Premessa. La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha approvato il 14 luglio 2016 una Relazione sulla situazione della bonifica del sito di interesse nazionale Bussi sul Tirino. Le audizioni hanno avuto inizio il 21 aprile 2015 per concludersi il 2 marzo 2016. E’ stato svolto un sopralluogo sul sito di Bussi sul Tirino il 28 maggio 2015.

Il SIN di Bussi sul Tirino. E’ stato istituito nel 2008, a fronte di un quadro di elevata contaminazione delle acque sotterranee e dei terreni. La contaminazione deriva delle attività industriali, lungo un periodo di oltre un secolo, del polo chimico. L’inquinamento deriva anche da rifiuti industriali siti in due discariche interne. Una terza discarica, abusiva, è posta in località Tre Monti. Il SIN comprende territori di undici comuni e si trova in una posizione “estremamente critica, dove si concentra circa un terzo di tutte le acque dell’Abruzzo, con scorrimento sia superficiale che sotterraneo, al confine tra il parco nazionale Gran Sasso e il parco nazionale Maiella Morrone”. La Commissione “ha rilevato criticità e ritardi nella gestione commissariale per quanto riguarda le attività di messa in sicurezza e bonifica del sito, a fronte dei quali le amministrazioni locali tuttavia premono per una ipotesi di parziale reindustrializzazione”.

“La criticità del sito di Bussi assume rilievo nazionale nel 2007 – si legge nella Relazione –  a seguito della scoperta da parte del Corpo forestale dello Stato di ingenti quantitativi di rifiuti industriali tombati in un’ampia area adibita a discarica abusiva in prossimità della confluenza dei fiumi Tirino e Pescara. Con l’istituzione del SIN di Bussi sul Tirino la titolarità dei procedimenti di messa in sicurezza e di bonifica passa dalla regione Abruzzo al Ministero dell’ambiente, ai sensi dell’articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006. A questa competenza si sovrappone quella del commissario delegato”. Proprio nei confronti della gestione commissariale, la Relazione solleva alcune critiche: “Più che i documenti scritti forniti alla Commissione, il tenore delle dichiarazioni rese in sede di audizione fornisce l’immagine di una gestione commissariale fortemente autocentrata e poco incline agli articolati rapporti con gli stakeholder di un complesso procedimento di bonifica”.

Lo stato di attuazione delle bonifiche. Al febbraio 2016 la situazione è fotografata dal documento trasmesso alla Commissione dal Ministero dell’ambiente il 2 marzo 2016, con riferimento alle aree di maggior rilievo ambientale, tra cui la discarica Tre Monti e le aree interne ed esterne del Polo chimico di Bussi.

La discarica Tre Monti.  Il commissario delegato ha adottato interventi di messa in sicurezza e di caratterizzazione dell’area, queste ultime effettuate fra novembre 2013 e marzo/aprile 2014. Con nota del 30 settembre 2015 ARTA Abruzzo ha evidenziato che il sistema di MISE messo in atto dal commissario non è funzionale a garantire il confinamento della contaminazione delle acque sotterranee. “Ad oggi – scrive il Ministero –  malgrado i solleciti, non è pervenuta alcuna delle informazioni richieste sui risultati della caratterizzazione, né altre indicazioni sulle iniziative intraprese al fine di contrastare/impedire la diffusione della contaminazione sia sotto il profilo sanitario sia sotto quello ambientale”. Commenta in merito la Commissione: “E’ significativamente negativo il rapporto di scarsa collaborazione, se non di vero e proprio conflitto, tra commissario e ARTA Abruzzo. La mancanza di coordinamento con l’organismo tecnico che istituzionalmente di occupa di protezione ambientale ha fatto sì che il Ministero non si trovi nella condizione di convalidare i risultati eventualmente raggiunti dalla gestione commissariale”.

Polo chimico di Bussi (ex Montedison, ora proprietà Solvay), aree interne.  Il piano di caratterizzazione è stato approvato dagli enti locali prima dell’istituzione del SIN, e la caratterizzazione delle matrici ambientali è stata eseguita in più fasi, a partire dal 2001. I risultati delle indagini di caratterizzazione “hanno evidenziato una contaminazione, dei suoli e della falda, da metalli e idrocarburi. Nell’area a valle dello stabilimento è in esercizio un sistema di messa in sicurezza di emergenza (MISE) della falda, mediante 2 barriere idrauliche ed impianto di trattamento acque di falda (TAF)”.

