Premessa. La Commissione di inchiesta del Senato sulle intimidazioni agli amministratori locali ha approvato nella seduta del 26 febbraio 2015 la relazione conclusiva, che dà conto puntualmente dell’attività di approfondimento compiuta nel corso di un anno di lavoro, attraverso l’analisi della documentazione esistente in materia (relazioni delle Commissioni antimafia, della Direzione Nazionale Antimafia, della Direzione Investigativa Antimafia e del Governo sulla politica dell’informazione per la sicurezza, i decreti di scioglimento dei consigli comunali e le sentenze dei ricorsi di fronte alla giustizia amministrativa), dei questionari predisposti dalle 106 prefetture, su richiesta della Commissione, degli atti di indagini giudiziarie su gravi fenomeni di intimidazione e delle proposte emerse nel corso delle numerose audizioni di amministratori locali, magistrati, rappresentanti di associazioni etc, svoltesi sia presso la sede del Senato che con appositi sopralluoghi in diverse aree del Paese. Qui di seguito è riportata una sintesi del documento (Doc XXII –bis n. 1).

Il quadro generale. La relazione fornisce un quadro molto dettagliato del fenomeno delle intimidazioni, della pluralità di motivazioni che ne sono alla base e delle diverse modalità attraverso le quali si manifesta, fenomeno per tanti anni forse sottovalutato, nonostante l’elevatissimo numero di casi che emerge dall’analisi degli ultimi quarant’anni.

Particolare attenzione, come è naturale, è data al tema degli omicidi degli amministratori locali, sul quale la Commissione ha effettuato un attenta ricostruzione allegata alla relazione: dal 1974 ad oggi sono stati consumati 132 omicidi, cui se ne aggiungono altri 11 che possono essere ricompresi in questo tragico elenco. Se è vero che il periodo peggiore è lontano nel tempo (negli anni ’80 si sono registrati ben 61 morti, in particolare in Sicilia, Campania e Calabria), ancora nel 2013 si consumano gli omicidi di Laura Prati, sindaca Cardano al Campo (Varese) e di Alberto Musy, consigliere comunale di Torino. Si tratta di amministratori locali uccisi prevalentemente dalla mafie, dalla criminalità comune, dal terrorismo oppure da loro concittadini che vedevano negli amministratori locali un ostacolo da abbattere.

La relazione fornisce una serie di tabelle e grafici sulla consistenza del complesso fenomeno delle intimidazioni nel 2013 e nel primo quadrimestre del 2014, pari complessivamente a 1.265 casi (870 nel 2013 e 395 nel 1° quadrimestre 2014, con un trend di crescita purtroppo significativo). Le Regioni più colpite sono la Sicilia, la Puglia, la Calabria, la Sardegna e la Liguria, mentre ci sono altre regioni (Valle d’Aosta, Molise, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia) dove il fenomeno appare quasi inesistente. L’analisi tiene in considerazione le diverse forme di intimidazione ad amministratori e dipendenti locali: da quelle più gravi (incendi di auto o beni privati, utilizzo di armi da fuoco o ordigni esplosivi, aggressioni fisiche) fino ai casi più lievi (lettere e telefonate minatorie, minacce etc): anche  questi ultimi però non devono essere assolutamente sottovalutati perché evidenziano il clima di paura e di incertezza sia tra gli amministratori che nei cittadini.

I dati sopra evidenziati assumono ancora più significato se si tiene conto del fatto che moltissimi episodi non vengono denunciati per paura di possibili ritorsioni ed è spesso difficile per magistratura e forze di polizia effettuare le indagini in ragione proprio della scarsa collaborazione da parte dei diretti interessati.

