La sicurezza delle città tra diritti e amministrazione. L’intervista al Prof. Vincenzo Antonelli

Vincenzo Antonelli, docente di Diritto amministrativo presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e vicedirettore del Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche “Vittorio Bachelet” della LUISS, è autore del libro “La sicurezza delle città tra diritti ed amministrazione”, edito da CEDAM, Wolters Kluwer Italia.

Il professore Antonelli ha condotto ricerche ed ha pubblicato numerosi saggi in materia di autonomie territoriali, sicurezza urbana, Unione Europea, sanità, ambiente, cittadinanza, democrazia partecipativa e anticorruzione.

Avviso Pubblico lo ha intervistato per approfondire i contenuti del suo ultimo libro, con una particolare attenzione per il tema della sicurezza urbana in Italia.

Professore, il tema della sicurezza è stato al centro dell’ultima campagna elettorale. Secondo lei è stato trattato in maniera corretta?

Il tema della sicurezza polarizza da tempo il dibattito politico così come le competizioni elettorali, sia a livello locale che nazionale, perché fa leva sull’emotività delle persone, sulle paure, sulla diffidenza verso il diverso. Nel corso dell’ultima campagna elettorale la sicurezza è stata utilizzata come chiave di lettura per affrontare i vari problemi che attraversano le comunità locali. La scarsa qualità dei servizi pubblici, la mancanza di lavoro, la crisi del welfare, l’accoglienza agli immigrati: tutto è stato ricondotto al problema della sicurezza. Ad esempio, in relazione al fenomeno delle migrazioni, il confronto politico ha perso di vista il lato sociale ed economico, concentrandosi esclusivamente sugli aspetti legati alla diffusione del terrorismo internazionale e sul presunto aumento di delinquenza comune. Un fenomeno sociale così complesso è stato analizzato da un’unica angolazione.

Sicurezza urbana e sicurezza integrata: può spiegare come si declinano questi concetti?

Il decreto legge n.14 del 2017, conosciuto come decreto Minniti, aiuta a comprenderli. Per la prima volta è stata fissata sul piano legislativo tanto la nozione di sicurezza urbana che quella di sicurezza integrata, portando a compimento un percorso che ha avuto inizio a livello regionale sul finire degli anni Novanta.

La sicurezza integrata è “la sicurezza per il benessere delle comunità territoriali”, perseguita in maniera sinergica da tutti gli attori istituzionali e dai vari livelli amministrativi. In questo modo viene data attuazione al terzo comma dell’articolo 118 della Costituzione come modificato dalla riforma del 2001, che aveva prefigurato un coordinamento tra Stato e Regioni in materia di sicurezza pubblica. Una seconda importante novità contenuta nel decreto legge è rappresentata dalla definizione di sicurezza urbana, in precedenza introdotta con il decreto ministeriale dell’agosto 2008, che definiva gli ambiti di intervento del potere di ordinanza dei sindaci.

Il decreto Minniti riprende quella nozione e la amplia, sottolineando quegli aspetti che vanno oltre il tradizionale recinto dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica, affermando espressamente che la sicurezza urbana riguarda “il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro della città”. Mette al centro della definizione la qualità della vita delle nostre città e gli interventi che contribuiscono a migliorarla: la riqualificazione urbanistica delle aree degradate, l’inclusione sociale, il superamento delle marginalità sociali, la promozione della cultura della legalità, la prevenzione della criminalità di tipo predatorio.

Quali riflessi ha avuto il decreto Minniti sulle amministrazioni locali?

Da un lato conferma il potere di ordinanza dei sindaci quali ufficiali di governo, e dunque in rapporto gerarchico con il Ministro dell’Interno, in materia di sicurezza urbana, finalizzandoli alla prevenzione di alcuni reati, quali il traffico di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l’accattonaggio l’abusivismo e l’abuso di alcool e di sostanze stupefacenti. Dall’altro vi è una novità importante, perché i Sindaci – quali rappresentanti delle comunità locali – si vedono riconosciuti un ulteriore potere di ordinanza per fronteggiare quei fenomeni che si traducono in situazioni di grave incuria, di degrado del territorio, di pregiudizio della vivibilità nelle città.

