Premessa. La Commissione antimafia ha avviato un ciclo di audizioni per analizzare le tematiche legate al rapporto tra massoneria e organizzazioni criminali mafiose, oggetto di attenzione nelle scorse legislature da parte della medesima Commissione. Il 3 agosto 2016 si è svolta l’audizione del gran maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi. Il 13 ottobre 2016 è stata ascoltata la Procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria (seduta parzialmente segretata); il 23 novembre 2016 e l’11 gennaio 2017 la Procura presso il tribunale di Palermo (sedute anch’esse parzialmente segretate). Nelle sedute del 18 ottobre 2017,  24 gennaio 2017,  25 gennaio 2017  e 31 gennaio 2017 sono stati auditi, in qualità di testimoni, i rappresentanti di alcune logge massoniche, cui sono stati anche richiesti gli elenchi degli iscritti. Il dott. Gratteri, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro, è stato ascoltato nella seduta del 22 febbraio 2017 (seduta parzialmente segretata). Nella seduta del 1° marzo 2017 sono stati ascoltati i professori Isaia Sales e Enzo Ciconte e l’8 marzo 2017 il procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo (seduta segretata). Il 15 febbraio 2017 è stato ascoltato l’Amministratore unico di Riscossione Sicilia S.p.A. (seduta parzialmente segretata con riferimento alla relazione tra massoneria e mafia); successivamente è stato audito il Presidente della Regione Sicilia (seduta del 14 marzo 2017). Qui di seguito sono sintetizzati gli aspetti più rilevanti, sulla base degli stenografici pubblicati.

Le argomentazioni del responsabile del Grande Oriente d’Italia. Stefano Bisi ha rivendicato l’azione svolta dal Grande Oriente d’Italia (attualmente composta da oltre 23.000 fratelli, divisi in 850 logge) nei suoi 200 anni di storia, sia per le iniziative pubbliche a difesa della Costituzione che per quelle di natura sociale, sottolineando le regole rigide su coloro che chiedono di aderire all’organizzazione, i controlli effettuati sul rispetto delle regole interne (soprattutto negli anni della sua presidenza) e negando l’esistenza di logge segrete nell’ambito del Grande Oriente d’Italia ed il coinvolgimento di iscritti alla sua organizzazione.

Le contestazioni della Commissione. Sono stati richiesti puntuali chiarimenti in ordine a quanto emerso da indagini giudiziarie (ad esempio dall’inchiesta “Mammasantissima”), dichiarazioni di collaboratori di giustizia, intercettazioni telefoniche degli stessi esponenti mafiosi (in particolare ’ndranghetisti), dalle quali emergerebbe un rapporto organico tra massoneria e mafie (taluni analisti parlano di “masso-mafia”, per descrivere un’organizzazione alla quale appartengono esponenti sia delle organizzazioni criminali che della massoneria). Si tratterebbe di logge e massoniche segrete, deviate, utilizzate dalle associazioni criminali mafiose per infiltrarsi nell’economia e nelle istituzioni, come confermato anche dalle dichiarazioni al riguardo di alcuni ex iscritti al Gran Oriente. La Commissione chiede di conoscere quali provvedimenti siano stati assunti, a partire dagli anni ‘80, nei confronti di soggetti affiliati delle organizzazioni malavitose – cosa nostra, ’ndrangheta, sacra corona unita – presenti all’interno del Grande Oriente d’Italia e di altre organizzazioni massoniche.

Stefano Bisi afferma di voler collaborare con la Commissione nella lotta alle mafie ma non fornisce riscontri su specifici provvedimenti assunti dall’organizzazione nei confronti di iscritti sospettati di essere in rapporto con gruppi criminali né sulle ragioni che hanno portato allo scioglimento di alcune logge (come quelle di Locri, Brancaleone e Gerace). E solleva forti obiezioni sulla presentazione della lista degli iscritti (richiesta espressamente dalla Commissione, in omaggio ai principi di trasparenza, sulla base dei poteri ad essa attribuiti), invocando a tale riguardo la tutela della privacy, anche per salvaguardare l’incolumità dei membri dell’organizzazione da possibili attentati e ritorsioni.

