivi).
Per quel che concerne la criminalità in provincia di Caserta, la Relazione segnala la sua evoluzione verso la forma di una holding di imprese ai cui vertici vengono prescelte figure altamente professionali, capaci di interloquire ed interagire con imprenditori, esponenti della politica locale, amministratori pubblici e privati. Oltre alle proiezioni in Regioni come Lazio, Toscana, Emilia Romagna, Veneto, viene sottolineata la capacità di penetrare i meccanismi decisionali della pubblica Amministrazione al fine di inserire proprie aziende/imprese in comparti strategici, come quelli della grande distribuzione organizzata, del servizio delle onoranze funebri, dei servizi socio-scolastici e assistenziali.
CRIMINALITÀ ORGANIZZATA PUGLIESE E LUCANA. La fotografia del contesto criminale pugliese si caratterizza per tre principali matrici mafiose: camorra barese, mafie foggiane e sacra corona unita.
La camorra barese, in particolare, è contraddistinta da una pluralità di clan che, come nel modello camorristico napoletano, non prevede designazioni di vertice con funzioni di coordinamento ma rapporti di tipo orizzontale; il traffico di stupefacenti si conferma il principale interesse dei clan del capoluogo barese. La Relazione segnala il ricorso all’intimidazione e alla violenza, mentre sul piano delle attività illecite emergono quelle del contrabbando, delle estorsioni, dell’usura e delle scommesse illecite. La DIA sottolinea, inoltre, la situazione nella provincia di Barletta-Andria-Trani quale territorio di proiezione delle principali consorterie baresi e foggiane in cui coesistono una pluralità di clan che ricorrono anche alla violenza ogni qualvolta sia necessario affermare la propria supremazia.
La criminalità organizzata foggiana viene suddivisa in quadranti territoriali diversi (Foggia ed il suo hinterland, macroarea del Gargano, alto e basso Tavoliere), con la capacità, in ogni caso, di creare un vero e proprio modello operativo in cui sono stati convogliati interessi criminali e strategie senza necessariamente condividere una struttura di vertice comune. Viene definita come una “mafia ibrida”, anche in questo caso caratterizzata da “manifestazioni criminali la cui efferatezza e pervasività è in funzione del tessuto sociale, politico-amministrativo, economico e culturale dello specifico territorio di riferimento”. La DIA cita l’allarme generato dai numerosi sequestri di armi eseguiti a Foggia e San Severo, anche rispetto a giovani criminali.
La Sacra Corona Unita, presente nella penisola salentina, conserva aspetti e connotazioni più tipici dell’identità mafiosa (riti di affiliazione, coesione interna, ecc). I capi della SCU dettano le regole anche dal carcere e l’operatività si fonda su modalità consolidate di controllo del territorio e di approvvigionamento delle risorse, principalmente mediante il mercato degli stupefacenti ed il perdurante fenomeno delle estorsioni.
Nel territorio della Basilicata, le proiezioni si differenziano tra entroterra potentino e area costiera materana: il primo ha ottenuto il riconoscimento criminale della ’ndrangheta, operante nel settore degli stupefacenti, delle estorsioni, delle rapine e dell’usura; la seconda, invece, ha subito nel tempo l’influenza criminale dei gruppi tarantini che hanno costituito un asse criminale con gruppi autoctoni e i clan calabresi.
LE CRIMINALITÀ ORGANIZZATE STRANIERE. La Relazione sottolinea l’importanza di focalizzare l’attenzione sulle organizzazioni criminali straniere, che rappresentano una componente consolidata nel complessivo scenario criminale nazionale e che è sempre più ricorrente l’esistenza di interazioni tra clan italiani e gruppi di origine straniera. Inoltre, la Cassazione si è espressa nel corso degli anni nel senso di sancire i tipici caratteri mafiosi tanto nella struttura che nelle modalità operative criminali per alcuni di questi gruppi (es. alcune organizzazioni criminali cinesi, nigeriane e romene).
La criminalità di origine albanese manifesta, secondo la DIA, un’alta pericolosità e una forte incidenza nelle attività illegali, con particolare riferimento al traffico di droga. Esse si sono rivelate particolarmente organizzate anche a livello internazionale, oltre che capaci di interloquire direttamente con i cartelli sudamericani per l’importazione. Tali gruppi costituiscono una vera e propria realtà criminale, sia quali fornitori di materia prima, sia nella veste di corrieri e spacciatori. Il principale rapporto avviene con le mafie del Gargano, del Salento e con altri sbarchi anche sulle coste joniche.