La Commissione sottolinea le conseguenze che tale clima ha sulla vita delle amministrazioni locali, se si considera che una quota rilevante delle dimissioni dalla carica è dovuta proprio alle intimidazioni subite, anche se tale ragione è spesso mascherata da altre motivazioni di facciata, come illustrato da una serie di casi emblematici: almeno 70 sono i casi emersi di dimissioni (individuali o collettive) di amministratori locali negli ultimi quarant’anni conseguenti ad atti intimidatori. E ben 92 decreti di scioglimento di consigli comunali (quasi un caso su tre) hanno tra le loro motivazioni episodi espliciti di intimidazione o di omicidi di amministratori: la Campania (32 per cento del totale), la Sicilia e la Calabria sono le regioni dove più frequente è il rapporto tra scioglimenti e intimidazioni.

Le proposte di intervento. La Commissione sottolinea la necessità di sostenere gli amministratori onesti e difendere così le istituzioni rappresentative anche per contrastare una criminalità organizzata che tende sempre più ad estendere le loro attività illecite ed a influenzare le scelte dell’Amministrazione. In via generale, risulta importante, da un lato, garantire una maggiore presenza, anche fisica, delle istituzioni nazionali a fianco degli amministratori locali e l’adozione di programmi di prevenzione e di controllo del territorio da parte delle forze di polizia (anche attraverso la messa in funzione di sistemi di videosorveglianza degli edifici municipali), i cui organici purtroppo non sono adeguati alle esigenze; ed infine, lo sviluppo di programmi di formazione, in particolare per coloro che assumono per la prima volta incarichi elettivi.

La relazione della Commissione illustra una serie di interventi,  di natura organizzativa e normativa, che potrebbero contribuire a ridurre i rischi da parte degli amministratori locali, che attualmente sono particolarmente esposti (soprattutto in seguito all’elezione diretta dei sindaci del 1993), in ragione dell’estrema difficoltà di far fronte alle richieste dei cittadini, ancor più in una situazione di notevole riduzione delle risorse finanziarie e con strumenti inadeguati a loro disposizione.

Viene innanzitutto sollecitata l’istituzione di una banca dati nazionale per la rilevazione degli episodi intimidatori ed il loro censimento, alimentata e condivisa dai diversi soggetti impegnati nella repressione di tali reati. E oggetto di accertamento dovrebbero essere anche le dimissioni (individuali o collettive) di amministratori comunali, specie quando esse danno origine allo scioglimento di un consiglio comunale.

In secondo luogo appare importante realizzare un maggior coordinamento tra amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, la magistratura e gli enti territoriali e la stipula di appositi protocolli, che permettano all’amministratore locale di avvalersi dell’apporto di altre competenze in un quadro di assoluta trasparenza, così da contrastare l’opinione (purtroppo spesso originata dai fenomeni di corruzione) di una gestione discrezionale da parte dell’amministratore locale e ricostituire un clima di fiducia nelle istituzioni rappresentative: le rilevanti responsabilità che finiscono per ricadere in ultima istanza sul sindaco (ad esempio nella gestione del territorio, nelle gare di appalto, nella concessione delle licenze e dei sussidi, nel ciclo dei rifiuti o nella gestione dei beni confiscati) rendono necessaria una semplificazione della normativa (spesso confusa, anche perché sottoposta a continua “manutenzione”) al fine di chiarire, anche di fronte all’opinione pubblica, quali siano le competenze dei rappresentanti politici e quelle dell’apparato amministrativo e rendere più snelle le procedure (un tipico esempio è quello delle demolizioni conseguenti ad abusi edilizi). In materia di appalti, occorrerebbe attribuire le responsabilità gestionali amministrative ad altri livelli istituzionali, soprattutto per sgravare i comuni più piccoli, in difficoltà bei confronti di poteri molto forti.

Da migliorare anche il sistema dei controlli preventivi sugli enti locali e l’istituto dell’accesso, prodromico allo scioglimento dei consigli comunali, prevedendo in particolare un potere di diffida per facilitare il superamento delle anomalie riscontrate in questa fase, e che non giustifichino lo scioglimento dell’ente.