La Commissione chiede delucidazioni anche sul forte radicamento della massoneria a Castelvetrano, in provincia di Trapani (dove opera la loggia Francisco Ferrer) e sul comportamento di tre assessori massoni del comune, due dei quali iscritti al Gran Oriente, che hanno rilasciato dichiarazioni ambigue in ordine alla volontà di collaborare alla cattura del boss mafioso Matteo Messina Denaro (che è nato proprio a Castelvetrano) e hanno attaccato anche la Commissione antimafia e la sua Presidente.

Le indagini della procura distrettuale di Reggio Calabria. I magistrati evidenziano il fortissimo radicamento attuale dell’’ndrangheta nella provincia di Reggio Calabria, dove anche l’apertura di un bar o lo svolgimento di piccoli lavori di manutenzione degli edifici è soggetta all’autorizzazione da parte delle cosche locali. Le inchieste giudiziarie hanno evidenziato che un controllo del territorio così penetrante non sarebbe possibile in assenza di una “rete segreta”, composta da avvocati, professionisti, amministratori locali, appartenenti alle forze dell’ordine e ai servizi segreti, magistrati, che svolge un’importantissima opera di supporto e appoggio all’’ndrangheta con particolare riferimento agli appalti pubblici: un’associazione segreta in grado di condizionare le scelte delle amministrazioni locali grazie ad una fittissima rete di rapporti. Si tratta di soggetti “invisibili”, che cioè debbono rimanere “coperti” per svolgere il proprio ruolo: ed è per questo che risulta spesso molto difficile, anche ricorrendo ai collaboratori di giustizia, avere notizie su di essi. In parallelo l’ndrangheta ha deciso da molti anni di inserire numerosi rappresentanti della cosca, anch’essi in modo “riservato”, all’interno della massoneria per sfruttarne la capacità di influenza sulle istituzioni e sulla società civile.

Nel corso del dibattito è stata approfondita anche l’esistenza di forme di convergenza tra ‘ndrangheta e mafia, che hanno dato origine in alcuni momenti a strategie comuni (ad esempio con la creazione di movimenti separatisti in Calabria ed in Sicilia): su questo aspetto le indagini sono tuttora in corso.

L’audizione della procura di Palermo. La parte non segretata delle audizioni del 23 novembre 2016 e dell’11 gennaio 2017 è dedicata esclusivamente a fornire elementi di valutazione in ordine alle indagini relative alla latitanza di Matteo Messina Denaro e alla strategia adottata dalla magistratura per rompere il muro di omertà e di complicità che ha finora impedito l’arresto del boss mafioso. I numerosi arresti compiuti, che hanno coinvolto anche molti familiari, il sequestro di un numero elevato di beni, l’intensificazione delle perquisizioni e controlli nei confronti di persone che potevano averlo agevolato in passato, stanno producendo infatti i primi risultati, con l’affievolimento del consenso non solo della famiglia ma anche della borghesia professionale, della politica, dell’imprenditoria, confermato dalle intercettazioni svolte e dalle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia. Recentemente sono state adottate nuove ordinanze di custodia cautelare per associazione mafiosa.

Le testimonianze dei vertici di alcune logge. Nelle sedute del 18 ottobre 2017, 24 gennaio 201725 gennaio 2017 e 31 gennaio 2017 (parzialmente segretate), i rappresentanti di alcune logge massoniche hanno risposto sotto giuramento ai quesiti elaboratori dai membri della Commissione.

