Nel corso dei 30 anni di applicazione della disciplina (sulla quale vedi questa scheda) si sono registrate numerosissime pronunce di Tar e Consiglio di Stato in materia di scioglimento dei comuni e delle altre amministrazioni locali (per le aziende sanitarie si veda, ad esempio, la sentenza del TAR Campania 2873/2006): l’analisi delle decisioni dei giudici amministrativi contribuisce a definire con più precisione tale istituto ed il modo in cui è stato concretamente attuato.
La Commissione d’accesso. Lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso è disciplinato, nel nostro ordinamento, dall’art. 143 del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL).
Di norma allo scioglimento si giunge in seguito agli accertamenti effettuati da un’apposita Commissione d’accesso presso l’Ente nominata dal Prefetto (il quale, al termine dei lavori, relaziona il Ministro dell’Interno); questa modalità, che è senz’altro la principale, non è comunque l’unica possibile, potendo il Prefetto acquisire anche aliunde gli elementi in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi amministrativi: ciò è stato ribadito anche dal TAR Lazio, sentenza 5022/2020, in cui un’ordinanza del GIP è stata ritenuta di per sé idonea a rappresentare una situazione di permeabilità dell’Ente locale alle infiltrazioni della criminalità tale da rendere opportuno e necessario relazionare al Ministro dell’Interno ai fini della sollecitazione di un eventuale provvedimento di scioglimento.
Le caratteristiche dello scioglimento per infiltrazioni mafiose: il rapporto con le indagini penali. Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa (si veda, ad esempio, CDS 2054/2015, sul Comune di Augusta), lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose non presuppone la commissione di reati da parte degli amministratori né l’esistenza di prove inconfutabili sui collegamenti tra l’amministrazione e le organizzazioni criminali, anche se le risultanze delle indagini penali ovvero l’adozione di misure individuali di prevenzione possono certamente costituire la base per la proposta di scioglimento.
Conseguentemente, non è necessario attendere la definizione del giudizio penale per procedere in merito all’eventuale scioglimento dell’ente: ciò che conta è lo stato degli atti disponibili al momento del provvedimento di scioglimento del Comune. Pertanto sull’Amministrazione procedente non grava né un onere di apprezzamento peculiare degli elementi disponibili ai fini della previsione dell’esito finale, né tantomeno vanno attesi gli sviluppi futuri dell’indagine penale (sul punto si vedano, ad esempio, TAR Lazio, 338/2019 e TAR Lazio 14704/2019 in cui i giudici ritengono sussistente il rischio di permeabilità delle organizzazioni criminali nel Comune sulla base delle ricostruzioni della pubblica accusa nelle indagini fino a quel punto condotte, quali motivazioni sufficienti per procedere allo scioglimento).
Tale impianto viene considerato dalla giurisprudenza in linea con la finalità preventiva dello strumento dissolutorio, fondato sulla necessità di evitare con immediatezza che l’Amministrazione locale rimanga permeabile all’influenza e alle pressioni della criminalità organizzata (ad esempio, CDS 3340/2014 e TAR Lazio 9381/2019; CDS 5782/2017 relativa al comune di Brescello).
Coerentemente con ciò, anche il giudice amministrativo risulta vincolato ad una valutazione allo stato degli atti su cui l’Amministrazione procedente ha disposto lo scioglimento (si veda su quest’ultimo punto la scheda relativa al giudizio di legittimità).
Le caratteristiche dello scioglimento per infiltrazioni mafiose: la valutazione unitaria degli elementi e il carattere preventivo della misura. L’Amministrazione gode di ampia discrezionalità nella ricostruzione del contesto ambientale e nella valutazione degli elementi sui collegamenti, diretti o indiretti, o sulle forme di condizionamento della vita amministrativa da parte della criminalità di stampo mafioso.
In base alla legge è sufficiente che ci siano “elementi concreti, univoci e rilevanti” volti a far ritenere un collegamento tra l’Amministrazione e i gruppi criminali; per concretezza si intende che gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono essere assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica; per univocità, si intende la loro chiara direzione agli scopi; la rilevanza, infine, si caratterizza per l’idoneità degli elementi all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale (tra le tante, ad esempio CDS 1165/2019).
A tal fine va considerato l’insieme dei fatti ed episodi sintomatici “che isolatamente considerati potrebbero anche non essere particolarmente significativi o determinanti, ma che acquistano rilevanza in una considerazione di insieme” (CDS 1266/2012). La scomposizione atomistica degli elementi, infatti, non permetterebbe di cogliere il “valore aggiunto negativo” della contaminazione mafiosa, che non è statica ma dinamica e non è mai rigida ma variamente adattabile (CDS 4026/2019). Tutto questo in base al ricorrere di relazioni e frequentazioni equivoche da parte degli amministratori (non limitate alle sole evenienze di carattere penale: TAR Lazio 10314/2015) e al contestuale inquinamento dell’azione amministrativa dell’ente locale.
