Premessa

Il 17 giugno 2014 la Commissione ha approvato una proposta di relazione sull’attività del Governo nel semestre italiano di Presidenza UE. Vedi sedute del 12 giugno 2014 e 17 giugno 2014. Sono qui riassunti gli interventi proposti con riferimento sia all’ambito comunitario che a quello extra europeo.


Il contesto di riferimento

La Commissione sottolinea la dimensione transnazionale assunta dal traffico di droga, dalla tratta di esseri umani ed dal riciclaggio di denaro, con la creazione di un’articolata rete di grandi e piccole organizzazioni criminali in tutta Europa sia per lo svolgimento delle attività illecite che per l’attività di investimento dei capitali: molti esponenti mafiosi si sono trasferiti all’estero anche per sfuggire alla giustizia italiana. Per realizzare un’efficace attività di contrasto a tali organizzazioni criminali, che dispongono di ingenti capitali e di risorse umane specializzate è indispensabile una strategia unitaria a livello internazionale fondata sullo scambio e la condivisione delle informazioni, sul coordinamento delle attività investigative e giudiziarie e sull’uniformità della legislazione in materia.


Le iniziative a livello comunitario

La Commissione ritiene indispensabile potenziare l’azione avviata con il Programma di Stoccolma del 2010, al fine di eliminare i possibili varchi di azione per la criminalità organizzata derivanti dalle lacune normative o dai ritardi – anche da parte italiana – nell’attuazione di tutti gli strumenti previsti dall’ordinamento comunitario.

  1. Reato di partecipazione alle organizzazioni criminali. Occorre giungere ad una definizione comune di criminalità organizzata nell’ambito dell’Unione europea, superando le persistenti diversità tra le normative interne, in linea con la risoluzione del Parlamento europeo n. 2011/2309.
  2. Mandato europeo di ricerca delle prove. Si tratta di dare piena attuazione a tale importante strumento investigativo, istituto nel 2008, ma ancora concretamente operativo solo in 5 Stati (e tra questi non figura l’Italia).
  3. Intercettazioni. E’ necessario superare le attuali difficoltà per ottenere l’autorizzazione alle intercettazioni telefoniche ed ambientali negli altri Paesi europei, secondo le indicazioni contenute nella proposta di direttiva sull’ordine europeo di indagine -OEI (artt. 1, 4 e 30).
  4. Sequestro a fini di confisca dei beni proventi del reato. Occorre implementare in tutti gli Stati membri (l’Italia non lo ha ancora fatto) il reciproco riconoscimento alle ordinanze emesse dalle autorità giudiziarie di altri Paesi dell’Unione, previsto dalla normativa del 2003. Deve inoltre essere sollecitata l implementazione della recente direttiva( 2014/42/UE) sul congelamento e la confisca dei beni strumentali dei proventi da reato.
  5. Mutuo riconoscimento dei provvedimenti di confisca. Anche in questo caso è necessario dare attuazione in tutti gli Stati membri a questo importante strumento, previsto dalla normativa vigente sin dal 2006, e volto a facilitare lo scambio di informazioni (attraverso la costituzione di Uffici nazionali per il recupero dei beni), il riconoscimento reciproco dei provvedimenti di confisca e la suddivisione dei beni tra i diversi Paesi. Inoltre va sollecitata una riflessione comune sul rafforzamento del quadro giuridico europeo in materia di confisca in assenza di condanna penale.
  6. Squadre investigative comuni. Due Paesi (Italia e Croazia) non hanno ancora implementato la decisione quadro sulle squadre investigative comuni, con riflessi negativi sul piano della utilizzabilità degli atti compiuti all’estero, tuttora subordinata al regime della rogatoria: il disegno di legge relativo è all’esame del Senato.
  7. Riconoscimento delle decisioni sulle misure alternative alla detenzione. Anche in questo caso numerosi Paesi (tra cui l’Italia) non hanno attuato la decisione quadro del Consiglio europeo del 2009, volta ad assicurare la comparizione in giudizio dell’interessato ed a promuovere durante il procedimento penale il ricorso a misure non detentive per le persone non sono residenti nello Stato membro in cui ha luogo il procedimento.
  8. La sorveglianza sulle misure sospensive e sulle sanzioni sostitutive. Metà dei Paesi europei (inclusa l’Italia) non hanno ancora implementato la decisione del Consiglio del 2008, volta a migliorare l’attività di prevenzione di future condotte delittuose attraverso un’adeguata sorveglianza di chi è stato condannato ed il rispetto dei percorsi di reinserimento nella società.
  9. Conflitti internazionali di giurisdizione. Molti Paesi (tra cui l’Italia) non hanno ancora dato attuazione alla normativa comunitaria (decisione quadro del 2009), volta a risolvere eventuali conflissi di competenza in caso di procedimenti penali paralleli, facilitando anche lo scambio di informazioni.
  10. Pubblico ministero europeo. Tale organismo è previsto dal Trattato europeo per individuare, perseguire gli autori di reati (frode, corruzione e riciclaggio, appropriazione indebita, frode in procedure d’appalto) che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. Il testo della direttiva è ancora in corso di elaborazione.
  11. Responsabilità delle persone giuridiche. Si tratta di uno strumento molto importante per la lotta alla criminalità organizzata (decisione del 2008), purtroppo implementato solo da alcuni Paesi europei (manca ad esempio la Germania) e in modo non uniforme.