Il gran maestro del Grande Oriente d’Italia illustra le ragioni che ostacolano la trasmissione degli elenchi degli iscritti, fornendo altresì informazioni sulle caratteristiche principali delle logge stesse e sulle regole da esse applicate. La Commissione si sofferma in particolare sulla questione delle logge segrete; il dott. Bisi afferma di non essere a conoscenza di logge “coperte” all’interno della sua organizzazione: il fenomeno dei “Fratelli all’orecchio”, conosciuti solo dai Gran maestri dell’epoca, risale a prima del 1982. Forniti anche dati sulla consistenza degli iscritti in Calabria e Sicilia, che appaiono più elevati rispetto a quelli di altre Regioni. Stefano Bisi nega che vi sia un obbligo di verifica se un dipendente pubblico iscritto al GOI ha comunicato o meno alla sua Amministrazione di essere iscritto, come enunciato invece da una sentenza del Consiglio di Stato del 2003. Il dott. Bisi fornisce inoltre alcuni elementi su iscritti alla Gran loggia coinvolti nelle inchieste sui rapporti tra organizzazioni mafiose e massoneria.

Il dott. Fabio Venzi illustra le origini della Gran Loggia Regolare d’Italia, di cui è gran maestro, nata nel      1993 per iniziativa dell’ex gran maestro Di Bernardo e di 300 membri fratelli appartenenti principalmente al Grande Oriente d’Italia, giudicando impossibile contrastare le infiltrazioni nel Grande Oriente d’Italia della malavita. La nuova loggia, dedita soprattutto agli studi su simbologia, storia, filosofia della libera muratoria, si caratterizza per la trasparenza delle adesioni; le liste degli iscritti sono state consegnate, sin dalle origini, al Ministero dell’Interno e alle altre autorità pubbliche presenti sul territorio: questa prassi rappresenta un fortissimo deterrente nei confronti di chi si volesse iscrivere alla loggia per fini diversi da quelli statutari. Il dott. Venzi fornisce informazioni dettagliate sulla consistenza e composizione sociale della Gran Loggia Regolare d’Italia (attualmente ci sono 2.400 iscritti, tra cui militari, dipendenti pubblici, giornalisti, preti, professionisti) e delle cautele adottate per impedire infiltrazioni della criminalità, in particolare in Calabria (si è opposto ad esempio alla istituzione di nuove logge nel versante jonico) e in Sicilia: viene citato in particolare il caso di un iscritto che fu espulso dalla loggia di Reggio Calabria.

Il dott. Massimo Criscuoli Tortora illustra le caratteristiche della Serenissima Gran Loggia d’Italia-Ordine Generale degli Antichi Liberi Accettati Muratori, di cui è gran maestro dal 2006: si tratta di una loggia di limitate dimensioni (attualmente solo 197 iscritti rispetto ai 400 di alcuni anni fa), caratterizzata da un estremo rigore nell’esame delle richieste di adesione. Accanto alla valutazione dei certificati penali, sia generale che dei carichi pendenti e dei certificati antimafia e di non fallimento, viene effettuata una attenta verifica delle qualità morali di chi chiede l’adesione. Vi è da questo punto di vista un forte impegno di evitare qualsiasi compromissione con gruppi criminali, testimoniato anche da alcune iniziative culturali promosse dalla Gran loggia (ad esempio a Locri). Nel corso dell’audizione viene posta particolare attenzione al fenomeno delle logge irregolari, che sono numerosissime, soprattutto nel Centro-sud, ai rapporti esistenti tra le poche logge regolari e alle diverse forme di affiliazione internazionale.

L’avv. Antonio Binni, gran maestro della Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori, fornisce una quadro dettagliato della sua associazione, nata nel 1805 da una scissione dal Grande Oriente d’Italia dovuta all’elevata politicizzazione di quest’ultima e alle sue posizioni critiche nei confronti della Chiesa; attualmente conta oltre 8.000 iscritti (il 40% donne, escluse invece da altre logge massoniche), con logge presenti non solo in tutte le regioni italiane ma anche all’estero (ad esempio Gran Bretagna, Canada, Libano). L’avv. Binni sottolinea l’estremo rigore nella valutazione delle richieste di iscrizione, per le quali viene comunque richiesto il certificato penale e quello dei carichi pendenti: non sono mai state accertati casi di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata.