La criminalità di origine nigeriana ha importato in tutta Europa i modelli associativi dei cd. cults, oramai presenti in quasi tutto il territorio nazionale. Le attività principali comprendono lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di esseri umani, l’immigrazione illegale, lo spaccio di stupefacenti, le frodi informatiche, il riciclaggio (con plurimi indizi di collaborazione tra soggetti nigeriani e gruppi criminali italiani). Resta molto forte il tratto identitario e la pervasività di una struttura multilivello (con diversi gradi di partecipazione dei soggetti affiliati), non sempre, tuttavia, riconosciuta in giudizio come riconducibile al modello del 416-bis.
La criminalità di origine cinese propone un modello gerarchico fortemente radicato nelle relazioni familiari e solidaristiche, tali da essere impermeabili rispetto a contaminazioni o collaborazioni esterne. Tra le attività principali, la Relazione segnala: le estorsioni, le rapine, lo sfruttamento della prostituzione, i reati finanziari, lo spaccio di metanfetamine, il settore dei marchi contraffatti (in questo senso la DIA sottolinea anche gli ulteriori aspetti connessi all’evasione fiscale e contributiva perpetrata mediante la costituzione di società c.d. “apri e chiudi”).
La criminalità di origine sudamericana opera soprattutto in varie regioni del nord Italia e, in misura minore, nel Lazio. Le attività principali sono costituite dalla commissione di reati contro il patrimonio e dallo sfruttamento della prostituzione, oltre che dalla gestione dei traffici di droga proveniente dall’America latina. La Relazione sottolinea il ruolo peculiare delle bande sudamericane, c.d. pandillas, la cui vitalità ha confermato, secondo la DIA, la forte connotazione identitaria in virtù del legame etnico e culturale che accomuna gli appartenenti, spesso giovani coetanei che vivono nello stesso quartiere, spinti dalla ricerca di affermazione sociale, facili al ricorso alla violenza anche solo a titolo dimostrativo.
L’altro importante strumento rispetto al settore degli appalti pubblici è quello della verifica della documentazione antimafia. In tale ambito, il complesso normativo si riferisce, in particolare, alla comunicazione antimafia e all’informazione antimafia. L’insieme della documentazione antimafia prodotta confluisce nella Banca Dati Nazionale unica della Documentazione Antimafia (BDNA), e deve essere acquisita prima della stipula, dell’approvazione o dell’autorizzazione di contratti o subcontratti legati a lavori, servizi, forniture.
In quest’ambito, afferente al campo della prevenzione antimafia, la DIA garantisce il proprio contributo per il monitoraggio delle commesse e degli appalti assicurando l’istruttoria delle richieste di verifiche antimafia inoltrate dalle Prefetture per vagliare l’assetto delle imprese interessate e la loro possibile infiltrazione mafiosa, con l’obiettivo di non rallentare la tempistica dell’esecuzione delle opere.
La Relazione riporta, in grafico e in tabella, l’insieme dei provvedimenti interdittivi emessi nel I semestre 2023.
IL PNRR. Nell’ambito del PNRR, secondo la DIA, sussiste il rischio che le organizzazioni mafiose possano manifestare interesse per tali fondi, aumentando il fenomeno di infiltrazione nell’economia legale. Centrale risulta, dunque, la strategia del Ministero dell’Interno focalizzata sulla documentazione antimafia. La Relazione contiene un riepilogo di tale attività, evidenziando le richieste di avvio istruttoria antimafia.
In particolare, delle 11.890 richieste effettuate a livello nazionale, al nord ne risultano 3.435 (29% del totale), al centro 5.089 (43% del totale) e al sud 3.366 (28%).
Inoltre, delle 11.890 richieste, 5.054 sono state chiuse con esisto negativo, 6.439 sono in fase istruttoria e 8 sono già state concluse con esito positivo (cioè con l’adozione di provvedimenti interdittivi antimafia).
LA PREVENZIONE DEL RICICLAGGIO. Coerentemente con i consistenti interessi economici delle organizzazioni mafiose, la DIA svolge un ruolo di primo piano nell’analisi e nell’approfondimento investigativo delle segnalazioni di operazioni sospette (s.o.s.) al fine di prevenire l’utilizzo del sistema economico-finanziario a scopo di riciclaggio.
