Ai comuni il ruolo di prevenire e contrastare l’evasione fiscale

L’indice di evasione fiscale, a mio avviso, è un indicatore di senso della cittadinanza della popolazione di un paese.

Il fatto di pagare le tasse è un atto che il cittadino compie proporzionalmente al proprio guadagno per contribuire al funzionamento della società in cui si vive. Senza le tasse, ad esempio, non ci sarebbe la sanità, un’istruzione per tutti, la pulizia delle strade.

Uno Stato che ha un indice di evasione fiscale alto è uno Stato dove i servizi funzionano male o non ci sono, dove tutto ciò che è cosa comune non è sentita propria dal cittadino e quando si ha bisogno ci si deve arrangiare, perché la corruzione è alta. Si ha una percezione del reato di evasione come qualcosa di non grave che in fondo fanno tutti e chi evade di più è il più furbo e forse un modello da imitare

L’Italia, purtroppo, ha un indice di evasione fiscale insieme alla Grecia tra i più alti a livello europeo: circa il 17% del Pil, pari a 230 miliardi di euro. La distribuzione sul territorio nazionale non è omogenea. La parte del leone la fa l’evasione dell’IVA che è circa di 38 miliardi, e gli evasori totali si trovano nei settori delle costruzioni e del commercio.

In questi ultimi anni si è assistito ad un fenomeno particolare: si è trasformato del denaro pulito in denaro nero. In questo modo, sono stati alleggeriti i bilanci delle società in modo da pagare meno tasse, sono stati creare fondi neri per la corruzione, e ci si è avvalsi di paesi a fiscalità agevolata. I metodi sono molteplici: dalle esterovestizioni alla truffa carosello fino a sfruttare la finanza o il gioco d’azzardo. I paesi più coinvolti in questi fenomeni sono il Lussemburgo e la Svizzera con il 24% di evasori totali trovati per il primo, ed il 13% per il secondo. Cosa che lascia l’amaro in bocca è che il Lussemburgo è un paese della comunità europea che dovrebbe condividere i controlli previsti.

Cosa può fare un Comune per contrastare l’evasione fiscale? In verità può fare molto, poichè è compito dei comuni, secondo la normativa vigente, combattere questo fenomeno, considerando che gli enti locali dispongono di diverse informazioni relative alla vita delle persone. Sapendo analizzare e interpretare i dati, si possono evidenziare dei fenomeni anomali per far emergere l’evasione o le infiltrazioni criminali.

Io penso e sono convinto che chi evade in modo spudorato lo faccia non perché è stupido, ma perché ha la certezza che non esistono i controlli e quindi ha la totale convinzione che non sarà scoperto.

Per questo bisogna introdurre i controlli nei comuni, perché dove si ha la percezione che i controlli ci sono scatta immediatamente l’effetto del rispetto delle regole; si ha la certezza che se si sbaglia qualcuno se ne accorgerà.

Un esempio su tutti. In un comune dove non si faceva alcun controllo sull’ISSE è bastato che si diffondesse la voce che erano stati fatti i controlli delle dichiarazioni, per far crollare le domande e portar la percentuale delle dichiarazioni vere quasi al 100%, mentre prima la percentuale di false dichiarazioni sfiorava il 50%.

Per concludere, i controlli pagano anche in termini di denaro recuperato per il comune. Infatti, secondo quanto previsto dalla legge 248/2005 le somme recuperate dai comuni vengono ad essi messe a disposizione per dare ai cittadini dei servizi. In questo modo si aumenta il senso di legalità. Purtroppo, la sperimentazione introdotta con la legge 138/2011, che prevedeva per gli anni dal 2011 fino al 2014 che la percentuale del 100% del recuperato restasse ai comuni, non è stata rinnovata dal governo ritornando alla percentuale del 50%, proprio quando stava iniziando a dare dei risultati.

Mario Turla
Esperto informatico e antiriciclaggio

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