Il professor Giuliano Di Bernardo, gran maestro del Grande Oriente d’Italia-Palazzo Giustiniani tra il 1990 e il 1993, illustra le vicende relative all’inchiesta promossa dal procuratore di Palmi, Agostino Cordova e della sua decisione di consegnare immediatamente gli elenchi degli affiliati calabresi (per tutti gli altri ci fu un veto dell’organo di governo del Grande Oriente e furono poi sequestrati); proprio gli elementi di prova raccolti da Cordova sulla compromissione della loggia Grande Oriente d’Italia con l’ndrangheta lo hanno indotto a fondare la Gran Loggia Regolare d’Italia. Il professor Di Bernardo fornisce anche elementi sulla loggia presieduta da Gelli.

L’avvocato Amerigo Minnicelli, già maestro venerabile emerito della loggia Luigi Minnicelli n. 972 di Rossano (CS) del Grande Oriente d’Italia-Palazzo Giustiniani, illustra le ragioni che hanno portato alla sua espulsione e gli elementi da lui raccolti in ordine ai rapporti tra ‘ndrangheta e massoneria.

Le relazioni tra organizzazioni mafiose e massoniche. Nell’audizione del 1° marzo 2017, i prof. Sales e Ciconte evidenziano come le organizzazioni mafiose hanno recepito sin dalle origini il modello organizzativo delle sette segrete e delle società carbonare, sia per quanto riguarda l’aspetto solidaristico e di mutualità che per quanto concerne lo sviluppo delle relazioni, la segretezza della loro azione, i diversi gradi di affiliazione ed infine l’uso della violenza: così come le logge massoniche attribuiscono alla violenza un valore ideale, anche quella dei gruppi criminali “non è una violenza delinquenziale, ma è una violenza d’onore, una violenza che segue una strategia, una violenza che segue un ideale”.

Non è un caso che Sicilia e Calabria siano le regioni dove si è sviluppato il maggior numero di logge massoniche. E nel corso del tempo si sono sviluppate forti relazioni tra massoneria e gruppi mafiosi quando vi era un interesse comune: uno dei casi più rilevanti è quello dei rifiuti, che è stato gestito assieme da camorra e massoneria. Il prof. Ciconte si sofferma in particolare sulle commistioni tra ’ndrangheta e le logge deviate, soprattutto a metà degli anni Settanta, quando c’è stato un rapporto molto forte tra ’ndrangheta, cosa nostra e massoneria all’interno della strategia della tensione; tale convergenza di interessi si manifesta anche nella stagione dei grandi appalti pubblici (Autostrada del sole, quinto centro siderurgico, Enel etc). L’analisi degli atti delle inchieste giudiziarie condotte in passato – a partire da quelle del procuratore Cordova – potrebbe fornire utilissimi spunti per approfondire i legami concreti che si sono instaurati nel tempo tra mafie e massoneria.

Tra i temi affrontati nel corso della discussione c’è quello dell’opportunità di definire per via legislativa un’incompatibilità tra la partecipazione ad associazioni massoniche e la funzione di magistrato o di appartenente alle forze dell’ordine o ai corpi militari. Secondo i prof. Sales e Ciconte tale incompatibilità si fonda sul vincolo di segretezza imposto agli aderenti alle logge massoniche, ciò che è in palese contrasto con il vincolo istituzionale di fedeltà richiesto ai servitori dello Stato.

Le liste degli iscritti alle logge. La Commissione ha chiesto formalmente gli elenchi degli iscritti di alcune logge, al fine di verificare – alla luce delle indagini della magistratura – l’esistenza di soggetti legati alle organizzazioni mafiose. Poiché i responsabili delle logge interessate non hanno dato corso tempestivamente a tale richiesta, la Commissione ha deliberato il sequestro di tali elenchi, che saranno assoggettati a regime di segretezza e quindi non divulgati (vedi a tale riguardo le sedute del 7 marzo 2017 e del 15 marzo 2017).

