Alle radici culturali della ‘ndrangheta. Francesco Nicolino racconta il suo romanzo “MaleDetti” su #Contagiamocidicultura

In questa nuova puntata di #Contagiamocidicultura faremo un balzo all’indietro, nell’Aspromonte degli anni Cinquanta, attraversato dalle rivendicazioni sociali dei contadini in lotta contro i latifondi, in cerca di un riscatto sociale e di un affrancamento dall’antica miseria di quelle terre.

Ma sono anche gli anni del dopoguerra e della ricostruzione, quando un fiume di soldi inonda in Sud Italia, e la Calabria. In questo contesto i capi dell’onorata società – come viene chiamata la ‘ndrangheta – traghettano l’organizzazione criminale verso una modernità fino ad allora sconosciuta, mettendosi a capo di fatto della gestione delle opere pubbliche.

È questa la premessa del viaggio che faremo insieme a Francesco Nicolino, scrittore e insegnante di Storia e Filosofia in un liceo bolognese, autore di “MaleDetti” un romanzo storico sulle radici culturali della ‘ndrangheta. Del volume esistono due diverse edizioni. La prima, del 2019 con Carabba Edizioni; e la seconda del marzo 2024 con la bolognese InRiga, con il titolo di “MaleDetti – Il romanzo di ‘ndrangheta per la scuola”.

«Questa nuova edizione – spiega l’autore – è destinata alla lettura nelle scuole medie inferiori e superiori ed è corredata da un’apparato didattico che tratta le tematiche generali che emergono da questo romanzo». Al suo interno la prefazione del magistrato Antonio Sabella e un’intervista allo storico della ‘ndrangheta Enzo Ciconte.

“Attraverso una prosa asciutta e un taglio neorealista il romanzo di Francesco Nicolino ci porta all’interno delle dinamiche del mondo ‘ndranghetista dall’immediato dopoguerra fino ad oggi“, si legge sulla quarta di copertina. È in quel periodo che l’onorata società si trasforma in un’organizzazione criminale in grado di interpretare il cambio di passo della storia del nostro Paese. Saranno i vertici della moderna ‘ndrangheta in molti casi a gestire in modo più o meno diretto la realizzazione delle grandi opere pubbliche e a condizionare la struttura democratica delle istituzioni locali.

“Le vicende narrate hanno radici negli anni dell’Unità d’Italia, “il grande imbroglio” dal quale sono scaturiti il brigantaggio e la riaffermazione della classe latifondista, che si ricicla nelle nuove forme di potere del sistema democratico e repubblicano del Paese”, si legge ancora.

Protagonista del romanzo è Nina, la moglie di Michele, esponente di un clan ‘ndranghetista. La donna è a conoscenza degli affari criminali del marito e della ‘ndrina di Pianosangro. Nina col tempo matura un senso di disagio e rimorso, provando a ribellarsi a quel sistema. Da lei parte un processo di disarticolazione di un’intera “famiglia” criminale. Ma tradire la fiducia degli uomini di ‘ndrangheta, significa anche andare incontro a un inesorabile isolamento. “Il suo nome diviene sinonimo di scandalo e disonore agli occhi di un mondo che non riesce e che, forse, non vuole cambiare”.

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