Premessa. La Legge regionale del Veneto 38/2019 ha previsto, all’articolo 8, che con provvedimento della Giunta Regionale venissero rese “omogenee sul territorio regionale le fasce orarie di interruzione quotidiana del gioco”; ciò, nello specifico, è avvenuto con la DGR n. 2006 del 30 dicembre 2019 (pubblicata sul BUR il 10 Gennaio 2020). Con la Delibera di Giunta Regionale, in particolare, sono state definite tre fasce di interruzione del gioco (7:00-9:00; 13:00-15:00, 18:00-20:00). Si puntualizza, nella Delibera, inoltre, che nelle fasce in esame “i Comuni non potranno consentire in alcun modo l’utilizzo delle apparecchiature” da gioco; essi “possono, invece, aggiungere alle predette fasce di interruzione anche ulteriori fasce orarie di chiusura, anche in relazione alla situazione locale”.

Il Comune di Schio, con ordinanza sindacale del 30 dicembre 2019, ha introdotto limiti orari più stringenti di quelli previsti dalla DGR.

Avverso l’ordinanza sindacale ha presentato ricorso un esercente che opera nel Comune di Schio: il TAR del Veneto ha bocciato il ricorso con la sentenza 759/2023. Ha quindi presentato appello al Consiglio di Stato che ha definitivamente confermato la correttezza dell’ordinanza sindacale con la sentenza 7532/2024 che qui si analizza.

I tempi dell’entrata in vigore dei provvedimenti e i margini di intervento concessi ai Comuni dalla DGR 2006/2019. In primo luogo i giudici del Consiglio di Stato, nel confermare la sentenza di primo grado, osservano che “all’atto dell’adozione dell’ordinanza sindacale impugnata, recante la data del 30 dicembre 2019, la DGR n. 2006 del 2019 non era ancora entrata in vigore”, essendo stata pubblicata sul Bollettino regionale solo successivamente, ossia in data 10 gennaio 2020.

In ogni caso, la DGR 2006/2019 contiene al suo interno una clausola che autorizza i Comuni a fissare limiti più stringenti di quelli individuati dalla Giunta regionale (“I Comuni possono invece, aggiungere alle predette fasce di interruzione anche ulteriori fasce orarie di chiusura, anche in relazione alla situazione locale”).

Tale esito è comunque coerente, secondo il Collegio, anche con le previsioni di cui all’art. 50, comma 7, del TUEL.

L’istruttoria. Secondo il Consiglio di Stato, inoltre, è corretta anche l’attività istruttoria svolta nell’ordinanza sindacale: in essa, infatti, si richiama “un rapporto della ULSS n. 7 Pedemontana, in merito alla diffusione della ludopatia, oltre all’indirizzo espresso dai Sindaci del Distretto Alto Vicentino del 2 dicembre 2019: documenti, questi, che testimoniano, quantomeno, l’avvio di un’indagine sul territorio”.

La questione di legittimità costituzionale. È infondata, secondo i giudici, anche l’obiezione di legittimità costituzionale sollevata dall’appellante. Il Collegio, infatti, interpretando l’art. 8 della LR 38/2019 nel senso che “i singoli Comuni possono stabilire restrizioni in peius rispetto a quelle derivanti dalle previsioni regionali”, ritengono che l’eventuale disomogeneità sul territorio regionale delle fasce orarie sarebbe “meramente apparente” in quanto si deve considerare “l’esigenza di adeguare quelle fasce orarie alle situazioni locali, ovviamente entro ragionevoli limiti che non conducano ad un totale sovvertimento delle indicazioni regionali”.

Conferma conclusivamente il Consiglio di Stato che “spetta ai singoli Comuni, alla luce della situazione locale che forma oggetto del loro governo, la regolazione oraria degli apparecchi da gioco lecito, al fine di prevenire danni per la salute dei cittadini e nell’ottica del necessario contemperamento con le esigenze della libertà individuale di impresa”.

L’Intesa in Conferenza Unificata. Il Collegio boccia, infine, anche l’eventuale contrasto, paventato dall’appellante, con le prescrizioni contenute nell’Intesa in Conferenza Unificata del 2017, ritenendo ormai acquisito in giurisprudenza la “non vigenza” della stessa.