Aree esterne. Sono localizzate due discariche: discarica 2A per rifiuti urbani e speciali di 12.000 metri quadrati, discarica 2B per rifiuti speciali tossici e nocivi di 8.000 metri quadrati. Intorno alle due discariche sono stati depositati in modo incontrollato ingenti quantitativi di rifiuti. I risultati delle indagini di caratterizzazione hanno evidenziato una contaminazione dei suoli e della falda da metalli e alifatici clorurati. “Il progetto relativo alle aree esterne allo stabilimento Solvay prevede la rimozione del materiale di rifiuto e l’eventuale terreno misto a rifiuti fino a raggiungere valori ammissibili di concentrazioni soglia di contaminazione sui terreni in sito ed il trasporto a discariche autorizzate per lo smaltimento della totalità del materiale scavato”.

Si legge nella Relazione della Commissione: “La parte preponderante degli interventi necessari nella prospettiva di bonifica del sito riguarda l’area dello stabilimento chimico. Anche in questo caso si sono palesati contrasti tra il commissario e il Ministero dell’ambiente, in un contesto nel quale la società Solvay sta comunque procedendo alla realizzazione di interventi senza indicazioni univoche”.

Area industriale dismessa ex Montecatini sita in località Piano d’Orta. Nella zona è stata individuata una discarica di circa 3.5 ettari, in cui il suolo risulta pesantemente contaminato da composti inorganici contenenti arsenico, piombo, mercuri, berillio, rame, vanadio zinco e selenio, “con valori che superano anche di centinaia di volte le CSC previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006”. Scrive in merito il Ministero: “La sovrapposizione di competenze e la presenza pubblica in una logica più di metodo procedurale che di risultato, incoraggiano atteggiamenti talora attendisti delle aziende. L’effetto, come in questo caso, è il trascorrere di ben sette anni tra la prima conferenza di servizi istruttoria e la più recente conferenza di servizi decisoria, senza che in questa parte rilevante del sito si siano svolte attività effettivamente utili”.

Vicende giudiziarie. Il 19 dicembre 2014 la Corte di Assise di Chieti ha pronunciato la sentenza di primo grado nel processo a carico di diciannove imputati per i delitti di avvelenamento di acque (articolo 439 del codice penale) e di disastro innominato (articolo 434, secondo comma, del codice penale) in relazione alle vicende del sito di Bussi sul Tirino. Sono state identificate trentadue sostanze tossiche nelle varie matrici e nell’acqua alla distribuzione. “Uno degli elementi di cui tenere conto è che, come hanno chiarito i ricercatori dell’Istituto superiore di sanità, ‘sull’arco temporale del ciclo produttivo, dal 1960 al 2010, non ci sono stati monitoraggi fino agli anni settanta – se non molto sporadicamente – per alcune sostanze, peraltro con metodi analitici sicuramente limitati nel tempo. È stata accesa una piccola lampadina in certi anni e poi, dal 2004 – ma più compiutamente dal 2006 – sono state ricercate le varie sostanze…. E’ quindi plausibile pensare che la popolazione sia stata esposta agli effetti di sostanze tossiche di origine industriale in un arco temporale molto ampio senza che ve ne sia stata evidenza analitica e neppure epidemiologica”.

La Commissione specifica inoltre che “nel corso dell’audizione dei pubblici ministeri della procura della Repubblica di Pescara è emerso anche il tema di un secondo processo penale legato alle vicende del SIN”.  La sentenza pronunciata ad esito di giudizio abbreviato dal giudice dell’udienza preliminare di Pescara il 22 dicembre 2015, nel cosiddetto processo Bussi-bis per avvelenamento delle acque “ha derubricato il delitto in colposo, con conseguente declaratoria di prescrizione (uno dei cinque imputati è stato assolto perché il fatto non costituisce reato)”.

L’accordo di programma. Altra questione che presenta criticità è l’approvazione di un accordo di programma condiviso dalle varie parti in causa. Dopo la presentazione di numerose bozze, scrive la Commissione, “un avvio conciliazione delle posizioni sembrava essere avvenuto con la conferenza di servizi del 21 marzo 2016 e la proposta dell’accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area Bussi Officine, nell’ambito del SIN di Bussi sul Tirino. La proposta di accordo di programma vede coinvolti il Ministro dell’ambiente, il commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti necessari per il superamento della situazione di emergenza socio-economico ambientale determinatasi nell’asta fluviale del Fiume Aterno, il comune di Bussi sul Tirino e la regione Abruzzo, con l’adesione delle società Solvay e Uniholding-Unichimica”. Tuttavia sino ad oggi, così come comunicato dal Ministero dell’Ambiente con una nota pervenuta alla Commissione il 26 maggio 2016, l’accordo non è stato concluso. In particolare il Ministero dell’ambiente ha sollevato una serie di eccezioni.

