La normativa. Il Comune di Roma Capitale è intervenuto, con l’Ordinanza sindacale 111/2018 (che segue il Regolamento “Sale da gioco e giochi leciti” n. 31 del 9/06/2017), sulla disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro: in particolare, viene stabilito che gli apparecchi da gioco che erogano vincite in denaro, ovunque installati, possano restare in funzione dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23 e debbano invece essere spenti nelle altre fasce orarie; in caso di recidiva nella violazione, la sanzione passa da una di tipo pecuniario alla sospensione del funzionamento di tutti gli apparecchi (fino ad un massimo di 5 giorni).
I ricorsi. Di fronte a queste previsioni, varie sale gioco operanti nel Comune di Roma hanno presentato ricorso al TAR del Lazio, appellando poi al Consiglio di Stato le relative sentenze (tutte di rigetto). Le argomentazioni con cui vengono definiti questi giudizi sono simili tra loro, pertanto è possibile vedere il quadro d’insieme ripercorrendo i principali punti.
Le sentenze prese qui in esame sono: TAR Lazio 750/2019, Consiglio di Stato 4125/2020; TAR Lazio 12322/2018, Consiglio di Stato 4123/2020; TAR Lazio 12320/2018, Consiglio di Stato 4122/2020; TAR Lazio 2553/2019, Consiglio di Stato 4121/2020; TAR Lazio 1414/2019, Consiglio di Stato 4119/2020; TAR Lazio 1408/2019, Consiglio di Stato 4096/2020.
I poteri del Sindaco e l’Intesa in sede di Conferenza Unificata. Una delle questioni sollevate dai ricorrenti è quella relativa all’inosservanza delle prescrizioni contenute nell’Intesa in sede di Conferenza Unificata e alla violazione delle competenze del Sindaco in materia di orari (anche rispetto ai poteri dell’Autorità di Pubblica sicurezza).
Viene infatti evidenziato che, nell’Ordinanza, l’Intesa verrebbe considerata “vigente ed efficace” per quel che riguarda il potere dei Sindaci di intervenire sulle limitazioni orarie e invece “priva di valore cogente” quando si tratta del limite massimo, individuato in 6 ore complessive, di interruzione del gioco, facendo così emergere una contraddizione tra i due approcci.
Le sentenze del TAR del Lazio e quelle del Consiglio di Stato distinguono le due questioni: anzitutto, si scrive, il potere del Sindaco deriva dall’art. 50, comma 7 del TUEL che prevede la possibilità di limitare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installati apparecchi per il gioco, e in questo senso viene richiamata anche la sentenza 220/2014 della Corte costituzionale; inoltre il potere del Sindaco non interferisce con quello della Questura, tutelando interessi differenti (nel primo caso, quelli generali della comunità locale; nel secondo caso, quelli di pubblica sicurezza e tutela dell’ordine pubblico anche ai fini della prevenzione dei reati).
Sul versante dell’Intesa, una volta sganciata rispetto al fondamento del potere di intervento del Sindaco, le sentenze affermano che, non essendo stata recepita con decreto ministeriale, deve considerarsi priva di valore cogente (richiamando anche TAR Veneto, 417/2018); inoltre, viene ribadito che avendo l’Intesa il compito di porre in essere un complessivo riordino della materia, non sarebbe del tutto corretto ipotizzare “un’applicazione atomistica o parcellizzata” limitata esclusivamente al punto in cui si prendono in considerazione le limitazioni orarie.
L’istruttoria. I ricorrenti poi sollevano la carenza di istruttoria nell’Ordinanza, affermando che i dati presentati dall’Amministrazione comunale a fondamento delle misure adottate sarebbero “inidonei a dimostrare l’esistenza di una situazione emergenziale” che possa giustificare una compressione dell’attività economica.
Le sentenze del TAR del Lazio, anzitutto, respingono la censura sulla base della considerazione che ai sensi dell’art. 3 della legge 241/1990 le ordinanze, in quanto atti generali, non soggiacciono all’obbligo di motivazione. In ogni caso, l’Ordinanza presenta tutta una serie di dati e considerazioni in cui emerge:
1) la crescita negli ultimi anni dei casi di ludopatia accertati (in particolare attraverso i dati del Ser.D. delle ASL del Lazio e degli sportelli GAP del Dipartimento Politiche Sociali di Roma Capitale);
2) l’aumento del numero di sale gioco di nuova apertura e di nuove installazioni di apparecchi per il gioco;
3) la crescita della raccolta nei punti di rete fisica nella Regione Lazio e nel Comune di Roma Capitale;
4) la presenza di una rilevante quota di casi di ludopatia sommersi (“cifra oscura”), ossia non rilevati nei numeri e quindi nemmeno presi in carico dal Servizio per le Dipendenze.