Lo scioglimento si configura infatti come misura straordinaria di prevenzione per combattere l’invasività del fenomeno mafioso: essa non ha natura sanzionatoria ma è finalizzata a rimediare a situazioni patologiche di compromissione del naturale funzionamento dell’autogoverno locale causate da un’accertata diffusione sul territorio della criminalità organizzata; in questo senso, non è necessario provare la consapevolezza degli amministratori locali in ordine ai benefici di cui hanno usufruito i clan malavitosi, essendo sufficiente dimostrare l’assenza di adeguate contromisure adottate dall’Amministrazione locale per contrastare l’aggiudicazione di appalti o altri finanziamenti a favore di aziende legate alla criminalità organizzata (CDS 5782/2017, riguardante il comune di Brescello, e TAR Lazio 816/2018 relativa al comune di Marina di Gioiosa Ionica).
Le caratteristiche dello scioglimento per infiltrazioni mafiose: le garanzie partecipative. Nel contesto dello scioglimento, non trovano applicazione le norme generali sul “giusto procedimento”, con particolare riferimento al principio del contraddittorio (TAR Lazio 10361/2017). Secondo la giurisprudenza consolidata (CDS 2454/2016), lo scioglimento è una misura che riguarda l’ente locale nel suo insieme e solo indirettamente lo status dei singoli consiglieri, i quali comunque avrebbero tutte le opportunità di far valere le proprie argomentazioni di fronte alla commissione di accesso, dal momento che la nomina della Commissione d’accesso viene comunque resa nota al Sindaco.
Anche per la natura preventiva e cautelare del procedimento di scioglimento, dunque, la giurisprudenza è costante nel negare che debbano trovare applicazione le norme in materia di comunicazione di avvio del procedimento e le garanzie partecipative di cui all’articolo 7 della legge 241/1990 (TAR Lazio 5843/2020). L’assenza di una previa contestazione degli addebiti trova ragione, infatti, anche nell’urgenza del provvedere (oltre che nella circostanza che gli interessi coinvolti sono quelli della collettività, e non dei singoli amministratori): lo scioglimento è la reazione dell’ordinamento a ipotesi di attentato all’ordine e alla sicurezza pubblica, e i tempi rapidi e decisi giustificano un affievolimento delle garanzie partecipative e del contradditorio (CDS 4074/2020 e TAR Lazio 6953/2021).
Lo scioglimento per infiltrazioni, inoltre, trova applicazione anche nel caso di precedente fissazione della data delle elezioni per il rinnovo di un Consiglio comunale sciolto “in via ordinaria” per dimissioni ultra dimidium dei suoi componenti: in base al comma 6 dell’art. 143 del testo unico, infatti, lo scioglimento per infiltrazioni mafiose ha comunque la prevalenza rispetto alle ipotesi disciplinate dall’art. 141 dello stesso testo unico (TAR Lazio 10361/2017, relativa al comune di Trentola Ducenta; vedi anche le considerazioni contenute in CDS 3828/2018, riguardante il comune di Sant’Onofrio).
Le misure alternative allo scioglimento. L’articolo 143, ai commi 5, 7 e 7-bis, prende in esame anche quei casi in cui al termine dei lavori della commissione d’accesso non viene disposto lo scioglimento dell’Ente locale. In tal caso, si prevede che venga emanato un decreto di conclusione del procedimento in cui si dà conto degli esiti dell’attività di accertamento. Nell’ipotesi in cui, pur non sussistendo i presupposti per procedere allo scioglimento dell’Ente, emergano comunque degli elementi di irregolarità nella vita amministrativa, possono essere disposte delle misure alternative, atte a rimuovere tali situazioni pregiudizievoli.
A tal proposito, la giurisprudenza ha chiarito che nel caso in cui siano ritenuti integrati i presupposti per procedere allo scioglimento del Comune, non sussiste alcun onere motivazionale rispetto alla scelta di non applicare le misure alternative. In altri termini, dal momento che l’ordinamento ha individuato nello scioglimento la misura ordinaria per far fronte alle situazioni di inquinamento mafioso della vita amministrativa, nel caso in cui si proceda per questa via non emerge l’onere di motivare rispetto alla scelta di non disporre misure alternative; è solo quando non si procede allo scioglimento che si deve motivare l’eventuale scelta di applicare altre misure (CDS 1433/2019 e TAR Lazio 12935/2020).