I reati comuni sono in calo da anni, ma la sicurezza percepita dai cittadini non risente di questa evidenza. Perché secondo lei?

Sì, tutte le rilevazioni segnalano una decrescita dei reati che destano allarme sociale. Ma si registra al contempo un aumento del senso di insicurezza. Esistono diversi fattori che alimentano il divario tra la reale e concreta possibilità di commissione di crimini e la sicurezza percepita dai cittadini. Non solo l’incessante comunicazione di notizie relative a fatti criminali, ma anche il diffondersi di atteggiamenti di inciviltà nelle nostre città.

Basti pensare a quanto può influire sulla percezione di insicurezza il fenomeno del degrado urbano. È la famosa teoria dei “vetri rotti”, secondo la quale gli aspetti degradati di un ambiente, come appunto i vetri rotti di un’abitazione, generano sensazioni di vulnerabilità. La mancanza di cura degli spazi urbani, come ad esempio una scarsa illuminazione di vie e piazze, accresce il sentimento di insicurezza.

Ci sono responsabilità della politica, del mondo dell’informazione o di entrambi?

Entrambe svolgono un ruolo importante nel formare l’opinione pubblica, e di conseguenza nell’orientare il dibattito attorno al tema della sicurezza. Una narrazione scorretta della realtà tanto da parte della politica quanto del mondo dell’informazione concorre ad amplificare certi toni allarmistici, esasperando i timori e le angosce delle persone

Come possono collaborare cittadini e amministrazione in tema di sicurezza?

Il legislatore ha cercato già in passato di coinvolgere i cittadini nelle politiche di sicurezza urbana. Nel 2009 venne riconosciuta ai sindaci la possibilità di coinvolgere associazioni di osservatori volontari, le cosiddette “ronde”, nel tentativo di regolare un fenomeno presente in alcune realtà locali. Si tratta tuttavia di un’esperienza che non ha avuto un rilevante seguito. In prospettiva si va verso la cosiddetta “sicurezza comunitaria”, ovvero quell’insieme di interventi che coinvolgono gli abitanti di determinate aree urbane, a partire dal controllo di vicinato. Un’altra forma di contributo dei privati alla sicurezza delle comunità locali è rappresentato dal loro impegno nella cura dei cosiddetti “beni comuni” e nel contrastare l’incuria e il degrado urbano dei luoghi in cui vivono.

Infine sempre più diffuso è il coinvolgimento dei cittadini da parte delle amministrazioni locali attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie: molti Comuni si sono già attrezzati con applicazioni che permettono ai cittadini di inviare segnalazioni alle forze di polizia. Ma a fronte del crescente concorso dei privati va evitato il rischio di alimentare un “grande fratello”, sfuggendo alla cultura del sospetto diffuso.

Quali sono le prospettive per il ruolo degli Enti locali nel garantire la sicurezza delle città?

È un futuro in chiaroscuro. Se da una parte verosimilmente proseguirà il ricorso da parte dei sindaci alle ordinanze, dall’altra è auspicabile un ritorno agli strumenti ordinari per garantire la sicurezza urbana. La vera sfida è l’adozione di appositi regolamenti, in grado di fornire una visione complessiva di tutti quelli che sono gli strumenti a disposizione dei Comuni per fornire risposte alle domande di sicurezza delle comunità locali. Pianificazione e programmazione sono alla base di un nuovo approccio ai problemi della sicurezza delle città.

I Comuni inoltre sono chiamati a svolgere un ruolo fondamentale nell’ambito della prevenzione sociale. In questo senso bisogna intervenire sull’emarginazione e il disagio sociale, penso ad esempio al tema dell’abbandono scolastico. L’insicurezza si combatte fornendo qualificati servizi pubblici, in grado di migliorare la qualità della vita dei cittadini. La sicurezza si persegue garantendo una maggiore cittadinanza sociale e amministrativa.

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