L’evoluzione della ‘ndrangheta. L’audizione del dott. Gratteri, nella parte non segretata, si è concentrata sul processo evolutivo dell’ndrangheta, avvenuto nel 1970 con la costituzione della “santa” ad opera di una nuova generazione di ‘ndranghetisti: lo scopo è quello di far fare un salto di qualità all’organizzazione, permettendole di assumere potere decisionale della gestione della cosa pubblica. Entrare nella massoneria deviata vuol dire stabilire relazioni importanti con quadri della pubblica amministrazione, medici, ingegneri, avvocati, magistrati, altri professionisti: con la “santa” è stata regolamentata la possibilità di avere una doppia affiliazione. Il procuratore di Catanzaro, in merito allo scioglimento di alcune logge massoniche, sottolinea che tale provvedimento si giustifica solo con la gravità degli errori ad esse addebitati dal tribunale interno, perché nei casi meni gravi la massoneria – così come la ‘ndrangheta – prevede pene più lievi, come ad esempio la sospensione.

La riscossione delle imposte in Sicilia. L’Amministratore unico di Riscossione Sicilia, partecipata regionale cui è affidata la riscossione delle imposte, in luogo di Equitalia, illustra – nella parte non segretata della seduta – la drammatica situazione siciliana: nel 2015, a fronte di 5 miliardi e 700 milioni l’anno previsti, gli incassi reali erano pari a 480 milioni (l’8 per cento), con 52 miliardi di imposte prescritte. Anche oggi, nonostante i grossi sforzi sostenuti, la percentuale di riscossioni è solo del 14 per cento. Le ragioni principali vanno ricercate nelle fortissime resistenze opposte a tutti I livelli e nelle prassi seguite: ad esempio in Sicilia l’aggiudicazione degli appalti pubblici avviene in seguito alla presentazione di semplici autocertificazioni sulla “regolarità fiscale”, perlopiù false, senza alcuna verifica successiva. Segnala inoltre l’esistenza di rilevanti problemi organizzativi interni, scarsa collaborazione di altre Amministrazioni, fortissime difficoltà per la notifica delle cartelle. Le categorie merceologiche maggiormente interessate riguardano le imprese dedite all’ortofrutta, al mercato ittico, alle carni, al movimento terra, agli appalti, alle onoranze funebri e alle società petrolifere, a cui si aggiungono anche molti importanti comuni.

Sullo stesso tema ha chiesto di essere ascoltato il Presidente dell’Assemblea siciliana, che ha contestato la ricostruzione dell’Amministratore unico, sottolineando le gravi carenze dell’attività di Riscossione Italia e l’assenza di risultati nel recupero dell’evasione fiscale (non è tra l’altro disponibile il bilancio 2016 e il piano industriale), che hanno indotto l’Assemblea a procedere ad una ricapitalizzazione parziale e a riflettere sull’opportunità di procedere allo scioglimento della società e all’affidamento di tali competenze ad un nuovo organismo nazionale che effettui la riscossione anche per la Sicilia. La discussione in Commissione si è sviluppata soprattutto sulle affermazioni dell’Amministratore unico– che ha presentato anche una denuncia alla procura – in merito ai forti condizionamenti delle organizzazioni mafiose volti ad ostacolare l’attività di riscossione e sulle dure polemiche tra membri dell’Assemblea e l’Amministratore stesso.  Sul punto il Presidente dell’Assemblea sottolinea i profondi cambiamenti rispetto all’epoca in cui le esattorie erano gestite dai fratelli Salvo e che le dichiarazioni dell’Amministratore unico sono oggetto di valutazione da parte della Commissione antimafia dell’Assemblea siciliana, oltre che della procura.

Relazione finale. La Commissione ha avviato nella seduta del 19 dicembre 2017 l’esame della proposta di relazione sulle infiltrazioni di cosa nostra e della ’ndrangheta nella massoneria in Sicilia e Calabria: il documento conclusivo (doc. XXIII, n. 33) è stato approvato nella seduta del 21 dicembre 2017.

(ultimo aggiornamento 21 dicembre 2017)