Di mafie si può e si deve parlare tutti insieme. Il lavoro del Festival Trame continua. Il contributo di Nuccio Iovene

Migliaia di presenze ogni giorno, cinquanta eventi, oltre venti presentazioni di libri, spettacoli teatrali, musicali, reading, due speciali mostre ed alcune installazioni artistiche in diversi luoghi della città: dal 18 al 23 giugno, il Festival Trame ha reso, per la tredicesima edizione, Lamezia Terme un palcoscenico a cielo aperto nel quale approfondire, confrontarsi e unirsi nella conoscenza e nel contrasto contro le mafie.

Dal reale al virtuale, il festival è stato seguito anche attraverso i social: il canale YouTube ha totalizzato ben 11.014 visualizzazioni, numero destinato a salire. Ap- profondimenti, in accordo con Trame, riprenderà e rilancerà il link proprio dei video di alcuni degli incontri, corredandoli con le interviste originali dei protagonisti. Partiamo con il contributo del presidente della Fondazione.

Ero molto fiducioso sul successo di questa edizione. Negli anni ho visto crescere l’attenzione e la condivisione nei confronti del Festival da parte della comunità lametina. Forse nei primi tempi avevano visto l’esperienza con sospetto: dubbi che si sono sciolti a mano a mano che si è compreso come la nostra rappresenti una manifestazione importante, in grado di parlare alla città, al resto della regione e a livello nazionale.

È un evento culturale che utilizza linguaggi diversi, non solo presentazione di libri, ma spettacoli, concerti, teatro, documentari, conversazione con esperti, testimonianze con famigliari e imprenditori che si ribellano: tessere di un mosaico che progressivamente ha coinvolto più gente, rendendolo un appuntamento consolidato. Lo sforzo di offrire novità non fa sopire la tensione.

Le due mostre speciali

Quest’anno abbiamo portato due mostre straordinarie. Il chiostro di San Domenico ha ospitato anche Il caso Africo dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo, mostra fotografica ideata e prodotta da Cortona On The Move in collaborazione con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia, a cura di Paolo Woods, con la supervisione scientifica di Barbara Costa e la ricerca iconografica di Serena Berno e Silvia Cerri.

La memoria di Africo “vecchio” rappresenta l’emblema della questione meridionale e il simbolo dell’abbandono da parte dello Stato di una porzione del proprio territorio: la raccolta ha proposto integralmente un reportage risalente al 1948 e commissionato dall’Europeo. Guardando le foto della Calabria profonda in grado di restituire le difficoltà del dopoguerra si è aperto il dibattito su cosa fare adesso nel mezzogiorno. Sono immagini passate che interrogano ancora oggi.

È una mostra che è stata molto apprezzata come lo è Visioni Civiche – L’arte restituita. Dalle opere confiscate alle mafie al bene comune”, realizzata in collaborazione con l’associazione Metamorfosi e comprendente quarantaquattro opere d’arte visitabili gratuitamente fino al 28 luglio negli spazi del Museo Archeologico Lametino. L’esposizione prevede pezzi pregiati sequestrati alla criminalità organizzata, tra cui Giorgio De Chirico, Antonio Ligabue, Paul Kostabi, Michele Cascella, Michele Cassinari, Cesare Berlingeri, Massimo Catalani, Luca Dall’Olio, Marco Lodola, Max Marra, Paolo Porelli, Pietro Annigoni, Franz Borghese e Bruno Caruso. 

Il progetto espositivo, oltre ad avere un importante e significativo valore artistico, ha rappresentato la volontà civica di consentire alla collettività di fruire di un patrimonio ottenuto illecitamente. Le collezioni sequestrate sono state messe insieme attraverso il ragionamento di uno studioso e critico di arte contemporanea come il professor Lorenzo Canova. Un esperimento che non era mai stato fatto prima e che ha ispirato il Ministero della Cultura e l’Agenzia dei beni confiscati ad allestire una mostra con altre opere sequestrate, seguendo lo stesso canone, a fine anno in una sede istituzionale. Noi seguiremo questo percorso.

L’importanza del contesto

I motivi del successo del festival sono quindi diversi, tra essi c’è sicuramente la presenza e l’impegno dei volontari: nelle tredici edizioni ne abbiamo avuti oltre 800. Alcuni sono tornati per più anni, per altri ha significato un’importante esperienza di formazione. Ho provato l’emozione di ascoltare ospiti che hanno rivelato di essere cresciuti con il Festival: prima studenti presenti ad ascoltare, poi volontari ad organizzare, infine come protagonisti degli eventi.