Conclusioni della Commissione. Oltre a quanto sopra evidenziato, la Relazione sottolinea altre criticità:

  • “Non risulta che si sia realizzata o si stia realizzando un’indagine epidemiologica volta a verificare l’incidenza delle malattie correlabili all’esposizione della popolazione ai contaminanti provenienti dal sito di Bussi sul Tirino. Inoltre, per l’intero territorio della Val Pescara, non si ha notizia dell’adozione di un planning di controlli urgenti e mirati sulle acque utilizzate per l’irrigazione e sui prodotti alimentari derivanti dagli allevamenti”
  • “La vicenda del SIN di Bussi sul Tirino conferma altresì i limiti delle gestioni straordinarie commissariali e la correttezza della riconduzione delle attività di bonifica alle procedure e alle competenze ordinarie, purché esercitate attivamente”
  • “La sostituzione del commissario con un dirigente del Ministero dell’ambiente, soggetto istituzionalmente incaricato della gestione ordinaria, suscitava serie perplessità: di fatto superate solo a seguito delle dilazioni nel procedimento amministrativo che hanno fatto arrivare al 30 giugno 2016 senza procedere a tale nomina”.
  • “La disorganicità di intervento complessivo nel SIN, che perdura da lunghi anni, rende impossibile valutare quante risorse pubbliche si rendano ancora necessarie per completare le attività di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica del SIN”.

Discussione in Assemblea. Il Senato ha discusso la relazione l’8 novembre 2016  e il 9 novembre 2016, approvando al termine una risoluzione (All.to 1)

All.to 1

Senato – Risoluzione 6-00215 n. 200 del 09 novembre 2016 ARRIGONI, PUPPATO, NUGNES, ORELLANA, AUGELLO, DE PETRIS

Il Senato,

esaminata la relazione sulla situazione della bonifica del SIN di Bussi sul Tirino, approvata all’unanimità dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati nella seduta del 14 luglio 2016;

premesso che:

la Commissione, nella legislatura in corso, ha compiuto la scelta di procedere a singoli approfondimenti in tema di bonifiche che consentano di focalizzare con immediatezza quanto accade in questo campo, evidenziando criticità e rischi di comportamenti illeciti o comunque tali da non consentire o ritardare i processi di bonifica dei siti contaminati, ma anche di evidenziare le opportunità e gli interventi necessari nelle vicende in corso;

il caso del SIN di Bussi sul Tirino evidenzia in maniera peculiare gli effetti del complesso intreccio operativo, amministrativo, normativo in materia di bonifiche;

il SIN comprende territori di undici comuni e si estende dal polo chimico ad aree limitrofe, passando attraverso le Gole di Popoli, lungo la Valle del Pescara, fino alla confluenza del fiume Orte, dove sono presenti impianti industriali dismessi; si trova in una posizione estremamente critica, dove si concentra circa un terzo di tutte le acque dell’Abruzzo, con scorrimento sia superficiale (fiume Pescara e fiume Tirino, suo affluente) che sotterraneo e al confine tra il parco nazionale Gran Sasso e il parco nazionale Maiella Morrone;

la contaminazione delle matrici ambientali deriva dalle attività industriali esercitate per oltre un secolo nel polo chimico, nonché da rifiuti industriali collocati in due discariche interne e, a valle dello stabilimento, in una grande discarica abusiva;

il SIN di Bussi sul Tirino rappresenta un esempio di quello che la Commissione sta evidenziando nelle sue inchieste, cioè di un insediamento in cui nel corso di molti decenni si sono svolte attività industriali «pesanti» nel settore della chimica, venute progressivamente a cessare, lasciando un sito contaminato, e come tale formalmente dichiarato, con conseguente necessità di messa in sicurezza e bonifica che potrebbe preludere al progressivo reinsediamento di nuove attività con produzioni a minore impatto ambientale nella medesima area, caratterizzata da posizionamento strategico ed esistenza di adeguate infrastrutture;

la Commissione ha tuttavia rilevato criticità e ritardi nella gestione commissariale nonostante il sito di Bussi e la sua gestione commissariale, iniziata nel 2007, abbiano fruito, nel corso del tempo, di norme speciali, anche primarie, introdotte al fine di garantire al commissario risorse economiche e la prosecuzione del suo mandato, nonché di norme secondarie e provvedimenti amministrativi aventi la medesima finalità, l’efficacia del modello dì gestione commissariale si è rivelata insufficiente; d’altro canto sono in passato mancate prese di posizione acceleratorie da parte dell’amministrazione centrale dello Stato;

altri fattori critici si sono rivelati la molteplicità dei livelli istituzionali coinvolti, l’interesse non adeguatamente canalizzato degli enti locali, il ruolo della Regione Abruzzo come soggetto esponenzialmente presente e rappresentativo, ma senza competenza tipizzata, il rapporto di scarsa collaborazione tra commissario e altri soggetti; la sovrapposizione di competenze e la presenza pubblica in una logica più di metodo procedurale che di risultato, hanno prodotto atteggiamenti talora attendisti delle aziende insediate nel sito, nonché l’arenarsi di provvedimenti amministrativi nel contenzioso giudiziario;

