La normativa e il caso. Il Comune di Milano, con le ordinanze 63/2014 e 65/2014, ha stabilito che gli apparecchi da gioco possono restare in funzione dalle 9 alle 12 e dalle 18 alle 23 e che, in caso di particolare gravità o recidiva delle violazioni rispetto a queste prescrizioni, può essere comminata la sanzione della sospensione dell’attività delle sale gioco o del funzionamento degli apparecchi.

Nel caso di specie, a fronte dell’accertamento da parte della Polizia locale del funzionamento di un apparecchio in un orario non consentito, è stata disposta la sospensione per un giorno del funzionamento di tutti gli apparecchi presenti nel locale in questione. La società che gestisce l’esercizio ha presentato ricorso contro questo provvedimento e le ordinanze poc’anzi richiamate e il TAR per la Lombardia si è pronunciato con la sentenza 8/2021.

Il potere sanzionatorio dei Comuni. Il cuore della controversia è relativo al fondamento del potere sanzionatorio dei Comuni. Di fronte alle contestazioni del ricorrente, il TAR afferma che:

1) in generale, sul piano della legittimità dell’applicazione della sanzione sospensiva da parte del Sindaco in caso di recidiva, riprendendo dalla sentenza 6331/2020 del Consiglio di Stato, i giudici argomentano che “con il passaggio dall’autorità di pubblica sicurezza ai Comuni delle funzioni di cui al T.U.L.P.S. per opera dell’art. 19, comma 1, del d.P.R. n. 616 del 1977 (…) sono transitati nella competenza dei Comuni anche i poteri sanzionatori, utilizzabili in presenza di violazione delle discipline specifiche che attengono alla tutela degli interessi pubblici diversi da quello dell’ordine e della sicurezza pubblica (…). Tra le misure sanzionatorie l’art. 10 del T.U.L.P.S. prevede proprio la revoca o la sospensione dell’autorizzazione nel caso di abuso della persona autorizzata; l’abuso consisterebbe anche nella violazione delle disposizioni dirette a garantire il corretto esercizio dell’attività autorizzata, nel caso di specie, proprio, l’orario di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago”.

2) nello specifico, sul piano della motivazione, secondo il TAR la sanzione sospensiva irrogata nei confronti dell’esercizio è correttamente motivata da parte del Comune, che richiama gli articoli 9 e 10 del TULPS. Più espressamente, dicono i giudici che il “Comune di Milano motiva (…) la disposta sospensione in relazione alla previsione dell’art. 9 del T.U.L.P.S., in virtù del quale: «Oltre le condizioni stabilite dalla legge, chiunque ottenga un’autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l’autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse». La mancata osservanza della regolamentazione oraria stabilita dal Sindaco può integrare abuso del titolo autorizzatorio; fattispecie, quest’ultima, che legittima, ai sensi dell’art. 10 del T.U.L.P.S., anch’esso richiamato dal provvedimento impugnato, la sospensione dell’esercizio: «Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata»”.

L’Intesa in sede di Conferenza Unificata. L’altro punto centrale della sentenza è relativo al valore che si deve attribuire all’Intesa in sede di Conferenza Unificata Stato Autonomie locali del 7 Settembre 2017 in cui, tra le altre cose, viene individuato in sei ore il periodo massimo di interruzione quotidiana del gioco. Il TAR ripercorre le varie posizioni in campo, quella espressa da TAR Veneto 417/2018 e TAR Lazio 12322/2018, secondo cui l’Intesa deve ritenersi priva di valore cogente perché non recepita con decreto, e quella espressa da TAR Lazio 1460/2019 per cui invece l’Intesa varrebbe come norma di indirizzo per gli Enti locali e come parametro per valutare la legittimità dei provvedimenti adottati.

Il Collegio, richiamando Consiglio di Stato 4119/2020, 4496/2020, 5223/2020 e 6331/2020, aderisce al primo orientamento: “Per essere prevista quale atto prodromico all’esercizio del potere statale di coordinamento ed indirizzo con finalità di coinvolgimento delle Regioni, all’Intesa non può riconoscersi ex se, e senza che i suoi contenuti siano recepiti nel decreto ministeriale, alcuna efficacia cogente”.

Lo stesso orientamento è stato ribadito anche nella sentenza 1189/2021 del TAR Lombardia

La sentenza 666/2021. Lo stesso orientamento è stato confermato dal TAR Lombardia anche nella sentenza 666/2021 in cui oggetto del giudizio erano le ordinanze del Comune di Milano, contestate dal ricorrente anche in questo caso per un’asserita violazione dei contenuti dell’Intesa.