Le azioni a livello internazionale

I rapporti che intercorrono tra i gruppi criminali europei e quelli extraeuropei impongono un salto di qualità anche nel coordinamento transnazionale delle attività investigative e giudiziarie e per velocizzare le richieste di assistenza giudiziaria e le estradizioni. Occorre reperire nuove risorse per favorire i gruppi di lavoro che operano a livello internazionale e realizzare accordi bilaterali con i Paesi maggiormente coinvolti, sulla scia dell’accordo con la Colombia (peraltro non ancora sottoscritto). E’ necessario anche intensificare gli sforzi nell’attività di formazione e specializzazione delle forze di polizia e della magistratura nei paesi extracomunitari.


Si segnala che il Senato, nelle sedute del 29 ottobre 2014 (clicca qui e qua), ha discusso questa Relazione congiuntamente ad altre due Relazioni approvate dalla Commissione antimafia (quella sul codice di autoregolamentazione delle candidature e quella sul sistema di protezione dei testimoni di giustizia), approvando una risoluzione sottoscritta da esponenti di tutti i gruppi parlamentari. Anche la Camera, nelle sedute del 17 novembre 2014  e dell’11 dicembre 2014, ha discusso la relazione, approvando una risoluzione (il testo delle risoluzioni sono qui di seguito allegate).


Allegato 1

Testo della risoluzione approvata dal Senato 6-00075 n. 1 (ZANDA, Paolo ROMANI, MOLINARI, GIOVANARDI, CENTINAIO, DE PETRIS, LANIECE, DI BIAGIO, SUSTA).

Il Senato,

esaminata la Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, sul semestre di Presidenza italiana dell’Unione europea e sulla lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed extraeuropea, approvata nella seduta del 17 giugno 2014 (Doc. XXIII, n. 2);

rilevata l’esigenza che la presente risoluzione sia trasmessa al Parlamento europeo, al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea nell’ambito del dialogo politico,

fa propria la Relazione della Commissione sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, sul semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea e sulla lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed extraeuropea, ed impegna il Governo, per quanto di propria competenza, ad intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni e i problemi evidenziati nella citata Relazione.


Allegato 2

Testo della risoluzione approvata dalla Camera  6-00099 (Bindi, Garavini, Fava, Scopelliti, D’Uva, Dadone, Di Lello)

La Camera,

premesso che:

l’azione della criminalità organizzata, sia di stampo mafioso che comune continua a rappresentare una delle minacce più serie per l’Italia e, più in generale, per l’intero continente europeo, incidendo allo stesso tempo sulla sicurezza dei cittadini, sull’economia e sulla politica;

secondo i dati forniti da Europol nella relazione SOCTA (Serious and Organized Crime Threat Assessment) del marzo 2013, nel territorio dell’Unione europea risultano operanti circa 3.600 gruppi criminali per i quali si registra una sempre più marcata tendenza alla cooperazione e all’integrazione tra soggetti di diversa nazionalità, comportando con ciò un aumento di gruppi eterogenei non più definibili unicamente in ragione della nazionalità e dell’etnia degli associati;

nel corso degli anni, la dimensione transnazionale di alcuni fenomeni criminali particolarmente gravi, come il traffico di droga, la tratta di esseri umani ed il riciclaggio di denaro, ha influenzato, in modo decisivo, lo sviluppo esponenziale delle grandi organizzazioni criminali, caratterizzate da una crescente capacità di penetrare il tessuto socio economico e da modelli operativi altamente specializzati e professionali;