la situazione si è evoluta in occasione dell’approvazione della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), che all’articolo 1, comma 815, ha previsto la chiusura della decennale gestione commissariale al 30 giugno 2016, anche se la fase post-commissariale ancora non ha sortito effetti visibili;

in effetti, la situazione della contaminazione del sito risulta irrisolta, ed anzi si sovrappongono in maniera singolare attività di messa in sicurezza di bonifica ed anche di caratterizzazione relative a più aree del SIN, denunciando una storica disorganicità di intervento complessivo, con un variegato e lento procedere e una scarsità di risultati effettivi;

preoccupa il potenziale impatto della contaminazione sulle popolazioni, ad oggi non efficacemente esplorato con indagini epidemiologiche la cui attuazione rimane necessaria;

le aspettative di un’affermazione giudiziaria di responsabilità che provocasse riflessi sulla gestione del sito sono andate deluse: il processo per i delitti dì avvelenamento di acque e di disastro innominato, dopo i proscioglimenti in primo grado e una pronuncia della Corte di cassazione è tornato in Corte di assise di appello: anche questa vicenda dimostra che i criteri e i tempi di esame e giudizio in sede penale fanno sì che i processi non possano e non debbano supplire ai doveri di buona amministrazione e alle necessarie scelte politiche di tutela dell’ambiente;

la vicenda del SIN di Bussi sul Tirino conferma i limiti delle gestioni straordinarie e l’utilità della riconduzione delle attività di bonifica alle procedure e alle competenze ordinarie, purché esercitate attivamente;

in questo ambito le conferenze dei servizi non devono essere intese come luogo di sedimentazione dei processi, bensì come modulo risolutivo per il sollecito e fattivo esame congiunto degli interessi coinvolti, tale da produrre un’accelerazione dei tempi del procedimento;

il caso di Bussi sul Tirino è emblematico della necessità, che coinvolge tutti i soggetti istituzionali, dal legislatore, al Governo, agli enti territoriali, ai soggetti comunque investiti di pubbliche funzioni, di garantire ai beni giuridici e agli interessi coinvolti una tutela sistemica, non frazionata e governata;

il rinnovato protagonismo degli enti locali, che prescinde dall’attribuzione formale di competenze, ha fatto sì che di recente siano state proposte dal comune di Bussi sul Tirino e dalla Regione Abruzzo delle ipotesi di accordo di programma per la reindustrializzazione delle aree interne ed esterne allo stabilimento, finalizzate a mettere in moto concretamente le attività necessarie; tuttavia, per dare certezza e tempistiche alla messa in sicurezza, alla bonifica e alla reindustrializzazione, è fondamentale giungere in tempi rapidi alla sottoscrizione di un accordo di programma al momento non ancora concluso, da diversi mesi in discussione, anche in considerazione delle osservazioni critiche formulate dal Ministero dell’ambiente;

si rende altresì necessario valutare correttamente quante risorse pubbliche si rendano ancora necessarie per completare le attività di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica del SIN, valutazione resa problematica dalla pregressa disorganicità di intervento;

si deve in tal senso altresì considerare che l’eredità industriale negativa derivata da vicende che occupano un lungo arco di tempo non può gravare per intero sulla comunità locale e sui suoi enti esponenziali, tanto più quando la dimensione degli stessi, come nel caso di specie, non consente credibili politiche attive in materia, ma solo la rappresentazione delle aspirazioni locali;

il punto di equilibrio tra tutela dell’ambiente e altre esigenze, compete all’esercizio dell’amministrazione attiva, che dovrà recuperare tempo al fine di arrivare alla individuazione rapida delle azioni da compiere per completare la messa in sicurezza e la bonifica definendo – in maniera integrata e non eludibile – oneri, competenze e necessarie azioni, tenendo conto dell’importanza del coinvolgimento dei cittadini e dei loro enti esponenziali;

la presenza efficace ed incisiva del Ministero dell’ambiente non può prescindere dall’impegno di risorse economiche per la bonifica dei siti inquinati; l’esclusione dai saldi contabilizzati ai fini del rispetto dei vincoli di finanza pubblica delle risorse destinate agli enti territoriali per le bonifiche potrà costituire un sostegno concreto;

fa propria la relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e impegna il Governo, per quanto di competenza, ad intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni evidenziate nella relazione, in raccordo e leale collaborazione con i competenti organismi nazionali, le Regioni e gli enti territoriali interessati.

 

(ultimo aggiornamento: 10 novembre 2016)

(a cura di Claudio Forleo, giornalista)