Viene inoltre ribadito, di fronte ad una specifica censura, che i dati relativi a due anni prima rispetto all’adozione del provvedimento “devono reputarsi utilmente valutabili e tutt’altro che obsoleti” (TAR Lazio, 2553/2019).
L’istruttoria presente nell’Ordinanza, con le caratteristiche appena ricordate, viene giudicata dai Collegi corretta (presentando numerosi elementi) e sufficiente per fondare le limitazioni orarie.
Le limitazioni orarie e la loro utilità. Un punto particolarmente interessante delle sentenze è quello relativo all’utilità delle disposizioni che introducono limitazioni orarie: viene citato, infatti, uno studio dell’Eurispes (“Gioco pubblico e dipendenze nel Lazio. Focus sulla città di Roma”) in cui da un lato emergerebbe che la Regione Lazio è la seconda in Italia per volume di gioco (con 2/3 del gioco regionale concentrato nella Capitale), dall’altro che le uniche regioni che tra il 2017 e il primo trimestre del 2019 non hanno aumentato i dati della raccolta del gioco sono Lazio e Piemonte, ossia regioni nelle quali sono state introdotte limitazioni orarie. Da ciò il Consiglio di Stato fa discendere la considerazione che “la misura della regolazione dell’orario di apertura/chiusura delle sale slot non sia indifferente alla prevenzione ed al contrasto del gioco patologico”.
Il contemperamento degli interessi. Le censure presentate dai ricorrenti si concentrano poi sull’omesso bilanciamento degli interessi coinvolti (con violazione dei principi di ragionevolezza e adeguatezza).
Il TAR del Lazio e il Consiglio di Stato rigettano questa doglianza sulla base di varie argomentazioni.
Anzitutto viene respinta la tesi, prospettata da un ricorrente, secondo cui il Comune avrebbe dovuto “attendere di valutare gli effetti delle altre misure adottate con il Regolamento del 2017” prima di procedere con l’Ordinanza, che sarebbe stata necessaria solamente “alla luce dell’eventuale insufficienza delle determinazioni già assunte” (TAR Lazio, 2553/2019). Questa prospettiva viene bocciata sulla base di due considerazioni:
1) l’Ordinanza in materia di orari costituisce determinazione attuativa del Regolamento comunale e non deve essere vista come un’extrema ratio;
2) la finalità complessiva dell’Ordinanza è di tipo preventivo, anche a tutela delle fasce giovanili della popolazione (che si ritiene siano ragionevolmente impegnate in altre attività nelle fasce di apertura) e una simile misura non è “fungibile rispetto alle altre previste a livello nazionale e regionale e nel Regolamento capitolino”.
Del resto, nelle varie sentenze, la valenza fortemente preventiva delle limitazioni orarie introdotte, e con essa la legittimità di queste misure, viene valorizzata: ciò alla luce in particolare della giurisprudenza del Consiglio di Stato (si veda la sentenza 4867/2018) in cui viene affermata “l’esistenza di un vero e proprio obbligo” per le amministrazioni comunali di porre in essere “interventi limitativi nella regolamentazione delle attività di gioco” per esigenze di tutela della salute e in applicazione del principio di precauzione al fine di “minimizzare (o azzerare, ove possibile) il rischio” di ludopatia.
Ricostruita in questi termini la questione, i Collegi giudicanti ribadiscono l’adeguatezza e proporzionalità di una limitazione oraria che consenta l’utilizzo degli apparecchi per un massimo di 8 ore giornaliere: il bilanciamento degli interessi della parte imprenditoriale e delle esigenze di tutela della salute della collettività a fondamento della decisione comunale sarebbe dunque ragionevole (atteso che l’illimitato accesso al gioco favorisce la dipendenza).