I poteri della commissione straordinaria: le conseguenze sugli atti amministrativi. Si registra una giurisprudenza consolidata da parte dei giudici amministrativi sui poteri dell’organismo ai sensi dell’art. 145 del TUEL, utile a precisare le caratteristiche di tale organismo, il quale è volto ad “eliminare, con strumenti di tipo amministrativo, le fonti di condizionamento, diretto od indiretto, dell’amministrazione pubblica nei settori di attività concernenti l’affidamento di appalti pubblici e la gestione di pubblici servizi” (CDS 7335/2005). In questo caso non siamo di fronte ad un mero riesame della legittimità dei singoli atti né ad un esame della responsabilità delle aziende convolte, ma degli strumenti organizzativi e contrattuali posti in essere sotto l’influenza della criminalità organizzata al fine di assicurare il buon andamento dell’amministrazione: ciò può portare anche ad avere effetti ablatori su atti amministrativi consolidati nel tempo con sacrificio di situazioni giuridiche soggettive ad essi collegate, trattandosi di una speciale e ampia forma di autotutela, volta a salvaguardare l’interesse e la sicurezza pubblica.
L’esistenza di seri indizi sull’esistenza di infiltrazioni della criminalità organizzata giustifica, ad esempio, la risoluzione del contratto di appalto decisa dalla commissione straordinaria del comune di Capesenna e l’annullamento degli atti pregressi (TAR Lazio 6378/2015). Analogamente (TAR Campania 4276/2011) è stata confermata la legittimità della decisione con la quale la commissione straordinaria del comune di Casaluce ha annullato la gara relativa alla definizione di una nuova disciplina urbanistica in quanto condizionata da interessi illeciti (si vada anche la decisione in merito alla revoca da parte della Commissione straordinaria del comune di Pompei delle delibere concernenti la costituzione di una società mista con partecipazione del comune e l’affidamento alla stessa del servizio di nettezza urbana, giustificata dalla permeabilità della società a forme di infiltrazione e di condizionamento mafioso, che la commissione vuole rescindere, e dai danni recati all’Amministrazione comunale nella gestione del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti: TAR Campania 918/2004).
Particolare interesse riveste anche la sentenza del Consiglio di Stato 2969/2001 (di riforma della precedente decisione del TAR), con la quale il massimo organo della giustizia ammnistrativa ha giudicato legittima la revoca dell’aggiudicazione di un appalto decisa dalla commissione straordinaria del comune di Melito Porto Salvo dopo aver verificato un collegamento, quanto meno indiretto, tra gli organi decisionali dell’impresa e le locali cosche mafiose, avvalendosi di strumenti di indagine diversi da quelli previsti dalla normativa generale in materia di certificazioni e comunicazioni antimafia. Da segnalare anche la decisione sulla piena legittimità dell’annullamento dell’affidamento dei servizi connessi alla balneazione sulle spiagge libere del litorale di Roma, da parte del Municipio di Ostia, a seguito delle “palesi anomalie dei singoli procedimenti di gara”, riscontrate anche dall’Anac: anche a distanza di molto tempo dall’affidamento, l’atto in autotutela risulta giustificato in relazione ai complessi accertamenti effettuati nel corso della gestione commissariale che hanno evidenziato uno “scenario di illegittimità dilagante” con riguardo alla complessiva attività amministrativa e, in particolare, alla gestione delle spiagge dell’intero litorale (TAR Lazio 1695/2018)
I poteri della commissione straordinaria: il personale. Per quanto riguarda più in particolare i provvedimenti riguardanti il personale, l’avvicendamento dei funzionari in posizione di vertice e/o di responsabilità maggiormente esposti al pericolo di condizionamento mafioso può trovare piena giustificazione laddove le relazioni prefettizia abbia evidenziato una situazione di condizionamento ambientale da parte della criminalità organizzata tale a incidere anche sul regolare funzionamento degli uffici; e ciò a prescindere dall’assenza di specifiche responsabilità, punibili in sede penale o disciplinare (CDS 5470 e 5545 del 2015). Si veda al riguardo anche la sentenza del TAR Lazio 4215/2016 con la quale è stata respinto il ricorso del Responsabile dell’Area Servizi al Territorio del Comune di San Calogero (sciolto nel 2013 per infiltrazioni della criminalità organizzata, decisione definitivamente confermata dai giudici amministrativi) nei confronti del trasferimento ad altro incarico deciso dall’Amministrazione; il Tar sottolinea che la relazione prefettizia e la documentazione fornita dal Comune evidenziano quegli elementi “concreti, univoci e rilevanti”, anche di carattere indiziario, richiesti dalla legge per individuare gravi irregolarità nella gestione amministrativa e, in tale quadro, anche le responsabilità in carico al dipendente: l’articolo 143, comma 5, del testo unico è volto non solo a stroncare la commissione di illeciti, ma a mettere in atto un efficace sistema preventivo di controllo, normalizzando così la vita amministrativa del comune, anche attraverso la sospensione o la destinazione ad altro ufficio del dipendente interessato, e questo a prescindere da responsabilità penali o disciplinari.