risulta peraltro sempre più complesso sviluppare un’efficace attività di contrasto in relazione alle ingenti risorse finanziarie di tali organizzazioni, ai mezzi tecnologicamente avanzati ed alle risorse umane specializzate di cui dispongono, nonché al processo di globalizzazione nell’ambito del quale trovano l’humus ideale per muoversi con estrema disinvoltura e portare a compimento i rispettivi disegni criminali;

l’utilizzo diffuso di raffinate tecnologie per fini illeciti e l’accesso al mercato globale tramite Internet, con l’assiduo ricorso alle conversazioni VOIP in alternativa alle comunicazioni telefoniche tradizionali, rappresentano, inoltre, una vera e propria rivoluzione nei modelli di comunicazione, assicurando celerità al reciproco flusso informativo;

di fronte ad uno scenario così articolato, ove metodologie ed approcci tradizionali d’indagine sono insufficienti ad individuare le vulnerabilità di queste organizzazioni, appare necessario attuare una strategia internazionale di contrasto in direzione di obiettivi condivisi;

la globalizzazione economica, l’evoluzione anche culturale degli appartenenti alla criminalità organizzata, l’accresciuta possibilità di movimento delle persone, l’internazionalizzazione degli investimenti e l’accrescimento delle loro dinamiche attraverso strumenti sempre più evoluti richiedono un cambio di passo nelle attività di contrasto che non può che consistere nella contrapposizione alla criminalità organizzata di una legalità organizzata a livello nazionale e di Unione europea;

i settori sui quali si ritiene necessario puntare l’attenzione sono, in particolare:

quello conoscitivo, atteso che per combattere un fenomeno bisogna, innanzitutto, conoscerlo e studiarlo e che per il raggiungimento di tale obiettivo sono fondamentali l’interscambio e la condivisione delle informazioni realizzabile sia sotto l’aspetto dell’accrescimento della fiducia reciproca tra i vari operatori anche appartenenti a Stati od a istituzioni differenti, sia attraverso idonei strumenti tecnici ed informatici (banche dati);

quello operativo, realizzabile attraverso un reale coordinamento delle attività investigative e giudiziarie, mediante la creazione di punti di contatto sicuri, di protocolli di azione condivisi e di centri decisionali riconosciuti;

quello strettamente normativo, realizzabile attraverso una sempre maggiore condivisione delle regole e una progressiva riduzione dei gap normativi tra i vari Stati, nelle cui maglie possono aprirsi varchi di azione per la criminalità organizzata;

risulta fondamentale l’adozione delle necessarie misure ed iniziative finalizzate a far comprendere agli Stati membri dell’Unione e, segnatamente quelli apparentemente meno permeati dalla presenza di gruppi criminali dei quali scoprono l’esistenza solo in occasione di azioni eclatanti, che la minaccia proveniente dalla azione della criminalità organizzata è di natura transnazionale e non certo esclusivamente presente in alcuni Stati se non, addirittura, in alcune specifiche aree del loro territorio;

il Parlamento europeo, con decisione del 14 marzo 2012, ha deliberato la costituzione di una commissione speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro (CRIM) e che il mandato della predetta commissione è terminato il 30 settembre 2013;

il Parlamento europeo nella sua risoluzione del 23 ottobre 2013 ha fatto proprie le proposte formulate dalla Commissione speciale (CRIM) in merito ad azioni ed iniziative che devono essere poste in essere dalle istituzioni dell’Unione e dai singoli Stati membri per far fronte al fenomeno;

il Parlamento europeo, tra le varie misure indicate nella citata risoluzione, ha chiesto in particolare alle competenti istituzioni dell’Unione di lanciare un «piano d’azione europeo contro la criminalità organizzata e i sistemi criminali» e a tutti gli Stati membri di recepire tempestivamente tutti gli strumenti normativi europei ed internazionali in vigore sulla materia;

nonostante i progressi raggiunti a livello di Unione negli ultimi anni nel contrasto alla criminalità organizzata, è necessario ora imprimere un rinnovato impulso all’azione delle istituzioni dell’Unione in modo da affrontare adeguatamente le difficoltà che ostano ad una ancora più efficace collaborazione dei Stati membri nello specifico settore, così da rafforzare la piattaforma comune di sicurezza e di ordine pubblico senza la quale non è possibile attuare in sicurezza le necessarie politiche di crescita economica dell’Italia e degli altri Stati membri dell’Unione;