Nel respingere la censura, richiamando le argomentazioni contenute nella sentenza 8/2021, il Collegio, inoltre, aggiunge che “il Consiglio di Stato ha più volte ribadito che rientra nei poteri dei Sindaci quello di fissare limitazioni orarie all’utilizzo degli apparecchi da gioco, per contrastare la diffusione delle patologie legate al gioco stesso e realizzare così un equo contemperamento fra le esigenze imprenditoriali e quelle di tutela della salute pubblica, queste ultime aventi rilievo primario (cfr. ancora la già citata sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5233/2020 e le sentenze della stessa Sezione V n. 4122 e n. 4125, entrambe del 2020)”.

SULLE LIMITAZIONI ORARIE NEL COMUNE DI PADERNO DUGNANO

La normativa e il caso. Il Comune di Paderno Dugnano (Mi) con l’ordinanza sindacale 60/2019 ha disposto tre fasce orarie (7.30-9.30, 12-14, 19-21) di interruzione dell’esercizio delle sale gioco e degli apparecchi collocati in altri esercizi. Avverso questo provvedimento, sollevando una serie di censure, hanno presentato ricorso alcuni esercenti, su cui il TAR per la Lombardia si è pronunciato con la sentenza 36/2021.

L’istruttoria. Il primo elemento che viene analizzato è il lamentato difetto di istruttoria che, secondo gli esercenti, caratterizzerebbe l’ordinanza. Il TAR è di diverso avviso e, a dimostrazione che l’istruttoria è stata compiuta, cita una serie di iniziative che il Comune ha assunto sul versante del gioco: l’approvazione del Regolamento comunale per la prevenzione e il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco d’azzardo lecito, i lavori della Commissione Comunale Legalità, che ha svolto diverse sedute nel biennio precedente, i lavori del tavolo tecnico di lavoro costituito da Personale dell’Amministrazione Comunale (Settore Socio-culturale, Polizia Locale, SUAP), l’attuazione del Progetto di contrasto del Gioco d’azzardo ideato in collaborazione con il Comune di Novate Milanese e finanziato dalla Regione Lombardia.

Si tratta di argomentazioni in parte differenti rispetto alla maggioranza dei casi, in cui le valutazioni rispetto alla completezza dell’istruttoria vengono generalmente ricondotte a dati quantitativi di immediata lettura (il numero di soggetti presi in carico dai Servizi per le dipendenze, il volume di giocate complessive, il numero di esercizi in cui è possibile giocare ecc). In questa sentenza, invece, sulla base dell’impegno del Comune qualificato sul tema (testimoniato dalle iniziative citate), i giudici ricavano che si debba escludere che “il fenomeno della ludopatia e del collegamento tra il gioco da un lato e le sale giochi e gli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro collocati in locali di pubblico esercizio dall’altro non sia stato adeguatamente valutato, anche con riferimento alle caratteristiche del territorio comunale”.

Sempre in tema di istruttoria, inoltre, il TAR afferma che:

1) il fenomeno della ludopatia costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza (come si legge anche nella sentenza 128/2017 del TAR Veneto);

2) il numero di soggetti in cura per combattere la ludopatia risente di una notevole cifra oscura e, per questo, non si può fondare una decisione solo su questi dati.

Il numero di ore di chiusura. L’altro punto centrale della sentenza è quello relativo al numero di ore di chiusura (fissato in sei ore al giorno, nell’ordinanza impugnata). Centrale qui è il rilievo che in altre circostanze la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha avallato limitazioni orarie anche più stringenti (tra le sentenze citate, ad esempio: 2519/2016, 4861/2015, 4794/2015, 3271/2014).

Sul tema delle limitazioni orarie come misura efficace contro la ludopatia, il TAR (riprendendo anche qui parte della giurisprudenza del Consiglio di Stato) ritiene che:

1) con questo tipo di provvedimento è rispettato il principio di proporzionalità;

2) “l’argomento secondo cui l’amministrazione non abbia tenuto conto di altre forme di gioco verso le quali i soggetti affetti da ludopatia si indirizzerebbero prova troppo poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco (le slot machines, appunto) se altre ve ne sono a disposizione”;

3) il sacrificio per gli interessi privati è il minore possibile, essendo ai gestori comunque consentita l’apertura al pubblico anche nelle fasce orarie di interruzione del gioco, permettendo loro di realizzare una diversa organizzazione d’impresa attraverso altre attività (es. bar).

(a cura di Marco De Pasquale, Master APC Università di Pisa)