Un capitolo a parte riguarda le modifiche della normativa penale per garantire una tutela proporzionata al delicato ruolo che ricopre l’amministratore locale e, al tempo stesso, favorire le indagini da parte della magistratura. Le fattispecie previste dal codice penale (lesioni personali, ingiuria, diffamazione, danneggiamento etc) fanno riferimento all’incolumità individuale del singolo o al suo patrimonio, mentre appare indispensabile introdurre un nuovo reato, l’“attentato contro i pubblici amministratori”, a tutela del buon andamento dell’amministrazione: l’art. 388 del codice penale (Violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario) potrebbe essere modificato rendendolo applicabile anche alle intimidazioni nei confronti di un amministratore locale e a quelle volte a ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l’adozione di un qualsiasi provvedimento ovvero determinate dall’adozione dello stesso. Ciò permetterebbe di applicare anche le aggravanti previste dall’ art. 339 del codice penale nonchè il ricorso alle misure cautelari, oltre che ampliare gli strumenti di indagine (intercettazioni e altri strumenti di ricerca della prova).

Una tutela specifica  potrebbe essere prevista anche per gli aspiranti amministratori locali attraverso una specifica modifica del Testo unico sulle elezione degli organi comunali.

Dibattito in Assemblea. L’Assemblea del Senato ha discusso la relazione della Commissione il 20 maggio 2015, approvando la risoluzione, riportata in allegato.

La proposta di legge. Sempre il 20 maggio 2015 è stata presentata anche la proposta di legge, prima firmataria l’On.le Lo Moro, che recepisce le indicazioni della Commissione (AS 1932). La Commissione Giustizia del Senato ne ha iniziato l’esame il 3 marzo 2016 (leggi questa scheda).


Allegato: risoluzione 6-00108 approvata dal Senato il 20 maggio 2015

Il Senato,

in sede di esame della relazione conclusiva dei lavori della Commissione di inchiesta sul fenomeno degli amministratori locali (Doc. XXII-bis n. 1);

premesso che l’attività di inchiesta, attraverso l’acquisizione di documenti e lo svolgimento di audizioni sia in sede che sul territorio ha posto in luce la reale portata, sia in termini quantitativi che qualitativi, delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali, evidenziando la drammaticità di un fenomeno sinora sottovalutato, aggravato da un preoccupante numero di omicidi, spesso rimasti relegati nella cronaca locale, e da una “cifra oscura” di dimissioni di amministratori vittime soccombenti di fronte ad azioni intimidatorie;

tenuto conto che, secondo le informazioni acquisite, il fenomeno intimidatorio è riconducibile solo in parte alla criminalità organizzata;

premesso che sulla base del complessivo quadro conoscitivo la Commissione ha proceduto alla individuazione di specifici ambiti, ai quali frequentemente si ricollegano azioni intimidatorie nei confronti degli amministratori locali e che non tutti i moventi individuati presentano la stessa portata e incidenza territoriale, in ragione non solo dei diversi contesti socio-economici, ma anche delle caratteristiche geografiche delle singole regioni;

considerata l’inadeguatezza della disciplina penale vigente, la quale non contempla fattispecie penali ad hoc che sanzionino le intimidazioni nei confronti degli amministratori locali, ma si limita a sussumere tali condotte in reati posti a tutela di beni individuali, senza valorizzare la reale portata plurioffensiva di tali atti;

ritenuto che, sulla base di tale giudizio, sembrerebbero necessari interventi correttivi della legislazione penale sostanziale e processuale, basati sul presupposto che le intimidazioni che colpiscono gli amministratori locali non recano un’offesa unicamente alla persona fisica o al suo patrimonio, ma anche un vulnus alla vita democratica della comunità, rappresentata dall’amministrazione;

valutate altresì positivamente:

le soluzioni di carattere organizzativo, legislativo e amministrativo, prospettate con riguardo ai singoli settori individuati come possibili moventi al fine di realizzare una più adeguata prevenzione e un più efficace contrasto delle intimidazioni, così da garantire il migliore e libero esercizio delle funzioni attribuite agli enti e agli amministratori locali;

