Contro l’opacità fiscale: la Cassazione ammette l’utilizzabilità della c.d. Lista Falciani

di Daniela Bauduin – Avvocato e giornalista pubblicista ed Elena Falletti – Ricercatrice in Diritto privato comparato

Il 28 aprile 2015 sono state depositate le ordinanze della Corte di Cassazione in cui si è stabilito che l’Amministrazione finanziaria, nel corso della sua attività di accertamento dell’evasione fiscale, può avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, purché la sua illiceità non discenda dalla violazione di una disposizione di legge o di un diritto del contribuente. Il diritto alla riservatezza dei dati bancari non gode di protezione nei confronti del fisco (Cass., Sesta Sezione Civile Tributaria, ordinanze 28 aprile 2015, n. 8605 e n. 8606).

Le pronunce citate traggono occasione dalla vicenda che ha visto protagonista Hervé Falciani, tecnico informatico presso la filiale di Ginevra della banca britannica HSBC, il quale nel corso della sua attività ha copiato le informazioni dei clienti dell’istituto, in gran parte cittadini di Paesi europei, per offrirle agli Stati di appartenenza. Nonostante l’origine illecita dei dati, dal 2012 Falciani collabora con la magistratura spagnola e con quella statunitense, mentre nel nostro ordinamento la giurisprudenza finora è stata orientata nel senso di negarne l’acquisizione per la provenienza illegittima.

L’Espresso del 19 febbraio ha dedicato alla Lista un importante spazio, grazie al lavoro di controllo e verifica delle fonti svolto dal Consorzio internazionale di giornalismo investigativo (ICIJ) di cui il settimanale, unico membro per l’Italia, fa parte insieme a sessanta testate di quarantasette paesi. Può essere utile riportare alcune informazioni fornite dalla rivista: 106.458 clienti di 211 paesi; 81.454 conti; 7.499 cittadini italiani titolari di conti per un importo totale di 6,5 miliardi di euro; 5.439 nominativi esaminati dalla Guardia di Finanza con 3276 ispezioni; 1264 italiani titolari di conto hanno sfruttato lo scudo fiscale del 2009, riportando in Italia 1.669 miliardi di euro; 190 persone denunciate; 101 evasori scoperti.

Di fronte ad una diffusa evasione fiscale, alle forme di illegalità ad essa connesse, e ai conseguenti costi sociali ed economici, occorre chiedersi quale ruolo debba essere attribuito in ambito fiscale alla riservatezza, ossia il diritto alla non ingerenza di terzi nella propria sfera personale. Nel procedimento amministrativo teso ad accertare violazioni fiscali, l’utilizzazione della Lista Falciani si ritiene non determini la lesione di diritti del contribuente garantiti dalla Costituzione, né per la Suprema Corte è stato violato il diritto fondamentale alla riservatezza. A tale proposito, il Giudice di legittimità ha evidenziato che i valori collegati alla riservatezza sui dati bancari “sono sicuramente recessivi di fronte al dovere inderogabile imposto ad ogni contribuente dall’art. 53 della Costituzione”. La Carta fondamentale, infatti, nello stabilire che “tutti” sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, richiama il dovere inderogabile di solidarietà di cui all’art. 2, collocato in modo significativo tra i principi fondamentali. La Corte di Cassazione afferma che “alla riservatezza cui le banche sono tenute nei confronti delle operazioni dei propri clienti non si può applicare il paradigma di garanzia proprio dei diritti di libertà personale, poiché alla base del segreto bancario (che trae origine da una norma consuetudinaria per garantire la sicurezza dei traffici commerciali) non ci sono valori della persona umana da tutelare”. Pertanto, alle “istituzioni economiche e agli interessi patrimoniali” il paradigma dei diritti di libertà personale non è applicabile, e il diritto alla riservatezza non può giustificare in alcuna maniera l’infedeltà fiscale.

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