uno dei pericoli maggiori nel contrasto alle mafie, come confermato da Europol nel 2013, è costituito dalla potenziale sottovalutazione del fenomeno, della sua complessità, delle straordinarie abilità organizzative dei criminali, della loro capacità di adattarsi ai vari ambiti territoriali e sociali, rinunziando talvolta al «controllo militare» del territorio e scegliendo, invece, una strategia di «sommersione» finalizzata alla realizzazione di immensi profitti rimanendo invisibili;

la realizzazione di tali profitti e l’inserimento di ingenti capitali derivanti dalle attività criminali nel circuito dell’economia legale costituisce impedimento allo sviluppo e ostacolo ad una reale crescita economica del Paese, e in particolare delle regioni di tradizionale insediamento delle organizzazioni criminali;

una strategia efficace di lotta al fenomeno mafioso su scala nazionale e internazionale non può prescindere dalla neutralizzazione dei patrimoni ovunque acquisiti e dislocati e dall’individuazione degli schemi internazionali di riciclaggio, considerato che le organizzazioni criminali di tale tipo operanti nel territorio dell’Unione sono attrezzate nello sfruttare a proprio vantaggio la libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali nell’Unione europea nonché le differenze esistenti nella legislazione e nelle tradizioni giuridiche degli Stati membri; è necessario, pertanto, rendere più efficace la lotta al riciclaggio di capitali cui osta l’assenza nell’Unione di adeguate forme di armonizzazione della fattispecie penale, inclusa la condotta di autoriciclaggio, e la non sufficiente valorizzazione delle potenzialità degli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi (ARO), spesso non dotati di adeguati poteri e risorse per svolgere efficacemente le proprie funzioni;

il nostro Paese è chiamato a rivestire un ruolo di primo piano nel panorama internazionale di contrasto alla criminalità organizzata, perché, se da un lato il Paese è stato, ed è ancora, tragicamente inciso dalla presenza di agguerriti e pericolosissimi gruppi criminali, nazionali e non, dall’altro si pone tra i Paesi che hanno sviluppato avanzate metodologie di prevenzione e contrasto e che dispongono di specifiche normative efficaci ed evolute;

con l’assunzione della Presidenza del semestre europeo, al nostro Paese è offerta una straordinaria occasione per farsi promotore di riforme – parte delle quali sono già in cantiere – sul piano della cooperazione giudiziaria e di polizia a livello internazionale nel settore del contrasto alla criminalità organizzata ed a tutte le altre forme di criminalità diffusa che rappresentano un ostacolo al libero sviluppo delle attività economiche ed umane e, più in generale, mettono a rischio la sicurezza e la libertà delle persone all’interno degli Stati membri dell’Unione;

l’Italia è chiamata a rivestire, in particolare, un ruolo di primo piano nel settore del contrasto alla criminalità organizzata, dove hanno operato ed operano persone di ogni età, sesso, professione e condizione sociale che, talvolta sacrificando o mettendo a rischio la loro vita, ma con professionalità, coraggio e tenacia, combattono ogni giorno contro la criminalità;

spetta alle istituzioni nazionali ed europee non deludere queste aspettative e contribuire con azioni concrete ad approntare quegli strumenti normativi ed organizzativi che consentiranno di raggiungere risultati sempre migliori nella lotta alla criminalità;

considerato che la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, ha formulato proposte sul semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea e sulla lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed extraeuropea. In particolare, sul piano europeo:

1. valorizzare ulteriormente le potenzialità offerte dalla rete europea degli Uffici per il recupero dei beni (Asset Recovery Offices – ARO), cioè delle unità, costituite o identificate negli Stati membri, per lo scambio di informazioni nell’azione di contrasto ai patrimoni illeciti. In particolare gli ARO hanno come compito: la cooperazione tra uffici per l’esecuzione di provvedimenti di congelamento, sequestro o confisca dei proventi di reato, e degli altri beni comunque connessi al reato, promananti dall’autorità giudiziaria nel corso di un procedimento penale o, per quanto possibile nel rispetto del diritto nazionale dello Stato membro interessato, di un procedimento civile; lo scambio di informazioni su richiesta per il reperimento, l’identificazione e la localizzazione dei proventi di reato o degli altri beni a questo connessi; lo scambio di informazioni in modo spontaneo per il reperimento, l’identificazione e la localizzazione dei proventi di reato o degli altri beni a questo connessi; lo scambio delle migliori pratiche sia su richiesta che spontaneamente. Per questo fine gli stessi devono trovare una sempre più efficace collocazione nella normativa e nella prassi del contrasto alle mafie nel contesto europeo;