Il festival non si svolge d’altronde in un contesto asettico, non è una realtà fredda svincolata dai luoghi in cui vive: parla, discute, si confronta sul tema delle mafie dove le mafie ci sono, si conoscono, se ne subiscono le conseguenze. A Lamezia nel 1975 c’è stato l’omicidio di Francesco Ferlaino, il primo magistrato ucciso dalla ‘ndrangheta; dal 1991 si sono susseguiti tre procedimenti di scioglimento per mafia del consiglio comunale; per non parlare della lunga stagione dei sequestri di persona come quello di Giuseppe Bertolami, imprenditore agricolo, rapito nell’ottobre del 1983 e mai più ritrovato.

Non si parla in astratto, ma in un contesto che anche dal punto di vista istituzionale ha reagito, mostrando che c’è un’altra Lamezia che combatte, prende le distanze, lancia all’Italia il messaggio di essere diversa da quanto gli stereotipi vorrebbero fosse. Tra i luoghi comuni si capovolge anche quello che colpevolizza chi parla di mafie dell’attribuzione di mafiosità ad un territorio, sono i mafiosi a dare questa connotazione ad un luogo, mentre chi ne parla, chi ne scrive, chi racconta la reazione vuole proprio dare l’immagine opposta di una terra: una Calabria libera, che vive, lavora, contrasta le mafie ogni giorno.

Per questo il Festival si muove nella città: oltre il centro storico che ne resta il fulcro, ha raggiunto zone e persone lontani dai palcoscenici canonici di Palazzo Nicotera con il suo giardino incantevole; il Chiostro di San Domenico e la piazzetta San Domenico.

Trame ha “contaminato” tutto il territorio lametino con delle installazioni: al teatro Costabile l’esposizione di #leparolevalgono in collaborazione con Fondazione Treccani Cultura, una selezione di parole chiave tratte dal Vocabolario Treccani; al tribunale di Lamezia Terme Una vita contro la mafia” a cura di Istituto Superiore Einaudi-Molari di Rimini in collaborazione con l’Osservatorio sulla criminalità organizzata della Provincia di Rimini ed il Comune di Rimini.

Infine, alla Stazione di Lamezia Terme Centrale, “Il popolo di Trame, un dialogo fotografico che riassume volti e luoghi di una città in fermento contro le mafie, un excursus sull’impegno civile crescente attraverso gli scatti di Mario Spada, curati da Giuseppe Prode, che fin dalla prima edizione (2011) ha vissuto insieme alla piazza di Lamezia Terme l’esperienza open mind di cui il festival è espressione. L’esperienza di #trameincittà è proseguita poi con alcuni reading dislocati a Piazza Mazzini e ancora alla stazione di Lamezia Terme Centrale.

La rete fondamentale

Il festival ha ampliato gli spazi e continuato a saldare i legami con le associazioni e gli enti con cui collaborare. La manifestazione ha rinnovato l’intesa con il Premio per il giornalismo investigativo Roberto Morrione e, per la prima volta, ha ottenuto la collaborazione di Global Initiative Against Transnational Organized Crime GI-TOC, l’organizzazione internazionale con sede a Vienna. Nel corso del festival sono stati inoltre illustrati: il report “Amministratori sotto tiro” redatto dell’associazione Avviso Pubblico Enti locali e Regioni contro mafie e corruzione, il rapporto annuale Ecomafie di Legambiente in anteprima nazionale, e il report “RimanDATI realizzato dall’Associazione Libera, presente anche con uno stand con i prodotti delle cooperative sociali che gestiscono beni confiscati alla mafia.

Sono presidente della Fondazione da due anni e ho voluto ribadire come punto programmatico della mia gestione che la Fondazione Trame non deve vivere in solitudine, ma in relazione positiva con gli altri. La lotta contro le mafie, che parte da un basilare lavoro di prevenzione culturale, si fa insieme: la strategia vincente deve vedere uniti, in maniera trasparente, tutti coloro che sono impegnati verso il comune obiettivo.

Quest’anno lo abbiamo fatto ancora di più anche con la rete associativa cittadina della comunità lametina: già dalla scorsa edizione abbiamo aggiunto una giornata, da 5 a 6 proprio per avere uno spazio di attenzione sul movimento delle associazioni di Lamezia, occupandoci di temi contigui. Dall’altro abbiamo saldato il legame con le realtà che a livello nazionale si occupano dei temi condivisi, sia accogliendoli, sia rilanciando le loro attività e costruendo future collaborazioni.

Questo ha portato anche il risultato evidente di un importante riscontro nei social, grazie al passaparola che ha significato la condivisione nei vari profili dei post e dei video degli eventi. Realmente e virtualmente abbiamo raggiunto un pubblico a livello nazionale, ma anche in altri paesi, ne sono una testimonianza le visualizzazioni dei video youtube che continuano a crescere. In questo modo il Festival non si esaurisce nei sei giorni, ma può proseguire fino alla prossima edizione.

* presidente della Fondazione Trame

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