Nel corso del I semestre 2023 le SOS complessivamente analizzate risultano 77.466, oltre il 6% in più rispetto al I semestre 2022 e circa il 13% rispetto al corrispondente periodo nel 2021.
In relazione alle 77.466 SOS analizzate, i corrispondenti soggetti segnalati sono risultati 771.500 (dei quali 487.365 persone fisiche) sul conto dei quali sono stati effettuati tutti gli ulteriori riscontri informativi agli atti della DIA.
Per i profili d’interesse della DIA hanno assunto rilievo 26.544 SOS (circa il 34% del flusso totale), 20.378 delle quali con potenziale attinenza alla criminalità organizzata mentre le restanti 6.166 SOS sono risultate collegate, direttamente dalla UIF alle precedenti, in presenza di significative ricorrenze (soggetti tra loro collegati, soggetti coinvolti nella stessa indagine, operatività collegata o medesime modalità operative, medesimo/i soggetto/i, informazioni integrative, segnalazioni approfondite nella medesima relazione tecnica).
Nell’ambito del flusso documentale in esame, con riferimento alle segnalazioni ricondotte dai segnalanti a fenomenologie di più attuale interesse operativo, si collocano, specifica la Dia, 668 SOS legate al Covid e 151 SOS riferibili a presunte “anomalie connesse con l’attuazione del PNRR” (erano 80 nel II semestre 2022).
Tra i soggetti obbligati, primeggiano anche in questo semestre le segnalazioni provenienti dagli intermediari bancari e finanziari (quasi l’80% del totale), mentre seguono gli altri operatori non finanziari e gli operatori di gioco e scommesse, entrambi nell’ordine del 3% circa.
La ripartizione delle complessive 632.591 operazioni evidenzia il ricorrente primato del “Nord Italia” ove risultano effettuate 224.923 operazioni, corrispondenti al 35% circa di quelle prese in esame.
L’ANDAMENTO DELLA DELITTUOSITÀ. Sul piano dell’andamento della delittuosità, si rileva nel I semestre 2023 il rialzo a livello nazionale di un’unità della fattispecie “associazione di tipo mafioso” e di tre unità dei casi di “omicidio mafioso”, il cui aumento è concentrato al sud, così come per il leggero aumento del reato di “associazione, produzione e traffico di stupefacenti” localizzato nel Mezzogiorno.
Anche per i reati che esprimono la tipica azione imprenditoriale delle mafie e la loro penetrazione nel tessuto economico e finanziario si registra una generale diminuzione, anche se per le fattispecie di “frode nelle pubbliche forniture” e di “traffico di influenze illecite” il dato mostra un certo aumento per lo più spalmato in tutto il territorio italiano.
Sul piano, infine, dei reati relativi alle più comuni modalità di raccolta di liquidità da parte delle organizzazioni criminali, la Relazione sottolinea che accanto ad una generale diminuzione dei “danneggiamenti” e delle “estorsioni”, aumenta, tranne che al sud, il numero delle “rapine” e dei “sequestri di persona a scopo estorsivo”.
La DIA segnala anche l’aumento, in tutto il territorio nazionale, del reato di “ricettazione”, a conferma della significativa disponibilità di introiti monetari, mentre calano i dati relativi al cd. “traffico di stupefacenti” nelle regioni centro-meridionali e all’usura (in tutto il territorio nazionale), ma ciò non deve indurre, secondo la Relazione a previsioni ottimistiche poiché le indagini di settore, anche le più recenti, evidenziano il perdurante interesse delle organizzazioni mafiose per gli stupefacenti e l’usura (peraltro difficile da far emergere).
I SEQUESTRI. Sul piano dell’attività di contrasto, la Relazione espone che nel corso del 1° semestre 2023 sono stati effettuati sequestri di beni per un valore pari a quasi 30 milioni di euro, e confische per 130 milioni (sommando attività repressiva e attività investigativa). Nella presentazione della Semestrale è stato sottolineato, inoltre, l’aumento del numero di armi sequestrate, da riconnettere agli scenari internazionali di guerra e che comunque sottolineano la persistente centralità dello sfruttamento o della riserva di violenzanell’ambito del potere mafioso.