2. implementare nell’ambito della lotta al narcotraffico a livello internazionale e transcontinentale le attività del Maritime Analysis and Operations Centre – Narcotics (MAOC-N) anche allargandolo agli Stati membri dell’Unione che ancora non ne fanno parte. Si tratta di una piattaforma dinamico-operativa, avente sede a Lisbona, che coinvolge anche gli Stati Uniti e le Nazioni Unite ed in cooperazione con i vicini Paesi dell’Africa occidentale. In sette anni di attività il Centro, soprattutto grazie ad un modello di lavoro innovativo e trasparente, ha coordinato l’interdizione di oltre 80 navi ed il sequestro di oltre 80 tonnellate di cocaina e 50 tonnellate di cannabis;

3. procedere celermente alla costituzione della Procura europea. Si tratta di un ufficio che, sulla base di una proposta legislativa già presentata in ambito europeo, dovrebbe avere una struttura snella composta da un procuratore europeo e quattro vice facenti parte di un ufficio centrale, che si dovrebbe comporre anche di un certo numero di personale investigativo e giudiziario. Lo stesso dovrà collaborare con Eurojusted OLAF (vi sarà anche la partecipazione di tale ufficio alla composizione della procura, con una parte del proprio personale investigativo che dovrebbe comporre la maggior parte dell’ufficio centrale). In ogni Stato membro, poi, dovrebbero operare procuratori europei delegati, procuratori nazionali che continueranno ad essere inquadrati amministrativamente nel sistema nazionale, ma apparterranno funzionalmente alla procura europea quando saranno chiamati a trattare fascicoli rientranti nella competenza della stessa. In tal caso essi dipenderanno gerarchicamente dal procuratore europeo;

4. rendere omogenea a livello europeo la disciplina sulla responsabilità delle persone giuridiche (società, trust, enti, fondazioni, ecc.). Già nella Convenzione delle Nazioni Unite sulla criminalità organizzata transnazionale, firmata a Palermo nel 2000, si impone agli Stati firmatari di introdurre nei propri ordinamenti forme di responsabilità diretta delle persone giuridiche, liberamente qualificabile come penale, civile o amministrativa, nei casi in cui le persone giuridiche «partecipino a reati gravi che coinvolgono un gruppo criminale organizzato» e ove siano commessi i reati di partecipazione ad un gruppo penale organizzato, riciclaggio, corruzione, intralcio alla giustizia; il Consiglio europeo nel 2008 ha adottato una decisione quadro in materia (in questo settore l’Italia ha anticipato tale iniziativa approvando norme ad hoc già nel 2001) ma molti Stati membri dell’Unione non si sono ancora dotati di strumenti normativi in tale settore, rendendo così meno efficaci le indagini e gli eventuali provvedimenti di sequestro e confisca;

5. implementare e sostenere finanziariamente la rete operativa antimafia – @ON (Antimafia Operational Network), un’iniziativa promossa dalla Direzione investigativa antimafia che consentirà di sviluppare, in ambito europeo, lo scambio d’informazioni sulle connotazioni strutturali delle mafie presenti nei rispettivi territori, sulle proiezioni criminali e finanziarie, sulla localizzazione dei patrimoni e sui tentativi d’infiltrazione negli appalti pubblici, anche al fine di agevolare la messa a punto di un piano d’azione comune più rispondente alla minaccia rappresentata dalle organizzazioni criminali transnazionali;

6. stimolare la Commissione europea affinché avvii i passi necessari per l’elaborazione di una proposta legislativa che, superando le criticità emerse dall’applicazione della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio del 24 ottobre 2008, stabilisca una definizione comune di criminalità organizzata, tenendo conto altresì della presenza nel territorio di molti Stati membri di particolari forme di criminalità, come quella mafiosa, particolarmente strutturata ed avente spiccato carattere transnazionale ed imprenditoriale;

7. auspicare la ricostituzione della Commissione speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro (CRIM) in seno al Parlamento europeo. Inoltre, al fine di rafforzare la cooperazione tra i Parlamenti degli Stati membri sulla condivisione di esperienze normative e di inchiesta parlamentare sui fenomeni di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata, si propone di avviare i contatti necessari per mettere in rete le commissioni degli organismi parlamentari degli Stati membri dell’Unione aventi funzioni analoghe alla Commissione antimafia italiana;