una revisione e un rafforzamento del sistema dei controlli preventivi sull’attività amministrativa e, con riguardo al controllo statale sugli enti locali e all’istituto dell’accesso, prodromico allo scioglimento dei consigli comunali, una revisione dell’articolo 143 TUEL che introduca un potere di diffida, inteso come “strumento intermedio” finalizzato a sostenere l’azione dell’amministrazione comunale;

una revisione della normativa, spesso poco chiara e contraddittoria, in materia di demolizioni di manufatti abusivi che miri a garantire una più chiara ridefinizione delle competenze tra i soggetti che, a vario titolo, intervengono nelle procedure di demolizione e al rafforzamento dei poteri di controllo del territorio e di prevenzione del fenomeno dell’abusivismo da parte delle amministrazioni comunali;

la previsione di una disciplina organica in materia di gioco d’azzardo che, oltre alla implementazione delle misure per il contrasto delle ludopatie, attraverso forme di assistenza anche sanitaria delle persone affette, preveda pure meccanismi premiali per gli esercizi commerciali che rinunciano all’installazione di slot machines;

la revisione della normativa vigente in materia di trattamenti sanitari obbligatori al fine di sottrarre tale competenza ai sindaci, i quali per decisioni sostanzialmente vincolate finiscono per essere, molte volte, individuati dai sottoposti al trattamento come diretti responsabili,

approva la relazione conclusiva e impegna il Governo a:

istituire una banca dati nazionale per la rilevazione degli episodi intimidatori, così da assicurare un efficace e periodico censimento del fenomeno. Tale banca dati, opportunamente articolata e con adeguati sistemi di protezione, deve quindi prevedere caratteristiche multiutente e permettere di essere condivisa dai vari attori istituzionali e dagli stessi essere alimentata costantemente anche attraverso l’inserimento di tabelle, immagini fotografiche, dati geografici e dati alfanumerici. Per garantirne la consultazione da parte di tutti i livelli istituzionali, oltre che l’affidabilità, se ne auspica la collocazione all’interno del dipartimento del Ministero dell’interno o comunque in un’articolazione statale centrale;

prevedere, al fine di fare emergere i dati reali della cosiddetta cifra oscura delle dimissioni rassegnate a seguito di intimidazioni non denunciate, un sistema di costante monitoraggio delle dimissioni individuali e/o collettive di amministratori comunali, specie quando ne consegue lo scioglimento di un consiglio comunale;

apportare, al fine di garantire una maggiore efficacia nell’azione di repressione e di contrasto, alcuni interventi correttivi sulla banca dati SDI così da consentire alle Forze di polizia di interrogare il sistema anche in relazione alla qualifica soggettiva della vittima di reato, nonché sui registri delle notizie di reato delle procure, attraverso la previsione di apposite modalità di inserimento e di gestione dei dati nel portale;

ovviare, con particolare riguardo alle aree del Paese maggiormente segnate dalla presenza della criminalità organizzata, alle gravi carenze di organico non solo della magistratura (requirente e giudicante), ma anche delle forze dell’ordine, attraverso operazioni di riorganizzazione e nuove assunzioni;

implementare i sistemi di videosorveglianza degli edifici municipali, anche in ragione del potere deterrente di tali strumenti;

potenziare gli strumenti di raccordo e di scambio di informazioni fra le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, la magistratura e gli enti territoriali, favorendo anche una maggiore procedimentalizzazione degli iter amministrativi, la promozione di protocolli operativi interistituzionali e di buone prassi.

ZANDA, Paolo ROMANI, MARTON, SCHIFANI, CENTINAIO, DE PETRIS, LO MORO, GUALDANI, ZUFFADA, TOSATO, URAS.

                                                                                                            (ultimo aggiornamento 4 marzo 2016)