Viene inoltre rigettato anche il prospettato contrasto con la direttiva Bolkestein in materia di liberalizzazioni, la quale non si applica al settore dei giochi (e al contempo si richiama anche la giurisprudenza comunitaria sul punto, in particolare la sentenza 470/2012 della Corte di Giustizia UE).
La disparità di trattamento tra new slot e videolottery ed altre tipologie di gioco. I ricorrenti sollevano poi una censura rispetto all’oggetto stesso dell’Ordinanza: essa infatti applica le limitazioni orarie al funzionamento degli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6 del TULPS (ossia videolottery e new slot) escludendo così altre tipologie di gioco (su tutti, Gratta & Vinci e il gioco online): ciò, ad avviso dei gestori, da un lato dimostrerebbe una disparità di trattamento tra le varie categorie di gioco, dall’altro rivelerebbe anche l’inefficacia delle misure stesse (vista l’offerta di altri giochi a disposizione degli utenti).
Questa doglianza viene respinta: innanzitutto viene affermata la maggiore pericolosità di videolottery e new slot (che si caratterizzerebbero per il fatto di dar luogo a manifestazioni di irrefrenabilità e gioco compulsivo più di altre tipologie di gioco, anche sulla base dell’assenza di intermediazione umana nel loro funzionamento); inoltre, si ribadisce che il Sindaco non ha la possibilità di limitare altre tipologie di gioco (ad esempio, quello online): da questa considerazione, ad avviso dei Collegi giudicanti, non si può però invocare che il Comune dovrebbe astenersi da altri interventi, anche perché così la supposta parità di trattamento “si risolverebbe, assurdamente, nell’impossibilità per le amministrazioni comunali di arginare il fenomeno del gioco patologico” (richiamando TAR Piemonte, 839/2017; sul punto si cita anche il Consiglio di Stato, 3382/2018: “l’argomento … secondo cui i soggetti affetti da ludopatia si indirizzerebbero verso altre forme di gioco … prova troppo poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco”).
Il pericolo di trasmigrazione degli utenti. L’Ordinanza viene poi avallata nelle sentenze anche sul piano dell’uniformità degli orari sul territorio comunale e tra diverse tipologie di esercizi: ciò, in particolare, viene ritenuto giustificato e proporzionato nell’ottica di “prevenire la trasmigrazione degli utenti” verso altri punti gioco o altre zone del Comune.
L’intervento del Comune sul funzionamento degli apparecchi da gioco. L’Ordinanza disciplina anche le modalità di funzionamento degli apparecchi in questione, in particolare prescrivendo lo spegnimento degli stessi tramite il loro distacco dalla rete elettrica nelle ore di non funzionamento. A riguardo i Collegi giudicanti, di fronte alle censure dei ricorrenti che lamentavano che ciò non fosse di competenza del Sindaco bensì dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, giudicano corretta questa previsione: le prerogative del Sindaco incidono su un piano diverso rispetto a quelle dell’Agenzia e non entrano in conflitto tra loro.
Le sanzioni. Un altro punto che viene sollevato dai ricorrenti contro l’Ordinanza in questione è quello relativo all’introduzione della sanzione della sospensione per 5 giorni del funzionamento di tutti gli apparecchi dei gestori che siano recidivi nella violazione delle misure orarie.
Il TAR del Lazio e il Consiglio di Stato rigettano questa censura sulla base di due considerazioni: 1) dal potere del Sindaco di disciplinare gli orari discende anche quello di comminare sanzioni effettive, non meramente simboliche e non sproporzionate, le quali nella discrezionalità riservata al Comune possono consistere anche nella sospensione (nella sentenza 4119/2020 del Consiglio di Stato, inoltre, si afferma che non basta la mera sanzione pecuniaria di fronte a ripetute violazioni: ciò anzi potrebbe indurre i gestori a orientarsi sulla base di un calcolo economico costi/benefici neutralizzando di fatto la portata deterrente delle sanzioni e “conseguendo così gli inammissibili effetti pratici di una sanatoria a modesto onere economico”); 2) l’art. 10 del TULPS, come modificato dall’art. 19 del D.lgs. 616/1977, sul quale a sua volta è intervenuta la Corte costituzionale, costituisce un’adeguata base giuridica per l’introduzione di interventi sanzionatori da parte dei Comuni in presenza di abusi delle autorizzazioni di competenza delle Amministrazioni locali.
(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)