8. avviare a soluzione i molti problemi legati alle intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali in ambito europeo attraverso l’approvazione della proposta di direttiva sull’ordine europeo di indagine (OEI) che permetterebbe uno snellimento delle procedure di assistenza giudiziaria ed accrescerebbe le potenzialità investigative in settori come quello del contrasto alla criminalità organizzata nei quali la tempestività di intervento è fondamentale;

9. dare seguito alle due risoluzioni del Parlamento Europeo del 25 ottobre 2011 e del 23 ottobre 2013 che, per dare concreta attuazione a un vero e proprio «piano europeo antimafia», nel solco dell’esperienza italiana prevedevano, oltre alla confisca allargata anche su patrimoni intestati a prestanome, anche la confisca in assenza di condanna penale, completando così il quadro delineato dalla Direttiva Europea 2014/42/UE del 3 aprile 2014, nella quale la confisca è rigidamente collegata alla condanna penale, anche se pronunciata in contumacia. Appare auspicabile l’emanazione di un’ulteriore direttiva che preveda la confisca in assenza di condanna penale e garantisca il pieno riconoscimento della procedura italiana di prevenzione patrimoniale antimafia e degli altri meccanismi di confisca similari ove presenti negli altri Stati membri;

10. prevedere l’adozione a livello europeo di misure armonizzate, o comunque concertate, al fine di evitare la penetrazione o l’infiltrazione della criminalità organizzata nei settori economici a rischio più elevato; in particolare, appare improcrastinabile l’adozione di misure condivise per rafforzare il vigente quadro giuridico dell’Unione nel settore del gioco d’azzardo a distanza, in particolare delle scommesse telematiche, dei video-poker e dei casinò on line, al fine di assicurare che siano previsti i necessari requisiti di onorabilità e di professionalità per tutti gli operatori della filiera del gioco, assicurare lo scambio di informazioni e di intelligence sulle ipotesi di violazione, individuare comportamenti anomali o sospetti, consentire la piena tracciabilità delle operazioni e l’identificazione dei soggetti che partecipano ai giochi a distanza al di sopra di una soglia stabilita;

11. stimolare la Commissione a presentare rapidamente, e comunque prima dell’emanazione della nuova direttiva antiriciclaggio (cd. «quarta direttiva»), una proposta di armonizzazione del diritto penale in materia di riciclaggio, in virtù di quanto previsto dall’articolo 83 del Trattato sulla predisposizione di norme minime comuni sui cd. «euro-crimini», e a fornire in essa una definizione della fattispecie di autoriciclaggio, condivisa dagli Stati membri e tale da non consentire che nell’Unione siano concesse aree di impunità per gli appartenenti alle organizzazioni criminali, ivi comprese quelle mafiose, che concorrano nel reato presupposto e non traggano vantaggio dalle difformità esistenti dalle legislazioni nazionali;

e, inoltre, sul piano nazionale:

12. procedere alla concreta attuazione della normativa sulle squadre investigative comuni, per la quale l’Italia rispetto ad altri Paesi europei si pone in notevole ritardo nel necessario recepimento; tale meccanismo di cooperazione prevede che per la condurre indagini penali che esigono un’azione coordinata e concertata negli Stati membri, due o più Stati membri possono costituire una di tali squadre attraverso la conclusione di un accordo comune che ne definisce le modalità di azione;

13. assumere le iniziative legislative del caso per rendere operativa in Italia la decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003 relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio; la stessa rappresenta un ulteriore strumento fondamentale per il compimento di rapide attività di contrasto alla criminalità all’interno dell’Unione europea. Implementando con gli idonei strumenti normativi tale decisione quadro verrebbe automaticamente impedita ogni operazione volta a distruggere, trasformare, spostare, trasferire o alienare beni che potrebbero essere oggetto di confisca o costituire una prova;

14. promuovere la celere implementazione della direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali dei proventi da reato nell’Unione europea;

15. assumere le iniziative legislative del caso per rendere operativo il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca di cui alla decisione quadro del 2006 sopra menzionata che l’Italia non ha ancora implementato. Con tale strumento verrebbe agevolata l’esecuzione immediata delle decisioni di confisca per i proventi di reato, stabilendo procedure semplificate;

rilevata l’esigenza che la presente risoluzione sia trasmessa al Parlamento europeo, al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea nell’ambito del dialogo politico, fa propria la Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, sul semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea e sulla lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed extraeuropea, ed impegna il Governo, per quanto di propria competenza, ad intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni e i problemi evidenziati nella citata Relazione.

(ultimo aggiornamento 12 dicembre 2014)