Premessa. La Commissione, successivamente alla serie di morti in mare dell’estate 2009, nel settembre dello stesso anno decise di proporre l’istituzione di un piano di armonizzazione e cooperazione intracomunitario destinato ai rifugiati che necessitassero usufruire dello strumento del reinsediamento. Qualche anno dopo, la decisione 281/2012/UE intervenne a modificare la disciplina riguardante il Fondo europeo per i rifugiati (FER) per il quinquennio 2008 – 2013, istituito dalla decisione 573/2007/CE. Scopo precipuo della decisione del 2012, già annunciata tramite una comunicazione della Commissione a Parlamento e Consiglio, è creare un sottoinsieme specifico all’interno del Sistema comune di asilo, denominato prima “Programma comune di reinsediamento UE”, poi semplicemente “Programma di reinsediamento europeo”.
Le finalità del programma di reinsediamento. Come si legge nella già citata comunicazione della Commissione al Consiglio, l’obiettivo primario del Programma è quello di aumentare l’impatto del reinsediamento sulla protezione offerta ai rifugiati e di massimizzare l’impatto strategico del reinsediamento attraverso la puntuale individuazione degli individui maggiormente bisognosi. Altro importante proposito del Programma di reinsediamento è quello di incoraggiare gli Stati membri ad avviare un maggior numero possibile di interventi in tal senso tramite la modifica delle regole che riguardano il sostegno finanziario destinato agli Stati che acconsentono al reinsediamento.
Il reinsediamento è una delle tre soluzioni durature individuate congiuntamente da Unione Europea e UNHCR, assieme all’integrazione in uno degli Stati membri e al rimpatrio volontario; esso consiste in un trasferimento, solitamente richiesto dal rifugiato con la collaborazione dell’UNHCR, del titolare di protezione internazionale dal Paese di primo asilo ad un altro Paese membro che ha scelto di ospitarlo. Occorre fare attenzione alla terminologia: se il reinsediamento avviene fra due Stati membri dell’Unione viene talvolta usato il termine ricollocamento. Si tratta dunque, anche al di fuori del contesto comunitario, di un dispositivo di grande valore solidale, in primis e per ovvi motivi nei confronti del rifugiato, ma anche nei confronti del Paese di primo asilo, il quale è, nella stragrande maggioranza dei casi, povero o poverissimo.
Analisi del testo. Il documento, nella sua brevità, interviene non a dettare una disciplina specifica nella sua interezza ma a modificare un assetto già esistente. In particolare, viene prevista una priorità di provenienza geografica (valida solo per il 2013) per il reinsediamento di rifugiati da Paesi terzi (allegato 1 della decisione), ma soprattutto viene modificato il sistema regolante il sostegno finanziario dedicato agli Stati membri, di modo che essi ricevano un importo fisso per ogni persona reinsediata sulla base di una o più delle priorità definite dal regolamento: la provenienza geografica secondo i dettami dell’allegato 1, la provenienza da regioni o Paesi designati per l’attuazione di un programma di protezione regionale, l’appartenenza a categorie ritenute deboli (come, ad esempio, minori non accompagnati e vittime di torture). E’ doveroso però sottolineare come questo strumento da un lato permetta di creare flussi regolari, prevedibili e legali, sottraendoli dalla pericolosa gestione della criminalità organizzata, ma d’altro canto sia esente da qualsiasi obbligatorietà, legittimando così gli Stati a scegliere non solo se reinsediare o meno, ma anche chi ne ha diritto: in quest’ottica assume una fondamentale valenza il ruolo di intermediatore dell’UNHCR affinché sia consentito l’accesso al reinsediamento almeno a chi ha assoluto bisogno di questo strumento.
Il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione. Altre decisioni rilevanti per la costituzione del suddetto Programma sono state la 2008/381/CE, fondante la Rete europea sulle migrazioni (REM) di carattere informativo, la numero 575 del 2007 e la 2007/435/CE; tutte queste decisioni, oltre alla già citata decisione 573/2007/CE sono state abrogate o modificate dal regolamento 516/2014. Questo strumento è intervenuto alla scadenza del FER, istituendo il FAMI (Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione), il quale va a raggruppare il Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini dei Paesi terzi, Il Fondo europeo per i rimpatri e il FER. Si può facilmente evincere come l’obiettivo di tale fondo non sia solo lo sviluppo dello strumento del reinsediamento e di una politica comune europea in tal senso, ma anche il suo inserimento nel contesto della gestione dei flussi migratori, della politica comune d’immigrazione, del rafforzamento e sviluppo della politica comune di asilo, protezione sussidiaria e temporanea, al fine di creare una politica europea di reinsediamento organica, coerente e funzionale al Sistema europeo di asilo. Si segnala, infine, una recente proposta di rifusione del regolamento 516/2014 da parte della Commissione, già annunciata in una comunicazione dell’aprile precedente, al fine di creare, si legge nell’introduzione del testo, “un quadro di reinsediamento più strutturato, armonizzato e permanente basato sulle precedenti costruzioni normative e nell’ambito dell’Unione”.
Altre misure per favorire il reinsediamento. Al fine di intensificare gli sforzi degli Stati membri nel reinsediamento di individui bisognosi, dato lo scarso numero di Stati membri partecipanti al Programma e l’ancor più esiguo numero di rifugiati reinsediati (6380 nel 2014), la Commissione ha annunciato il varo di uno schema di reinsediamento straordinario. Questo schema ha assunto la forma non vincolante della raccomandazione, nella fattispecie la Raccomandazione n. 914 del 2015: essa raccomanda a tutti gli Stati membri di reinsediare, su base volontaria e nell’arco di due anni, un totale di 20.000 individui bisognosi di ricollocamento provenienti da Paesi terzi secondo modalità e distribuzioni descritte nell’indice allegato alla raccomandazione. La Commissione ha inoltre annunciato che, in caso di bisogno, la misura volontaria può essere trasformata in vincolante, una prospettiva che non può certo intimorire gli Stati membri, visto che l’obbligatorietà del reinsediamento dovrà passare attraverso l’approvazione del Consiglio.
Un ulteriore momento di solidarietà, stavolta nei confronti dei Paesi maggiormente esposti ai flussi migratori, nella fattispecie Italia e Grecia, si è concretizzata nel mese di settembre dello scorso anno tramite le decisioni 1523 e 1601: questi provvedimenti, simili ma non identici, prevedono la ricollocazione, ovvero il reinsediamento fra due Paesi interni alla UE, di 40.000 richiedenti asilo la prima e di ulteriori 120.000 la seconda. In un primo momento era stata inserita fra i beneficiari anche l’Ungheria, la quale però ha deciso di non usufruire di questo strumento. La ratio di questi strumenti normativi è quella di diminuire la pressione sui sistemi di asilo degli Stati maggiormente esposti agli arrivi di migranti, i quali sono stati circa 1 milione nel 2015 secondo dati dell’UNHCR. Ad oltre un anno di distanza dall’uscita delle due decisioni, i dati a nostri disposizione ci raccontano il ritardo di tali ricollocamenti, la scarsa solidarietà fra gli Stati membri e quindi, sostanzialmente, di un grave rallentamento nell’adempimento di tale iniziativa.
(a cura di Francesco Casella, Master in analisi, prevenzione e contrasto della corruzione e della criminalità organizzata – anno 2016 – Università di Pisa)